Fini: su Fisco, pensioni e rispetteremo tutti gli impegni

Fini: su Fisco, pensioni e rispetteremo tutti gli impegni ILVICEPREMIER: NON BINUWCEREjyiO A CERCARE IfcaPNSE^ISOHU' AMPIO Fini: su Fisco, pensioni e rispetteremo tutti gli impegni «Copiare la ricetta della Thatcher? Per me c'è solo il modello italiano Dureremo per tutta la legislatura, non perderemo questa occasione» retroscena inviato a PARMA IL governo sa che si gioca la faccia e, sciopero o non sciopero, farà di tutto perché le riforme vengano fatte. Perché o questa volta si fanno per davvero o sì rischia di non farle più». Con poche parole Gianfranco Fini ieri ha conquistato la platea degU imprenditori, difèndendo a spada tratta la linea del centrodestra, respìngendo pagelle affrettate, e offrendo la garanzìa che non ci saranno marce indietro. «Noi, e questa è la scommessa, al di là del giudizio che si dà giorno per giorno, pensiamo dì poter presentare a fine legislatura un bìgUetto da vìsita in cui le tre grandi riforme su fisco, previdenza e mercato del lavoro sono state fatte e in cui U rilancio economico sìa una realtà». I bilanci però, sottolinea, si fanno aUa fine, e non dopo nove mesi: «Abbiamo giurato a giugno e non sì può non tener presente che oltre all' estate e al Natale c'è stato l'I 1 settembre. Guardando a questa fase non giudicateci, come in effetti fa un bravo imprenditore, in base al fatturato, ma fatelo valutando se la linea dì marcia corrisponde al programma o se abbiamo preso un'altra strada». Non ci saranno frenate, secondo Fini, perché ci sono condizioni di stabilità «irrìpetibiU» che vanno colte: «Questo govemo ha la ragionevole convinzione di durare per tutta la legislatura, ha una maggioranza parlamentare sufficientemente ampia da poter ragionevolmente assorbire le dinamiche interne e per poter onorare il programma presentato prima delle elezioni». Il vìcepremier non rinuncia ad auspicare «il più ampio consenso possìbile e il minimo conflitto sociale» ma ci tiene ad aggiungere: «Il govemo non ha timori: ha U diritto dovere dì governare e sulle riforme proseguirà sulla sua strada senza cedere a ricatti dell'opposizione. Noi proce¬ deremo per la nostra strada. Certo sarebbe bello fare le riforme con una larga maggioranza, ma non possiamo certo accettare diktat da chi non ha esitato ad approvare una riforma sul federalismo, a fine legislatura, con soli 4 voti di scarto». Tanto è bastato a Gianfranco Fini per prendere più applausi di tutti e senza bisogno di citare Margaret Thatcher, come ha fatto il suo collega Giulio Tremontì. Sul palco i due hanno interpretato esattamente lo stesso copione, rassicurando gli industriali sulla volontà modemizzatrice della Casa delle libertà. Ma dietro le quinte si potevano cogliere, ancora una volta, le sfumature che li distinguono, che fanno del yicepreimérsi'esponente del centrodestra più convìnto della necessità dì perseguire il dialogo sociale. E se il ministro del Tesoro ha indicato nella "ladiì di ferro" britannica un modulo da eguagliare, Fini la pens&diversamente, tanto che alla citazione scuote il capo e poi' confida: «Per me esìste solo U modello italiano e non esistono sistemi esportabili da un paese all'altro. Tremontì ha fatto solo un esempio, nulla dì più». La differenza tra il thatcherismo e U modello italiano, il leader dì An l'ha spiegata a Tremontì martedì scorso, quando si è presentato al mìnistero per chiedere di dare «sostanza al dialogo sociale», una variabile capace di togliere ostacoU al cammino riformatore. Secondo Fini però, affinché il dialogo non sia una sterile dichiarazione di princìpio ci vogliono gU investimenti, denari da spendere per gli ammortizzatori sociaU, partendo dai sussìdi di disoccupazione e dalla formazione. La differenza era stata colta sul palco daU'ex ministro dell' Industria Pierluigi Bersani, che davanti a tutti ha chiesto a Fini: «Ma allora quel è il vostro criterio: U dialogo o la Thatcher? Perché se guardiamo alle cose fatte siete thatcheriani a fase alterne, basta vedere cosa avete fatto sul pubblico impiego: appena hanno minacciato uno sciopero avete chiuso il contratto con le loro richieste». Sapeva dove colpire Bersani, è stato infatti Fini nei primi giorni del febbraio scorso ad intervenire nella trattativa sindacale e a chiudere dopo una lunga nottata dì trattative U contratto, per U quale Tremontì deve ancora trovare i soldi. Il vicepremier ha evitato la trappola e ha cambiato discorso. Le sue perplessità e le sue richieste preferisce esporle in privato, a SUvio Berlusconi, e non davanti alla platea di Confindustria. Lo ha fatto l'altroieri a Palazzo Chigi, durante l'animata discussione sulle nomine Rai. Non solo delle «eccessive» pretese leghiste su Viale Mazzini sì è lamentato infatti Fini, ma, più generalmente, ha criticato un'eccessiva adesione alle richieste e alle lìnee proposte da Bossi e appoggiate da Tramonti. VogUamo pesare di più nelle scelte strategiche, nelle decisioni sulle riforme e suU'aUocazione delle risorse, ha sottolineato Finì, promettendo di non dare tregua a chi immagina di eguagliare la Thatcher. Gianfranco Fini

Luoghi citati: Parma, Suvio Berlusconi