Il business dei rifiuti nocivi: maxi discarica a Viterbo di Giacomo Galeazzi

Il business dei rifiuti nocivi: maxi discarica a Viterbo DENUNCIATE 60 PERSONE: GARANTIVANO TRASPORTO E FALSI CERTIFICATI Il business dei rifiuti nocivi: maxi discarica a Viterbo interrate 50 mila tonnellate abusive Giacomo Galeazzi ROMA Una «necropoli» dei rifiuti tossici nella terra degli etruschi. Il Tevere degradato in due punti da una gigantesca discarica «en plein air». Nella zona tra Temi e Viterbo più che un'organizzazione avevano messo in piedi ima vera e propiia «connection» ed avevano talmente perfezionato i meccanismi da permettersi di allargare il giro, estendendo il loro business dal Lazio all'Umbria. Avevano interrato 50 mila tonnellate di sostanze pericolose e, nel settore delle discariche abusive, si erano fatti un nome attraverso una colossale rete di coperture e complicità. Nel «catalogo» delle prestazioni offerte alle imprese inquinatrici non mancava nulla. Servizio completo: dal trasporto, all'interramento, dalle connivenze ai falsi certificati. Ci sono voluti due anni di indagini per ricostruire il mosaico di responsabilità. Una logorante partita a scacchi che ieri ha finalmente portato alla denuncia di 60 persone per associazione a delinquere, pericolo di disastro ambientale, falsità ideologica e truffa. La ragnatela dei loro floridi afffàri èfa'fltuta nel mirino dei carabinieri per violazioni della legge Ronchi sullo «smaltimento non autorizzato di rifiuti nocivi e la realizzazione e gestione di discarica abusiva». E' stata inquisita pure una società che ha sede in provincia di Siena, proprietaria dei terreni messi ieri sotto sequestro. Sugli argini del fiume Tevere la «rifiuti connection» aveva costruito una città degli orrori fatta di materiali tossici e scavi selvaggi. Secondo gli inquirenti, negli ultimi due anni, le due aree sono state devastate da una quantità enorme di fanghi industriali e polveri provenienti da insediamenti siderurgici. A Graffignano, nel Viterbese e Alviano, in provincia di Temi, le cave, grandi oltre quattro ettari, erano state trasformate in discariche abusive di materiali ad altissimo rischio. Qui i camion colmi di rifiuti tossici arrivavano in continuazione da Treviso, Brescia, Milano, Mantova e da decine di altre città. Scaricavano i veleni di notte senza che nessuno arrecasse il minimo disturbo. Nel servizio offerto alle aziende, comunque, quello dello scempio ambientale diretto costituiva il primo livello di una complessa piramide. Nel corso delle indagini, infatti, è stato individuato un laboratorio chimico da cui venivano rilasciate false attestazioni dei carichi giunti nei siti sequestrati. Il titolare è stato denunciato assieme agli altri responsabili della maxi-truffa, tutti ritenuti utilissimi e ben remunerati ingranaggi di un meccanismo molto ben collaudato. Le società coinvolte sono 32 e. sono ancora oggetto di indagini. L'operazione, chiamata «Tevere Vero» prosegue sotto il coordinamento del sostituto procuratore di Viterbo Carlo Maria Scipio. Intanto infuriano le polemiche per l'escalation dell'eco-criminalità che sta trasformando l'Italia nella pattumiera d'Europa. In particolare il Lazio, per la sua posizione geografica, la presenza di numerose cave e di cantieri come l'alta velocità e la vicinanza ad aree fortemente infiltrate dalla criminalità organizzata come la provincia di Caserta, è la regione più esposta al traffico e agli smaltimenti illegali di sostanze pericolose. Gli ecologisti invocano una criminalpol ambientale che si occupi esclusivamente di reati contro la natura, ossia un interforze di polizia che dovrebbe prevenire e reprimere proprio il grande business della mafia del terzo millennio: lo smistamento illegale di rifiuti tossici. Le sostanze nocive, nella quasi totalità dei casi, provengono dalle industrie del Nord Italia ed in particolare dalla Lombardia. La scoperta del giro d'affari tra Lazio e Umbria è soltanto l'ultimo di una lunga serie di scandali. La settimana scorsa in provincia di Prosinone sono stati trovati interrati, in un cantiere di servizio dell'Alta Velocità, ima trentina di sacchi industriali con sostanze pericolose provenienti dal Milanese. Nella zona tra Terni e Viterbo erano state interrate 50 mila tonnellate di sostanze pericolose

Persone citate: Carlo Maria Scipio, Milanese, Viterbo Carlo