La rivincita dell'ex parà che detesta il gollismo

La rivincita dell'ex parà che detesta il gollismo IL PRESIDENTE DEL FRONT NATIONAL CORONA IL SUO SOGNO DI ARRIVARE ALLA SFIDA FINALE PER L'ELISEO La rivincita dell'ex parà che detesta il gollismo il leader xenofobo: «Chirac dovrebbe avere la decenza di ritirarsi» «Sono nazionalista, socialmente di sinistra, di destra in economia» personaggio Aldo Cazzullo LE idee sono odiose; l'uomo, spiace dirlo, è simpatico. Pacche sulle spalle, cioccolatini, ammiccamenti, e una girandola di battute, motteggi, giochi di parole: non potevano capitare meglio, i giornalisti che seguivano le sue sfide elettorali nella bella casa di Saint-Cloud, banlieue Ovest (quella ricca) di Parigi, prati rasati, vigilantes, e dentro tappeti berberi, una cameriera nera con crestina («mi trovo molto bene - rassicurava i cronisti -, monsieur è sempre gentile con me»), due dobermann inquietanti ma comunque più mansueti del padrone. Jean-Marie Le Pen aveva una parola cattiva per tutti; e questo era molto meno simpatico. Mitterrand viene operato alla vigilia del referendum del '92 su Maastricht, ufficialmente di calcoli, in realtà di cancro alla prostata, e lui infierisce: «E' un malato immaginario! Calcoli sì, ma elettorali». Mitterrand nomina alla guida del governo Edith Cresson, prima donna nella Storia di Francia, e lui azzanna: «Ci danno la Pompadour», evocando la favorita di Luigi XV. Chirac scende sul prato a festeggiare la Coppa del Mondo con i Bleus: «O Jacques è in preda al delirio chimico, o è un'operazione preparata a tavolino, come Videla nel '78 in Argentina». Più della sinistra, il nemico di Le Pen è sempre stato il «ollismo. Prima, il Generale, che 'ex para Jean-Marie e i suoi commilitoni odiavano per il «tradimento» di Algeri. Poi Chirac, che lo detesta, ricambiato. E' stato il rifiuto a qualsiasi accor¬ do o trattativa con Le Pen a tenere la destra repubblicana lontana dall'Eliseo per quattordici anni (i due si incontrarono una sola volta, nell'BS, e non andò bene). E' stato il boicottaggio di Le Pen ad aprire la via di Matignon (cioè Palazzo Chigi) a Lionel Jospin alle legislative del '97, quando al secondo turno JeanMarie mantenne tutti i suoi uomini in oltre cento «triangolari» (al ballottaggio viene ammesso anche il terzo candidato che abbia il consenso di almeno il 1507o degli iscritti ai registri elettorali) e determinò così la sconfitta dell'alleanza di centrodestra. E anche ieri sera Le Pen indicava in Chirac il nemico, l'uomo che «dovrebbe .avere la decenza di ritirarsi da quanto è terribilmente minoritario», l'artefice «della decadenza della Francia», il simbolo del «sistema, che ora eserciterà qualsiasi pressione pur di evitare la mia elezione. Spero che il popolo francese capisca, e si sottragga». Sette anni fa, nella casa di Saint-Cloud, Le Pen era al massimo storico -150Zo -, ed era disperato. Sentiva di aver mancato un'occasione irripetibile, con la destra divisa tra lui, Chirac e Balladur, il ballottaggio sfumato per tre punti. Stavolta, sembra¬ va fuori gioco. Due mesi fa aveva lanciato l'allarme: non trovava abbastanza firme di eletti per presentare la candidatura. Il suo partito, il Front National, si era scisso, per iniziativa del delfino ribelle Bruno Mégret (ieri inchiodato al 2,50Zo). Lo consideravano finito, ma a questo Le Pen è abituato. Outsider professionale, disprezzato dagli opinionisti, amato dalla piccola borghesia spaventata dal globalismo e inquietata da quello che percepisce come un declino nazionale, all'ombra dei burocrati di Bruxelles e degli yankee d'oltreoceano; attore, istrione, a volte cialtrone, come quando negli Anni Cinquanta circolava con una benda nera su un occhio tipo Moshe Dayan o Capitan Uncino, a simulare una ferita, senza però l'accortezza di tenerla sempre dalla stessa parte, in modo che l'occhio ferito pareva ora il sinistro, ora il destro (fu «Le Parisien», dieci anni fa, a pubblicare le foto che lo smascheravano; lui rispose: «Sono immagini di epoche diverse, nel frattempo un occhio era guarito e si era ammalato l'altro»). Ma geniale, a suo modo: straordinario fiuto politico, feroce sino ad aggredire fisicamente ima candidata socialista nel '97 (la rissa gli costò una condanna penale), scaltro e ipocrita al punto da volere sempre nel suo seguito almeno un arabo (Le Pen ha sempre negato formalmente di essere razzista, e ha anche molto elogiato Zidane «figlio dell'Algeria francese») o un banlieusard. E' a loro, ai diseredati delle periferie, ai disoccupati, agli sradicati, che si è rivolto ieri sera. Un appello quasi solenne: «Destra e sinistra sono nozioni superate. Io sono socialmente di sinistra, economicamente di destra, nazionalmente per la Francia». E qui c'è tutto Le Pen, la sua polemica contro le élites, gli enarchi, gli intellettuali, i politicamente corretti, i liberali, i manager delle stock-options, i difensori del matrimonio tra omosessuali. Allievo di Poujade, il Guglielmo Giannini di Francia, Le Pen deve le sue fortune interclassiste - il Front National è il secondo partito operaio del paese - al populismo che l'ha sorretto anche nell'ultima campagna elettorale, in cui però ha saputo mettersi un freno, pronunciarsi esplicitamente contro l'antisemitismo, rilanciare gli argomenti di sempre: la sicurezza, i limiti all'immigrazione, il taglio delle tasse; consolidarsi nei suoi tradizionali territori, Strasburgo, Nizza, do¬ ve è al 30 per cento, e insediare Jospin persino nel suo paese natale, dov'è secondo per pochi voti. E dal popolo in effetti viene. Bretone, figlio di pescatori, ha 73 anni, ma non li dimostra. Grazie alla bella moglie, Jany, imparentata per via di madre con il principe Junio Valerio Borghese: «Frequentavo Jean-Marie da un anno ma la scintilla non scatta- va. Mi innamorai di lui in un ristorante russo dell'Ile SaintLouis: mi prese tra le braccia, mi fece ballare il valzer, si rivelò un ballerino fantastico. Quella sera rinunciò ad avermi. Io tomai a casa e mi sedetti vicino al telefono. Aspettai due giorni II telefono suonò. Era lui». Grazie alla cura che gli riservano le tre figlie, Marie-Caroline, Yann e Marine, avute dalla prima moglie, Pierretet, diventata sua implacabile accusatrice. E grazie anche alle tinture bionde dei capelli. Pluridenunciato in gioventù per risse e aggressioni, ha sempre mancato la guerra: nel '54 arriva in Indocina pochi giorni dopo Dien-BienPhu, che segna la caduta dell'impero; nel '56 si arruola volontario, ma arriva a Suez quando la minaccia nucleare sovietica ha già fermato la guerra contro l'Egitto; nel '58, dopo il putsch del 13 maggio e la rivolta dei pieds-noirs, raggiunge Algeri via Bruxelles e Madrid con un aereo a noleggio: i militari lo bloccano all'aeroporto e lo riportano in patria. Nel '65, l'anno del ballottaggio De Gaulle-Mitterrand, sostiene per l'Eliseo Tixier Vignancour, l'avvocato difensore dei reduci di Vichy. Poi si associa con un ex Waffen SS francese in un'azienda per la produzione di dischi di inni e marce militari, comprese quelle naziste. Altre denunce. Nel '72 comincia l'avventura del Front. Trent'anni dopo, al ballottaggio va lui. Non ha chances. Ma, ha detto ieri sera, «il lavoro, la perseveranza e l'aiuto di Dio finiscono per aver ragione di tutti gli ostacoli»; senza essere sfiorato dal dubbio che il vero simbolo della decadenza della Francia potrebbe essere lui. li SUO Fronte è il SGCOndO partito operaio del paese che ha fatto della sicurezza la bandiera della campagna elettorale Dopo l'inatteso trionfo ha detto: «Il lavoro la perseveranza e l'aiuto di Dio finiscono per avere ragione di qualunque ostacolo» Il candidato Jean-Marie Le Pen, dopo il voto al seggio elettorale