Gli «amorosi sensi» del BOSS

Gli «amorosi sensi» del BOSS I BIGLIETTiNI D'AMORE TRA GIUFFRÈ E LA MOGLIE DURANTE LÀ LATITANZA DEL CAPOMAFIA Gli «amorosi sensi» del BOSS le lettere Litio Abbate PALERMO Lo ha incontrato nelle masserie più isolate, nelle campagne interne della Sicilia, riuscendo a sfuggire ogni volta ai controlli delle forze dell'ordine che per diverso tempo l'hanno tenuta sotto controllo per cercare di individuare il covo del boss latitante di cui è innamorata. Lei è Rosalia Stanfa, impiegata del Comune di Caccamo, moglie del capomafia del paese Antonino Giuffrè, arrestato il 16 aprile scorso dopo quasi dieci anni di latitanza. Lui è accusato di essere il luogotenente del capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano (ricercato da quasi 40 anni), per il quale gestiva gli appalti in diverse province ed è stato anche condannato all'ergastolo per la morte del giudice Giovanni Falcone. In questi anni di latitanza Rosalia Stanfa è riuscita ad incontrare ugualmente il marito, lo ha abbracciato periodicamente e quando non ha potuto gli ha scritto lettere che sono risultate piene di sentimento, cariche di frasi d'amore, come fra due fidanzatini. Il rapporto che emerge è di «amorosi sensi», dove le frasi, a volte anche sconnesse tra di loro, si intrecciano utilizzando temi religiosi e facendo quasi sempre ricorso, a conclusione dei messaggi, all'assistenza richiesta ài Signore. E queste lettere Giuffré le ha conservate gelosamente nel suo marsupio che, gli è stato sequestrato dai: carabinieri di Termini Imerese dopo il suo arresto. Sono messaggi in cui Rosalia Stanfa non dimentica di tenere informato il marito dello stato di salute dei figli, Ivan, che studia a Roma nella facoltà di Architettura, e Salvatore che ha avviato una impresa edile a Caccamo. Il legame con la famiglia per Giuffré è evidente: fra i tanti foglietti scritti da imprenditori, boss e gregari, c'erano anche gli auguri di natale dei figli che risalirebbero a molti anni fa. Lui li ha portati sempre con se. «Gioia mia - scrive Rosalia Stanfa al marito - mi auguro che stai bene. Noi proseguiamo come sempre nelle nostre attività quotidiane. L'ultima volta che ci siamo incontrati sono arrivata a casa molto tardi, abbiamo avuto qualche problema e per questo dobbiamo pensare ad un altro percorso». La signora Giuffré descrive nel messaggio «l'avventura» che ha dovuto affrontare di notte, in compagnia di due allevatori per raggiungere Caccamo. «E' stata un'esperienza - afferma Stanfa - che non potrò dimenticare per tutta la. vita». La donna è rimasta scossa per quello che è accaduto, per le ore di viaggio a piedi tra gli anfratti e i campi che ha dovuto percorrere sotto la pioggia. Tutto ciò però non 'ha fermata dalla voglia di rivedere il marito. «Per la prossima volta - si rivolge al coniuge - dobbiamo pensare ad un percorso diverso». Lei è pronta ancora ad «imbucarsi», di notte, nell'automobile di uno dei favoreggiatori della latitanza del marito e sparire dal paese per poi ricomparirvi dopo un giorno. Le avventure per la signora innamorata, con questo arresto si sono concluse. A Pasqua le si era «stretto il cuore», scriveva in un messaggio, e per questo aveva inviato dei dolci al marito attraverso alcuni emissari. In quella occasione non lo aveva potuto incontrare perché era tenuta sotto controllo dagli investigatori che cercavano di seguirla con la speranza che li avrebbe portati nel rifugio del marito. Lei è rimasta a casa con i figli. Chi l'ha conosciuta per motivi giudiziari e investigativi, la descrive come una donna forte, capace di portare avanti da sola una famiglia e di aver affrontato nel 1998 anche una ordinanza di custodia cautelare perché accusata di peculato e turbativa d'asta. Il gip allora le ha concesso gli arresti domiciliari. Per questa vicenda è stata poi prosciolta dal giudice per le indagini preliminari. Singolare anche il comportamento avuto la mattina del 16 aprile, giorno dell'arresto di Giuffré, quando i carabinieri di Termini Imerese l'hanno chiamata a casa, così come prevede il codice di procedura penale, per comunicare ai familiari che il boss era stato catturato. L'impiegata comunale, al telefono, ha risposto in maniera garbata e complimentandosi, lasciando così di ghiaccio l'ufficiale che era alla cornetta. Diversa, ad esempio, fu la risposta ricevuta dagli investigatori della Dia quando comunicarono l'arresto del boss Leoluca Bagarella ai suoi familiari: in quel caso l'ufficiale venne investito da una scarica di insulti e improperi. I messaggi che invece scrive Salvatore Giuffré al padre, sono di toni e modi diversi da quelli utilizzati dalla madre. Il ragazzo, già sulla strada dell'imprenditoria edilizia, parla di taglieggiamenti, di imposizioni del pizzo e cita al boss-padre, un episodio che riguarda la ristrutturazione della chiesa di Caccamo, un lavoro da 160 miliardi di lire. «L'appalto - scrive Salvatore Giuffré - è stato preso da una impresa di Favara ed io non ci sono andato, non per rispetto a loro, ma per rispetto del Santo che c'è in Chiesa». Il capomafia dal carcere ha tentato di difendere i favoreggiatori che sono stati arrestati con lui nella masseria, e rispondendo alle domande dei giudici che lo hanno interrogato per la detenzione abusiva di arma, ha detto: «La pistola l'ho trovata per strada a Palermo e visto che spesso ho fatto la spola fra la città e la campagna l'ho portata con me». L'arma però è una calibro nove modello Combat, una pistola di precisione, che non si trova facilmente in giro. Il verbale di interrogatorio e il fascicolo è stato trasmesso ai jm della Direzione distrettuae antimafia di Palermo che si occupano della vicenda e stanno esaminando le decine di lettere e messaggi che sono stati trovati al boss, fra cui alcune missive del capo di Cosa nostra Bernardo Provenzano, di un altro latitante. Salvatore Lo Piccolo e di imprenditori che chiedevano l'autorizzazione ad eseguire alcuni lavori in diverse province della Sicilia. Giuffré ha sottolineato che dentro la masseria era solo. «Ero impegnato ad aprire alcune lettere - ha detto il boss - quando hanno fatto irruzione i carabinieri. Con me non c'era nessun altro». Il capomafia si è invece rifiutato di rispondere alle domande per un'altra vicenda giudiziaria che gli è stata notificata in carcere: riguarda una vecchia ordinanza del 1999 del gip di Palermo, Fabio Licata per turbativa d'asta. Il boss, contrariamente a quanto aveva fatto in precedenza, per questa storia si è avvalso della facoltà di non rispondere. Lei lo incontrava nelle masserie più isolate Si faceva accompagnare a notte fonda Una donna forte capace di complimentarsi con il carabiniere che ha arrestato il marito «Siete stati bravi» Le lettere della moglie del boss (in alto) e di Bernardo Provenzano Antonino Giuffré, arrestato il 16 aprile dopo dieci annidi latitanza. Accanto, i testi delle lettere