Chicche di Caffè di Mirella Serri

Chicche di Caffè Chicche di Caffè LA STORIA Mirella Serri STRADINE tortuose, piccole capanne di fango. In mezzo una singolare casetta con abbaini, tetto giallo e finestrelle incorniciate di rosso. E' il centro di Harrar, remoto villaggio sull'altopiano etiope. Che è anche una delle città più leggendarie dell' Africa, per secoli vietata agli stranieri e ai cristiani: coloro che per sventura vi capitavano venivano impiccati o lasciati fuori delle mura a far compagnia alle iene. Ancora oggi vi si parla un singolare dialetto, nato dal suo isolamento. Nel 1855 sir Richard Burton, l'inglese che viaggiava per arrivare a individuare le sorgenti del Nilo, l'attraversò vestito da arabo. Trent' anni dopo ad Harrar si installò Arthur Rimbaud. Che andò ad abitare in quella strana casetta, che ancora adesso sembra uscita da una favola. Rimbaud, lasciando Parigi, aveva detto che sarebbe approdato in una terra "di climi perduti" da cui sarebbe tornato "con membra di ferro, pelle scurita, occhi furiosi". Era spinto dalla ricerca di nutrimento per la sua fervida immaginazione, dall'amore per il rischio ma anche dalla necessità di quattrini: in Etiopia voleva fare il mercante di armi, di pelli ma soprattutto di caffé, importante fonte di reddito. Proprio Harrar è stata, infatti, la culla primordiale dd caffé, da cui si è diffuso in tutto il mondo. E a seguirne le tracce, in un singolare e affascinante viaggio, dall'Etiopia allo Yemen, all'India, all'America Latina, è il giornalista Stewart Lee Alien, che ci racconta la straordinaria storia de La tazzina del diavolo. Viaggio intomo al mondo sulle Vie del caffé (Feltrinelli, pp. 200,612). Nel paese dove il poeta delle Illuminations si era rifugiato, il caffé, oggi considerato una "droga ricreativa", veniva omaggiato come una mistura "sacra", in ^rado di alterare le capacità mentali. Consumato, a volte, in deliziose combinazioni con le foghe della pianta stupefacente qat, stimato prezioso come oro, per la sua carica adrenalinica, assumeva significati mistici ed esoterici. Serviva per curare molte malattie, dal raffreddore al mal d'orecchie. Ma soprattutto era idealizzato come un afrodisiaco: in cerimonie dell'Etiopia occidentale l'operazione di tostatura prevede che i chicchi di caffé, somiglianti agli organi sessuali femminili, vengano mescolati con il burro con un bastone chiamato 'dannaba', che vuol dire pene. Ma immersi nell'acqua, invece, sono simbolo di morte e dalla scura brodagha possono scaturire lampi, fulmini e vere maledizioni. Un volto "nero", inquietante e pericoloso, quello che il miracoloso liquido per secoli mantiene. Per questo suo tratto demoniaco, in Arabia, dove è stato portato dalle carovane di schiavi che si nutrono dei chicchi pestati e amalgamati in palline, si scatenerà una delle prime, violente repressioni contro il diabolico infuso. Uno dei porti in cui il caffé arriva, e che trasforma con il suo commercio in fiorentìssima sede di scambi, è quello di al Makkha, da cui l'altro nome della bevanda, Mocca. Ma, in una torrida notte dell'agosto 1511, il capo della polizia religiosa della Mecca, notò alcuni uomini che sorbivano una bevanda che gli sembrò "inebriante" e simile al vino, vietato dal Corano. Con gran clamore si mise in piedi un processo in cui i difensori affennavano che il caffé nulla aveva a che fare con l'alcool ma aveva le stesse proprietà tonificanti "dell' agho". Niente da fare. L'equivalenza non resse e fu persa la battaglia legale. Alla Mecca dilagarono le offensive dei sabotatori: i sacchi di caffé vennero bruciati, le ceneri disperse al vento, mentre venivano bastonati i più irriducibih bevitori. Ma intanto, come l'araba fenice, il caffè risorceva e raggiungeva il suo apogeo nell'impero ottomano. Nel 1555, una coppia, di nome Hakm e Shams, aprì à Istambul un locale dove si mesceva lo scuro liquido. Che veniva arricchito con lepe, oppio, zafferano, oppure con lascisc, miele o marijuana. Il micidiale composto e la presenza di giovanissimi prostituti contribuì a far ribattezzare i locali di Istanbul i "caffè dell'amore". Dalle stelle che indubbiamente vedevano i consumatori di quelle micidiali pozioni. alle stalle della persecuzione. Un'altra offensiva colpisce la stregonesca mistura: nemico giurato è il sultano Murad IV che nel 1623 rade al suolo i caffè e picchia gh avventori. E le disgrazie non sono finite.' Il caffè turco conquista nel Settecento il regno di Prussia. Ma Federico il Grande decide di metterlo al bando poiché indebolisce la mente e il coipo dei suoi soldati. Altrettanto contrastato l'insediamento in Francia. L'aveva fatto provare a Luigi XIV l'ambasciatore turco. Il sovrano lo aveva considerato disgustoso. La duchessa d'Orleans lo aveva paragonato alla fuliggine e Madame de Sevigné aveva scritto che c'erano due cose impossibili a mandar giù per un francese: "il caffè e la poesia di Racine". Ma alla fine del secolo dei Lumi la caffeinomania travolge la Francia. Una crescita incontenibile: si dice che Luigi XV spendesse l'equivalente di 15 mila dollari all'anno per soddisfare la dipendenza da caffè della famiglia, e in particolare della fighe. E sarà proprio un francese di nome Gabriel de Clieu che porterà, tra i primi, il chicco magico nel Nuovo Mondo dove la bevanda ha un'accoglienza entusiastica. Però il caffé, con la sua aura di potente stimolatore erotico, quando approda in Inghilterra, invece, si fa una cattiva fama. Essica i fluidi corporali, rende impotenti, è la voce maligna che lo circonda. E, allora, ecco la reazione. In una ] mbblica petizione di sette pagine innata da signore londinesi si sostiene che "i gentiluomini inglesi sono sempre stati i più valenti di tutta la storia della cristianità". Ora, invece, il caffè li ha prosciugati, lasciandoli "con nulla di bagnato ad eccezione dei loro nasi moccolo si". ••. - ■'•-.■,— Nonostante le recriminazioni, però, il successo della corroborante sostanza, non si arresta. Proprio nella patria di Shakespeare, i caffè diventano luoghi dell'esercizio del potere. Trasformandosi, come i Lloyd's Coffeehouse, da posti dove ci si incontra per diporto o per discute re di affari in sedi di alcune società tra. le più potenti del mondo. 0 diventando i veri templi del sapere per artisti e per scienziati, come il Grecian Coffeehouse amato da Isaac Newton o il Wi7Z's Ca^, ritrovo di scrittori come Jonathan Swift e Alexander Pope. Un giovanotto di nome Richard Steel, grande frequentatore di pub e caffè, fa la sua fortuna pubbhcando una compilazione settimanale dei pettegolezzi più interessanti che riesce a orecchiare. E dallo stimolo del caffé fiorisce il moderno giornalismo. Perchè, è la tesi dell'autore del libro, quando una società viene a contatto con questa bevanda esprime le sue energie migliori. Lo sosteneva, pure, il celebre storico Jules Michelet, affermando che là moderna civiltà occidentale è nata dal caffé. Quando. gli illuministi si sono messi davanti a una tazzina di caffè, infatti,, sappiamo bene quello che è successo. Chicche di Caffè