Urbani: il voto in Francia boccia l'intera classe

Urbani: il voto in Francia boccia l'intera classe Urbani: il voto in Francia boccia l'intera classe «In Italia l'estremismo razzista non ha trovato spazio grazie alla nostra alleanza con la Lega» «La gauche è decapitata, ma anche Chirac al primo turno ha avuto un pessimo risultato» intervista Umberto La Rocca L'UNIONE nazionale contro Le Pen ha funzionato. Ma resta il fatto che gli elettori francesi hanno giudicato un'intera classe dirigente non all'altezza». E' severo il giudizio di Giuliano Urbani, ministro per i Beni culturali. Severo con la sinistra e con il centrodestra, severo con politici che hanno preteso nei mesi scorsi di fare l'analisi del sangue al governo italiano: «Ripeto, sono stati i francesi a dare il loro responso, non un gruppo di professori di un altro paese...». Signor ministro, perché parla di fallimento complessivo della classe politica francese? «Perché tanto la sinistra quanto il centrodestra hanno sbagliato clamorosamente. Le Pen negli ultimi anni è stato ingrassato da due coalizioni che non hanno risposto minimamente ai problemi della gente. Sa perché tanti elettori socialisti e comunisti hanno votato per il Front national?». Perché? «Perché sono disperati, disperati per la criminalità connessa all'immigrazione, disperati per la mancanza di sicurezza e per l'insensibilità dimostrata dai loro partiti a questi problemi. Ed è proprio questa la differenza principale fra la Francia e l'Italia, è questo il motivo per cui da noi non c'è un Le Pen e non c'è un elettorato xenofobo». Però qualche somiglianza tra alcune parole d'ordine della Lega e quelle del Front National c'è. Certi settori dell'elettorato leghista inclinano al razzismo... «Se è per questo, all'estero qualcuno ha ravvisato il Le Pen italiano in Bossi, in Rauti, addirittura in Berlusconi, ma sono errori sesquipedali. In Italia non c'è spazio per fenomeni di quel genere, perché c'è un centrodestra che affronta efficacemente i grandi problemi che angustiano gli elettori». Il presidente Berlusconi ha sostenuto che coinvolgendo Bossi nella Casa delle libertà, evitando di isolarlo, si sono frenate certe spìnte estremiste... «Io direi che la mossa vincente è stata l'alleanza programmatica con la Lega. E' stata cioè la capacità di stilare un programma di governo che desse risposte convincenti anche alle ansie dell'elettorato nordista». In Italia, ima parte dei Ds e Bertinotti ritengono che Jo¬ spin abbia perso non solo per le divisioni dello schieramento progressista, ma anche perché la sua politica non è stata abbastanza orientata a sinistra. «Non sono d'accordo. Jospin ha perso voti in tutte le direzioni, verso il centrodestra, verso ■ Le Pen, verso l'astensione, verso l'estrema sinistra. In generale, in un sistema bipolare, l'obiettivo dovrebbe essere conquistare i voti moderati che sono decisivi per vincere. Nel caso francese poi, anche gli astenuti non sembrano chiedere più sinistra, perché avrebbero votato per i numerosi candidati trotzkisti in corsa. La scelta di astenersi sembra determinata più da indifferenza o da disaffezione». Se il centrosinistra piange, il centrodestra non ride. «Infatti. In realtà da questa consultazione elettorale sono usciti tutti indeboliti. La sinistra è stata decapitata e deve inventarsi.un leader e un'alleanza per le prossime elezioni dell'Assemblea nazionale. Chirac è presidente, ma soltanto grazie ai voti della sinistra e dopo aver registrato al primo turno un risultato disastroso; e ora dovrà cercare di recuperare consensi tanto a destra che a sinistra, il che lo costringerà a una certa ambiguità politica. Lo stesso Le Pen ha ottenuto un successo, ma il secondo turno ha dimostrato che il consenso raccolto è ben lungi dal consentire una sua vittoria e che l'isolamento del Front National è totale. Il sistema politico francese è in condizioni di spappolamento...». Autorevoli commentatori francesi vedono nel successo di Le Pen il fallimento del sistema elettorale maggioritario a doppio turno. E' d'accordo? «La storia politica francese è segnata da un ciclico andirivieni tra bonapartismo e assemble¬ arismo. La Quinta Repubblica, con il sistema maggioritario, ha incarnato la fase bonapartista, ora molti critici chiedono un ritomo all'assemblearismo, attraverso il ripristino del sistema proporzionale. Ma il vero problema messo in luce dalle elezioni è quello di una classe politica che i francesi non giudicano all'altezza. Ed è un problema che non si risolve con le scorciatoie dell'ingegneria istituzionale». I successi elettorali di partiti xenofobi e antieuropeisti in Francia e in altri paesi europei, possono ave¬ re conseguenze serie per il futuro dell'Unione? «Il malessere francese, e quello di altri paesi, non è la sconfitta dell'europeismo che è un dato acquisito per la grande maggioranza degli elettori. E' la sconfitta della retorica europeista, quella che invece di affrontare i problemi con strumenti economici e istituzionali aggiornati, si affida ai buoni sentimenti e alle parole. Certo, se cercheremo di sciogliere i nodi dell'allargamento dell'Ue e della Convenzione affidandoci ancora alla retorica, allora si che saranno guai». Il ministro della Cultura Giuliano Urbani

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