La «zarina» dell'Ogliastra condannata all'ergastolo di Vincenzo Tessandori

La «zarina» dell'Ogliastra condannata all'ergastolo CARCERE A VITA ANCHE PER ALTRI TRE ACCUSATI La «zarina» dell'Ogliastra condannata all'ergastolo Sentenza per gli omicidi di un sindacalista e di un operaio nel Nuorese Il pm: commessi per rivalità sul lavoro e per liberarsi di un amore scomodo Vincenzo Tessandori LANUSEI (Nuoro) Silenzio, la corte. Per quattro volte è «ergastolo». «Giustizia è fatta», dice Andreana Morittu, e sembra chiudere la sua vita, come il verdetto, forse, non l'ha chiusa per gli imputati. Le 16,18 di ieri, l'aula d'Assise di Lanusei è affollata, la gente cerca soprattutto i suoi occhi, gli occhi della Zarina, capaci di ammaliare, si diceva. E lei non si sottrae. Ma tace. Accusata di peccati mortali., forse lo aveva già capito che questa storia maledetta sarebbe finita male. A 46 anni, vissuti troppo intensamente. Maria Ausilia Piroddi, sposata, due figli, è costretta a un bilancio fallimentare. Aveva intravisto la possibilità di far carriera in politica e nel sindacato, era stata esponente del Pei eppoi del Pds, rappresentante per la Cgil, a lungo segretaria della Camera del lavoro di Tortoli. Ma voleva il potere, tutto e subito, hanno detto i suoi accusatori. Che fosse un capo ci son pochi dubbi e nei suoi progetti ha coinvolto altri tre: Adriano Pischedda, Mario Cabras e Sandro Demurtas. E quando ha creduto che, in qualche modo, qualcuno potesse mettere a rischio i suoi piani, se n'è liberata, nella maniera più semplice e brutale: lo ha fatto ammazzare. Pierpaolo Demurtas, 26 anni, operaio forestale di Cairo, venne ucciso in campagna, fra Cardedu e Lanusei. Si dice, e i «si dice» sono diventati accuse, che fosse innamorato di lei, ne conoscesse i segreti, insomma fosse diventato un uomo che sapeva troppo. E quando la voce di una donna conosciuta gli fissò un appuntamento, il 4 giugno '96, lui corse, felice, il cuore in tumulto. Ma ad attenderlo c'erano i sicari. Quella donna, hanno stabilito i giudici, era Maria Ausilia Piroddi. Sembra che anche la concorrenza in una carriera da sindacalista sia motivo per scatenare la furia omicida. Franco Pintus, aveva 43 anni ed era esponente della FlaiCgil. Si sarebbe trovato a competere con la Zarina, il 13 aprile '97 lo assassinarono a fucilate, sotto gli occhi della moglie, Andreana Morittu, e della figlia. Ora, nell'aula dell'assise, come parlasse a se stessa, la donna mormora: «Mio marito non potranno restituirmelo, ma questa sentenza è un'eredità che lasciamo ai nostri figli». La sentenza è già stata impugnata dallà''difesa che spera nei giudici dell'Appello. Del resto, la Zarina già una volta ha subito un proces¬ so, e ne è uscita assolta. Ma erano accuse forse meno precise. Dicevano che avesse progettato la conquista del Palazzo, a Bari Sardo, dove abita. Suo marito, l'architetto Sergio Pinna, era stato vicesindaco e assessore fra il '90 e il '95. Lei aspirava a qualcosa di più: e per screditare il sindaco in carica, avrebbe organizzato attentati al tritolo. Associazione mafiosa erano collettivamente chiamati i suoi peccati. Di quella «famiglia» di gente poco d'onore, sarebbe stata il vertice, l'ispiratrice. Comandava, gli altri eseguivano. L'assoluzione, il 20 dicembre 2001, e quella volta aveva pianto. Ma le indagini per i due omicidi si erano fatte serrate, per l'accusa i ruoli nella tragedia erano chiari, si era scovato anche un superteste, Donatella Concas: il capo era sempre lei, la Zarina, Pischedda, il braccio destro, Cabras e Demurtas quello armato. E lei non eia tornata libera: occupava ima cella del carcere di Bad 'e Carros, quello di massima sicurezza dove hanno soggiornato numerosi protagonisti della lotta armata e del terrorismo. La sua difesa era stata serrata, ma le 90 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare apparivano circostanziate. In aula il pubblico ministero Valeria Pirari non ha mostrato incertezze: colpevoli sono, ha detto, e come colpevoli vanno trattati. Con l'ergastolo. Anzi, con due ergastoli, perché hanno ucciso due volte. Il primo agguato aveva un movente, certo, che forse poteva anche apparire tragicamente banale: agli occhi della Zarina e del complice, Pierpaolo Demurtas era diventato un pericolo, niente garantiva che non avrebbe parlato, eppoi era uno con la fedina penale opaca, uno che non aveva dato l'impressione di aver ben chiara la differenza fra bene e male. Accettando l'appuntamento, aveva firmato la sua condanna. A quel punto la strada verso il potere parve sgombra: la Zarina puntava anche a una poltrona al consiglio regionale e forse aveva gettato lo sguardo anche oltre la linea dell'orizzonte. L'importante era cominciare. Ma occorreva togliersi di tomo pure l'ombra di una possibile concorrenza. E Franco Pintus era qualcosa di più di una semplice ombra. La corte ha deciso che i due omicidi facciano parte «di un unico disegno criminoso» e ha applicato la continuazione. Il che significa: un solo ergastolo a testa. Il sindacato si è sentito ferito e il suo rappresentante, l'avvocato Michele Schirò, ieri ha tuonato che «ha subito un danno immenso e impagabile». Come impagabile, naturalmente, è la vita degli uccisi. Per quella di Pintus la corte ha deciso una provvisionale di 100 mila euro. Anche questa è la Giustizia. Maria Ausilia Piroddi, ex segretaria territoriale della Cgil dell'Ogliastra, durante la lettura della sentenza

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