L'equilibrismo dì Sharon di Fiamma Nirenstein

L'equilibrismo dì Sharon DUE MOSSE IN CONTEMPORANEA CON CUI IL GOVERNO DI GERUSALEMME SPERA DI USCIRE DALL'IMPASSE E DALL'ISOLAMENTO L'equilibrismo dì Sharon Liberando il Raiss dalla prigionia spera di avere l'aiuto Usa per l'indagine delle Nazioni Unite analisi Fiamma Nirenstein GERUSALEMME PASSO doppio per Ariel Sharon, equibbristico, concatenato. Dunque, il primo ministro di Israele decide ieri, in ima fiammeggiante riunione di Gabinetto, due misure inaspettate. «Accetteremo che gli assassini del ministro Rehavam Zeevi siano guardati dagb americani e dagli inglesi». Ovvero: lasceremo andare Arafat. E quasi con le lacrime agli occhi spiega le ragioni di questa scelta; e quelle che non spiega si vengono più tardi a sapere. Sharon è stato bombardato dalle telefonate di Bush, pare addirittura tre in dodici ore: il suo «amico speciale», come Bush stesso si è definito solo due giorni or sono, gli dice che se non accetta questa proposta i risultati potrebbero essere «catastrofici». Si riferisce al clima nel mondo arabo, su cui certamente il principe Abdallah lo deve avere ben istruito nella visita al ranch in Texas; si riferisce all'atteggiamento dell'Onu, che minaccia risoluzioni gravi nel Consigbo di Sicurezza soprattutto a causa dell'esitazione di Israele suDa commissione di in¬ chiesta per Jenin, dove i palestinesi sostengono che ci sia stata, se non una strage (non insistono più su questo punto), comunque un abuso di forza e un «disastro umanitario» come ha detto Teije Larsen, il fiduciario dell'Onu in zona. Sharon capisce benissimo che l'accettazione delle «guardie» straniere (per quanto tempo? Per tutti i diciotto anni di detenzione? E con quale mandato? Di sparare eventualmente su ima folla in rivolta che cercasse di liberare i prigionieri? Niente è chiaro) vuol dire soprattutto che Arafat dev'essere liberato. E' stato proprio lui a dire che a Ramallah l'unico problema rimasto aperto è la consegna dei prigionieri da parte di Arafat. Una volta caduto questo punto, Sharon deve quindi fare il grande passo di lasciare andar via il Raiss. Per l'ennesima volta Arafat, chiuso in un angolo, è stato salvato. Se poi sarà libero di muoversi solo nell'Autonomia o potrà andare all'estero, anche questo non è chiaro. Di certo per Sharon è un passo molto grande, che può ritorcersi contro Israele in termini sia di terrorismo sia di immagine, se Arafat toma a essere il beniamino dell'Europa persino quando si studiano carte molto imbarazzanti sul suo patrocinio dei Tanzim e delle Brigate dei Una manifestazione nei Territori per la liberazione di Arafat Martiri al-Aqsa. Del resto, è un passo che prima o poi Israele doveva trovare il modo di fare perché, semplicemente, per i paestinesi Arafat è un leader-simbolo, irrinunciabile, adorato dalle piazza arabe. Gli Usa hanno scelto una politica di quiete nell' area e il pegno è proprio il Raiss. E veniamo al secondo passo: la Commissione dell'Onu, ha detto Sharon, non piace così com'è, adesso non la vogliamo. E' già la terza giravolta, potrebbe presto esserci un ripensamento. Ma la contestualità dei due passi significa che gli americani si impegnano a difendere Israele da eventuali risoluzioni di condanna dell' Onu e a ottenere condizioni che consentano l'invio della commissione stessa, quanto prima. Ci sono molte obiezioni di forma e di sostanza da parte israeliana sulla commissione mentre i palestinesi, per motivi simmetrici, la invocano. Sembra che l'aspetto «strage, massacro» non sia più cruciale: le ruspe rimuovono una terribile desolazione, una tragedia, ma non corpi. La questione base è di principio: Israele si sente aggredita dal terrorismo e vorrebbe che l'Onu, poiché decide di mandare una commissione intemazionale, dia segno di voler verificare anche come sia stata possibile una distrazione terroristica tanto grande in Israele. E come mai a Jenin (28 attacchi terroristici negli ultimi mesi) la battaglia è stata così dura. I racconti degli israeliani parlano di una città completamente minata e difesa dalle formazioni terroristiche e di guerriglia casa dopo casa, ma l'Onu non ha dato segno di voler studiare il caso se non dalla partre del problema umanitario palestinese. Ma Sharon sa che non otterrà un così vasto impegno delle Nazioni Unite e si concentra su due complicazioni confermate dalle parole di Kofi Annan di qualche giorno fa, quando il segretario generale ha detto (un lapsus?) che mtanto sarebbe venuta la commissione «per cominciare». Ciò significa, agli occhi di Israele, che da questa commissione si potrebbe passare ad altre forme di intervento intemazionale proprio come vorrebbe Arafat, che da anni si batte per questo scopo. Israele teme quindi l'internazionalizzazione del conflitto e anche - questo è un sentimento molto diffuso fra la popolazione - che comunque una commissione dell' Onu non possa che trovare Israele colpevole, data l'enorme messe di risoluzioni contrarie e l'atteggiamento ostile (la conferenza di Durban è fresca nella memoria, e anche il discorso di Larsen). In pratica Israele non si fida e non vuole che si inquisisca, per esempio, il capo di Stato maggiore senza il suo permesso; né che i soldati delle riserve che hanno rischiato la vita insieme ai 23 che l'anno perduta a Jenin (più 70 feriti) possano essere incriminati dal Tribunale dell'Aja sulla scorta delle interrogazioni della commissione. La quale, oltretutto, è composta da personaggi non simpatici a Israele, come quel Cornelio Sommaruga che, nella sua funzione di presidente della Croce Rossa, sembra aver detto un giorno rispetto alla richiesta della Stella di David Rossa di essere inserita nell'associazione madre: «Allora perché non anche la svastica?»; e Martti Ahtisaari, il presidente, ex primo ministro finlandese, noto per la sua antica amicizia con Arafat. Invece Israele vorrebbe che oltre ai guai di Arafat si indagassero anche i suoi: vorrebbe che la commissione determinasse perchè Jenin fosse diventata una cittadella da cui erano usciti 28 attentati terroristi suicidi. Forse, ora che Sharon ha fatto il grande sacrificio, tutto questo sarà possibile e la commissione verrà finalmente ricevuta. Ad Annan Bush chiederà uno sforzo parallelo a quello di Sharon, se la liberazione di Arafat andrà in porto senza intoppi.