Quella cellula terroristica islamica

Quella cellula terroristica islamica LEGATA AD AL QAEDA, PRONTA AD ENTRARE IN AZIONE NELLA CAPITALE Quella cellula terroristica islamica Scoperta dopo lunghe indagini e intercettazioni telefoniche la vicenda ROMA UNA cellula terroristica islamica, probabilmente aderente al «Gruppo Salafita di Predicazione e Combattimento» e legata ad Al Qaeda, pronta ad entrare in azione nella capitale. L'inchiesta che ha portato ieri alla perquisizione subita da Guido Ruotolo nasce dopo la fuga di notizie sull'arresto a Poma, il primo marzo scorso, dì Ahmad Naseer, un pakistano di 39 anni considerato il capo dell'organizzazione, del tunisino Mansour Ben Khalifa, di Goumri Chìbab, algerino, e dal fermo di altre due persone. Finiti nei guai dopo una lunga indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, ma soprattutto dopo l'acquisizione deUe intercettazioni telefoniche e ambientali, che avevano tolto ogni dubbio agli investigatori romani sulle reali intenzioni del gruppo, e che vennero parzialmente riportate anche dai giornali. Solita riunirsi nella moschea «Al Harmini» di via Gioberti, uno scantinato adibito a luogo di culto alle spalle della stazione Termini, e probabilmente «in sonno» per anni, la cellula romana era stata «risvegliata» subito dopo l'il settembre. E stava ormai mettendo a punto i dettagli di alcune azioni terroristiche clamorose da compiere a Roma. Durante la perquisizione seguita agli arresti i Carabinieri del Ros trovarono anche una piantina della città sulla quale erano evdenziati alcuni obiettivi, uno dei quali, in via XX Settembre, corrisponderebbe alla sede dello Stato Maggiore della Difesa. Gli arresti e i fermi, disposti dal gip Adele Rando su richiesta dei sostituti procuratori lonta. Salvi, De Siervo e Saviotti, scattarono subito dopo la scoperta, sempre a Roma, di un gruppo di marocchini trovati in possesso dell'occorrente per preparare un attentato chimico a Roma, con i quali si pensò ad un possibile collegamento. L'accelerazione improvvisa delle indagini su Naseer e i suoi compagni, tuttavia, venne impressa dall'acquisizione deUe intercettazioni, quanto mai esplicite. Nella moschea di via Gioberti, gli arabi parlavano di pistole, dì fucili, di fiumi di denaro che andavano e venivano. Lo stesso facevano attraverso i telefoni della Raval International Travel Agency, un'agenzia di viaggi romana specializzata nei pellegrinaggi dei fedeli nei luoghi santi dell'Islam. Il frasario catturato dalle cimici seminate dagh investigatori appare inequivocabile. Il 4 gennaio due uomini parlano di una consegna di armi andata a buon fine, il 6 gennaio gli investigatori li sentono giocare con un kalashnikov: «cos'è questo....», si sente dire, mentre in sottofondo sferraglia con un suono metallico, inconfondibile per gli esperti, il caricatore della mitraghetta. Altre intercettazioni fanno trapelare ima certa preoccupazione per la sospetta attenzione delle forze dell'ordine, altre ancora tradiscono l'adesione del gruppo alla causa dei gruppi terroristici del Già algerino e del Fis. Qualche giorno dopo Nasser e i suoi parlano di Bush, poi nominano anche Qsama bin Laden. Finché non cominciano a parlare di «colpi da sparare sui carabinieri». Troppo, pensano gh inquirenti, per stare ancora ad ascoltare. Così scattano i provvedimenti giudiziari. Naseer viene bloccato nella mattina del primo marzo appena atterrato a Roma con il volo della Saudi Arabian Airlines da Ryad. Dopo l'arresto nehe loro case dì Chihab e Ben Khalifa, le perquisizioni alla moschee di Via Gioberti e di Primavalle, frequentata da alcuni di loro. Da cui saltano fuori decine di videocassette con le immagini della guerra in Cecenìa e deUe manifestazioni politiche del Fronte Islamico della Salvezza, agende, numeri di telefono e riferimenti intemazionali che i magistrati stanno tuttora vagliando. [m. s.)

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