A Napoli è rivolta: vuole andarsene? Si accomodi di Fulvio Milone

A Napoli è rivolta: vuole andarsene? Si accomodi ^ — t LE DICHJARAZIONfDEL PROCURATORE INFIAMMANO IO SCONTRO A Napoli è rivolta: vuole andarsene? Si accomodi il presidente del Csm: solidarietà ai magistrati vittime di strumentalizzazioni reazioni Fulvio Milone NAPOLI LI INCENDIO scoppia nel primo i pomerìggio, quando negli uffici della procura in questi giorni più tormentata d'Itali a cominciano a circolare le voci sulla bomba fatta esplodere da Cordova durante l'audizione all'Antimafia a Roma. Continuerà a divampare per tutto il pomeriggio, e non riuscirà a domarlo neanche il presidente dell'Associazione Nazionale dei Magistrati, Francesco Patrono. E' venuto a Napoli per portare la solidarietà di tutti i colleghi ai pm titolari dell'inchiesta sulle violenze della polizia, vittime di «strumentalizzazioni politiche inaccettabili». Invece si è trovato tra le mani il cerino acceso da Cordova. Non vorrebbe parlare delle ferite sempre più gravi, del solco profondo che ormai divide il capo della procura da una nutrita schiera dei suoi sostituti. «Sono consapevole di questo vostro disagio - dice -, ma posso dirvi che la questione sarà risolta nella sede appropriata, il Csm. Quale che sia la decisione, su questa situazione che certo sta creando disagio dovrà decidere un organo di rilievo costituzionale». Ma Francesco Menditto, segretario della giunta distrettuale dell'Anm, ammette «che le dichiarazioni del procuratore non portano serenità in un dima già infuocato, e 0 Csm non potrà non tener conto della sua volontà di andar via da Napoli». «Quella è l'unica cosa detta da Cordova che ci sentiamo di condividere: vuole andarsene? Si accomodi», sbotta un pm che della sortita romana del capo della procura offre una chiave di lettura particolare: «Il procuratore forse ha capito che il suo ufficio è diventato ingestibile - spiega -: il Csm non potrà non tener conto del clima che si è creato, e prima o poi dovrà gettare la spugna. Cordova, a questo punto, potrebbe aver deciso di muoversi per primo, accreditando l'immagine del capo costretto ad abbandonare il campo perché i suoi non l'hanno messo in grado di continuare nel suo lavoro». «Della faccenda sì occuperà il Csm», ripete Patrono. Il fatto è che i pm in rivolta ce l'hanno a morte proprio con l'oigano di autogoverno della magistratura, che tarda a decidere se sia o meno il caso che Cordova lasci Napoli per incompatibilità ambientale. E poi, naturalmente, ci sono le dichiarazioni di fuoco fatte in mattinata a Roma: «E' inaudito dicono i sostituti -. Se il procuratore non era d'accordo con l'inchiesta che ha coinvolto i poliziotti, perché non l'ha avocata? Dice che non poteva farlo? Non è affatto così: un procuratore può sempre avocare un'inchiesta di un suo sostituto, a patto che motivi la sua decisione. E forse il problema è proprio questo». Ancora: «Cordova ha consegnato degli atti che riguardano alcuni pm? Siamo abituati alle sue denunce, dormiamo fra due guanciali». Carlo Pucci, vice presidente dell'Anm, rincara la dose: «La sortita di Cordova non è certo un segnale positivo, soprattutto alla vigilia delle decisioni del tribunale del riesame sulla sorte dei poliziotti arrestati». Unpm, Giuseppe Narducci, distri- buisce copie di una lettera alla giunta esecutiva centrale dell'Associazione dei magistrati. L'argomento è lo sciopero della giustizia proclamato per il 6 giugno. Nel documento, 47 fra giudici e magistrati chiedono ai loro rappresentanti che si «abbandoni subito il tavolo di trattativa e si spieghi ai cittadini le ragioni» della protesta. Denunciano «furibondi attacchi provenienti in questi giorni da esponenti del governo e della maggioranza», e aggiungono che «anche a Napoli esponenti dei partiti di governo, mentre era in corso l'esecuzione di misure coercitive (l'arresto dei poliziotti, ndr), hanno aprioristicamente dichiarato che la magistratura sbagUava e manifestavano solidarietà agli arrestati». Nella lettera non c'è menzione ai dissidi che dilaniano la procura: dissidi che, però, sono come benzina buttata sul fuoco che rischia di distruggere l'intero palazzo di giustizia. Ne è convinto Alessandro Pennasilico, ex componente del Csm e uno dei leader di Magistratura Democratica a Napoli: «Gran parte delle responsabilità di questa situazione è del Csm, chiamato da tanto tempo a decidere sul caso Napoli». E' un vero e proprio psicodramma, quello che si consuma nella «piazza coperta» del grattacielo tutto vetri e acciaio che ospita il palazzo di giustizia. E' indignato il sostituto Vittorio Russo, che mantiene a stento la calma quando dice; «SbagUo o era stato proprio Cordova a sollecitare con una circolare i suoi magistrati a non fare dichiarazioni pubbhche che alimentassero le strumentalizzazioni e la tensione già altissima sul!' inchiesta a carico dei poliziotti? E' strano, molto strano che proprio lui abbia disatteso quell'invito che secondo me era sacrosanto». Fra Russo e il suo capo c'è una vecchia ruggine. Era lui il titolare di un'indagine sulla demolizione delle auto sequestrate dalla polizia a Napoli, ma Cordova gliela sottrasse per affidarla a due colleghi che poi fecero arrestare l'ex prefetto Giuseppe Romano. Il pm fece delle dichiarazioni assai dure, e finì sotto inchiesta. E che fine ha fatto Romano? E' stato completamente scagionato dalle accuse. Con voce pacata, Vittorio Russo mena fendenti contro il procuratore: «L'inchiesta sulla polizia è in una fase delicatissima, mancano poche ore alla decisione del tribunale del riesame sull'arresto dei funzionari e degli agenti arrestati: quelle dichiarazioni Gl'Antimafia non sono opportune». «Siamo abituati alle sue denunce, dormiamo tra due guanciali» «Sa che dovrà gettare la spugna e cerca di accreditare l'immagine della vittima»