Nella banlieue lepenista tra insicurezza e odio

Nella banlieue lepenista tra insicurezza e odio ALLE PORTE DI LIONE, DOVE IL LEADER DEL FRONT HA PRESO TANTI VOTI QUANTI CHIRAC E JOSPIN INSIEME Nella banlieue lepenista tra insicurezza e odio «Se un disoccupato francese non paga la bolletta gii tagliano la corrente mentre gli arabi si allacciano abusivàméhte alla luce e non pagano nulla» reportage Cesare Martinetti inviato a SAINT-PRIEST (banlieue di LIONE) SE la Francia dovesse mai capovolgersi davvero ed eleggere Jean-Marie Le Pen presidente della Repubblica, un posto nella Storia toccherebbe a «la Chaumière», bar-tabacchi sulla route di Grenoble, tra il capannone della «Casa della scarpa» e quello della «Casa della moquette», qui alla periferia di Saint-Priest, dove da dietro il bancone Emmanuel Roman, vecchio lepenista, ha visto cambiare il mondo. Oui erano di sinistra, non un secolo fa ma fino alle ultime elezioni comunali; qui nel quartiere, domenica 21 aprile, Le Pen ha preso 189 voti, Chirac 89, Jospin 50. A Meyzieu, il comune più vicino, Le Pen ha preso 2.987 voti, Chirac 1.948, Jospin 1.872. Per farla breve, come sintetizza il risultato di Saint-Priest, 42 mila abitanti, banlieue di Lione, dove il sindaco è sociahsta, il leader del Fronte Nazionale ha preso grosso modo tanti voti quanti Chirac e Jospin messi assieme. Stupito? «No», risponde Roman, perché lui quel sentimento l'ha visto spuntare, crescere, moltiplicarsi. Qui, dove quando prese il bar-tabacchi e disse che era del Fronte, un bel po' di clienti se ne andarono per non aver niente a che fare con lui. E ora, invece, sono tornati, si fermano a chiacchierare, discutono di politica e - da ima settimana - la gente è «rifiorita», non lo nasconde nemmeno più e dice tranquillamente di aver votato per Jean-Marie Le Pen che li guarda tutti in fotografìa dal"etichetta del «Cuvée du Front», un rosso còte du Rhòne, sistemato sul bancone quasi accanto a un piccolo busto di papa Giovanni. Oui alla «Chaumière» Monsieur Roman fa i caffè e chiacchiera di pohtica. Madame vende sigarette, giornah e fa i panini: baguette, salame e Fronte Nazionale, perché anche la signora ha visto salire l'onda e i risultati delle elezioni le sono parsi la cosa più naturale del mondo. «Un voto democratico, una grande lezione: Jospin lascia la pohtica e, almeno di questo, tutta la Francia,, deve essere grata a Le Pen». Oui alla «Chaumière» ogni mese ci sono due-tre nuovi iscritti e Roman organizza ogni settimana una riunione. Vengono con la moglie, in gran parte sono pensionati, sessanta, sessantacinque anni, «ce n'è anche uno di 80 e che sta benissimo». Giovani? «No, quelli votano, ma non militano». Operai, commercianti, piccoli imprenditori, un medico, un'insegnante: «Tutte persone per bene, noi siamo educati, gentili, quando vado ad attaccare manifesti, mica strappo quelli degli altri. A noi li strappano sempre. Se vado al mercato a dare volantini mi insultano, ma io non ho mai insultato nessuno. Una volta ci hanno anche tirato le pietre: niente di male, fa parte della vita. Il fatto è che hanno paura di noi, anche alla radio e alla tivù: vede come ci attaccano? E' anche per questo che è salita l'onda». Ma cos'è davvero che l'ha fatta salire? Oui dove, per esempio, criminalità e insicurezza sono ben lontane dai livelli delle banheues parigine, dove nemmeno lo scontro sociale è duro come nel Nord che si deindustrializza, dove sembra di attraversare una grande periferia americana, capannoni, strade larghe, tir, ma anche verde e campi sportivi? Eppure anche qui hanno paura, un po' perché lo vedono in tivù, un po' perché l'insicurezza è il sentimento che fotografa meglio la Francia 2002 che ha votato per Le Pen, ma che ha anche dato il 12 per cento ai trotzkisti, che rappresentano l'altra faccia della paura: la precarietà del lavoro, i discorsi sulle pensioni, la flessibilità degli impieghi. Dentro tutto questo, Monsieur Roman ha visto a poco a poco farsi strada la diffidenza per gli altri, chiamiamola così. E gli altri sono gli «arabi» e i «gitani». Sono loro i colpevoli dei piccoli grandi fatti che ogni giorno, come in un mattinale di questura, i clienti della «Chaumière» rovesciano sul bancone del signor Roman all'ora del caffè: un'auto bruciata nella notte, piccoli furti nei magazzini e... nient'altro, pare, perché se no Roman ce l'avrebbe detto. Ma se nient'altro si sa è perché «non lo dicono». Tutti sanno che «ci sono auto su auto che bruciano la notte, ma il sindaco socialista le fa portare via ah'alba per non impressionare la gente. Hanno bruciato anche la sua. E tutti sanno che sono gli "arabi", ma non lo dicono, lasciano il dubbio». Madame Martine David, vicesindaco, socialista, dice che a Saint-Priest il comune ha investito molto contro la piccola criminalità, aiuti alla polizia, telecamere nei punti strategici e che i risultati già si vedono, ma c'è qualcosa di più che ha giocato a favore di Le Pen. Madame David parla di «un'inciviltà diffusa, crescente, contro le cose e le persone, insulti, disprezzo, un insieme di cose che crea disagio, anche sofferenza. Ecco, quest'insieme di cose, più che i grandi reati, hanno fatto votare per Le Pen». Colpevoli? «Bande di giovani». Arabi? «Anche francesi». A guardare il tabellone delle pubblicazioni di matrimonio qui, di «francesi», ce ne sono pochi. A parte il medico Mathie che sposa l'infermiera Aline, sono tutti Benamar-Fatma, Naim-Elana, Abdelaziz-Nacira, Aldelkader, autista, che sposa la sua impiegata Najova. Alla brasserie «Le Portique» (che è il rovescio etnico della «Chaumière» e sta accanto al municipio) sei ragazzi «arabi» che si chiamano come questi qui sopra ci dicono che voteranno Chirac, «Supermenteur», il grande bugiardo. Prevedono che se dovesse vincere Le Pen, «nel giro di sei mesi l'America invaderebbe la Francia». Fiducia negli Usa? No, è che in Europa nessuno può permettersi la politica nazionalista che vuole il Fronte. Alla «Chaumière» Roman, che prima di fare il barista ha fatto l'elettricista, ma che di pohtica se ne intende, dice che i grandi cambiamenti li fanno queste «piccole cose» che hanno alimentato un «grande movimento pohtico» come il Fronte. Se gli «arabi» devono farsi curare i denti, passano in municipio e li aiutano, «i francesi, invece, devono pagare». Se il 15 di ogni mese il signor Roman non paga in tempo la Tva (l'Iva), dal giorno dopo gh mettono il 10 per cento in più, mentre agli «arabi» danno un buono, sempre in municipio. Se un giovane francese disoccupato non paga l'elettricità, gh tagliano la luce, mentre gli «arabi» e i «gitani» si attaccano direttamente, tengono le televisione accesa tutto il giorno e non pagano niente. Tutto ciò sarà anche vero, ma in questa ostinazione a chiamarli «arabi» non c'è del razzismo? «No - risponde Roman -. Da noi ci sono francesi, italiani, spagnoli, portoghesi, ebrei. E siamo tutti perfettamente integrati. Lei provi a chiamare marocchino un algerino e vedrà... Noi diamo le nostre figlie spose ai loro ragazzi, ma lei ha mai visto una loro figlia sposa a un nostro? Rarissimamente. La verità è che sono loro a non integrarsi. Sono orgogliosi di essere ribelli e io credo che farebbero bene ad andare a fare i ribelli a casa loro». Così la pensano alla Chaumière. «Qui da noi ci sono francesi, italiani spagnoli, portoghesi E sono tutti perfettamente integrati» «Marocchini e algerini sono orgogliosi di essere ribelli. E allora diciamo: vadano a fare i ribelli a casa loro» Giovani manifestanti a Lione reggono uno striscione con la scritta «Odio»