Gli agenti si autoconsegnano in questura di Fulvio Milone

Gli agenti si autoconsegnano in questura Gli agenti si autoconsegnano in questura Interrogati i due funzionari: «Mai alzato le mani sui manifestanti» Fulvio Milone NAPOtl Hanno raccontato di una caserma, la «Raniero», in balia del caos, con decine di ragazzi seduti sul pavimento e gli agenti che faticavano a identificarli. Hanno detto che i ragazzi erano molto aggressivi, e che le operazioni nella sala delle perquisizioni andavano a rilento. Le botte? «Mai alzato le mani sui manifestanti, e non vi furono torture o umiliazioni». E poi «ci trovavamo spesso fuori dalla sala delle perquisizioni, per parlare al telefono con i colleghi della questura». Si sono difesi così, durante gli interrogatori davanti al giudice, i funzionari della questura arrestati per i pestaggi del 17 marzo di un anno fa. Una questura, quella napoletana, trasformata in una polveriera per le continue proteste degli agenti contro i magistrati che indagano sulle violenze ai no global che sfilarono in corteo durante un meeting intemazionale sull'e-govemment. L'ultima contestazione risale a ieri sera : a fine turno il personale, compreso quello dei commissariati, si è autoconsegnato per due ore. Rabbia ed esasperazione si sono alimentate con la notizia che dalla procura della Repubblica sono partite 13 nuove informazioni di garanzia nei confronti di altrettanti agenti, 8 delle volanti, 5 dell' ufficio controllo del territorio. Gli avvisi sono atti dovuti per procedere all'incidente probatorio, un confronto all'americana fra i ragazzi che hanno denunciato le violenze in caserma e gli stessi agenti. Chi ha ricevuto le informazioni di garanzia non è accusato di reati specifici, ma la sensazione che l'inchiesta possa in futuro allargarsi e registrare nuovi sviluppi è bastata ad alimentare il malumore della polizia napoletana. Ieri, mentre in questura tornava a esplodere la protesta, sono jroseguiti gli interrogatori nel Paazzo di Giustizia. Il gip Isabella lascili ha ascoltato per primo l'agente Francesco Adesso. Strano caso, il suo, che potrebbe concludersi con una riabilitazione piena. Sarebbe vittima di un errore di persona. L'hanno spiegato al giudice i suoi avvocati, Francesco Ma¬ ria Tuccillo e Angelo Pisano. L'equivoco sarebbe scaturito dal fatto che alle vittime delle violenze in caserma fu mostrata per errore la foto di un altro poliziotto al momento del riconoscimento. Inoltre i legali hanno smentito alcuni testimoni che descrivono Adesso come un uomo con la barba e i capelli lunghi: lui aveva solo i baffi, e i capelli erano cortissimi. Il gip si è riservato di decidere sulla sua scarcerazione, ma sembra proprio che ìer Adesso debba finire presto 'incubo di un'accusa ingiusta. In serata sono stati interrogati gli unici due funzionari arrestati. Sono il commissario capo Fabio Ciccimarra e il vicequestore Carlo Solimene, in servizio alla squadra mobile: il primo come capo, della sezione antirapine, il secondo in qualità di responsabile della squadra antidroga. Una difesa ad oltranza, la loro, basata sulla negazione totale delle accuse. Ciccimarra, difeso dall'avvocato Arturo Frojo, ha raccontato del caos che regnava sovrano quel giorno nella caserma «Raniero». Il giudice gli ha contestato di aver trattenuto per quattro ore i feriti provenienti dagli ospedali dopo gli scontri in piazza: furono «sequestrati» anche quelli che non avevano compiuto alcun reato. Ciccimarra si è difeso spiegando che i tempi lunghi furono inevitabili, perchè in caserma regnava il caos : non c'erano le attrezzature per le fotosegnalazioni, mancava il personale, bisognava attendere gli agenti che avevano partecipato alle cariche di quella mattina per riconoscere i manifestanti più violenti. Come se non bastasse, molti dei no global «si comportavano in modo aggressivo, rallentando ulteriormente le operazioni». Ecco perchè, dice Ciccimarra, ci volle tanto tempo prima che i ragazzi portati in caserma potessero tornare a casa. n punto più delicato dell'inchiesta condotta dalla procura napoletana, però, è un altro. Chi impartì l'ordine di portare alla «Raniero» tutti i giovani che avevano fatto ricorso ai medici degli ospedali cittadini, compresi quelli che non erano sospettati di avere aggredito gli agenti durante la manifestazione? Ciccimarra spiega che il suo unico incarico era di sovrintendere alle operazioni che si svolgevano in caserma. Le direttive gli furono impartite dai suoi superiori, in questura. Alla «Raniero» non ci furono violenze, ha insistito Ciccimarra che ha ricordato il suo curriculum di poliziotto di razza: quattro encomi nonostante la giovane età (31 anni), una rapina sventata appena poche settimane fa. «Credo che il suo ruolo in tutta questa vicenda sia stato finalmente chiarito», dice Frojo. L'ultimo interrogatorio, quello di Carlo Solimene, è iniziato a tarda ora. Accusato come Ciccimarra di non aver impedito le violenze nella sala dove i giovani venivano perquisiti, il funzionario ha escluso che si siano verificate violenze, «altrimenti avrei lasciato la polizia». Ha aggiunto che spesso si è allontanato dalla sala in cui erano stati radunati i no global per tenersi in contatto con la questura: «lì non ci sono stato quasi mai». Gli ordini, ha detto, H ha ricevuti dal diretto superiore, il capo della Mobile Giuseppe Fiore. Errore di persona per un poliziotto: «Ho i capelli cortissimi, non lunghi» Forse sarà scarcerato «In caserma regnava il caos e molti ragazzi rallentavano le operazioni di identificazione» L'esasperazione è cresciuta dopo che dalla procura sono partite 13 nuove informazioni di garanzia Giuseppe Fiore Il Palazzo dì Giustizia a Napoli

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