«Parliamo di Samuele guardandoci negli occhi»

«Parliamo di Samuele guardandoci negli occhi» DELITTO Dl COGNE, PER LA PRIMA PERIZIA E' STATA SCELTA NOVARA «Parliamo di Samuele guardandoci negli occhi» Anna Maria Franzoni è stata ascoltata'per due ore dagli otto psichiatri Elegante l senza esibizioni, si è dimostrata tranquilla: «Intendo collaborare» Sfida della difesa: se condannata, la salute mentale sarebbe un'aggravante reportage Marco Neirotti inviato a NOVARA RISPONDO volentieri. E preferisco che ci guardiamo tutti negli occhi». Bella, calma, gentile, educata e rispettosa, di una perfezione cinematografica, Anna Maria Franzoni, ieri mattina in una biblioteca ovattata e gradevole, ha incontrato i periti psichiatri del gip, i consulenti dell'accusa e quelli della difesa. Aveva più chance davanti a sé: non rispondere così come limitare ai soli esperti d'ufficio il dialogo e tenere gli altri dietro uno di quei a vetri a specchio da film americano o da tg. Invece no. Il collegio si è presentato con educazione da salotto del sabato sera, non ha forzato i passi, ha spiegato che cosa sarebbe avvenuto da quel momento in poi, se lei fosse stata disposta a rispondere. E lei ha scelto. Con un messaggio preciso: non ho disturbi da nascondere, accertatelo, ditelo voi a tutti. Elegante ma senza esibizioni (giaccone scuro come la maglia e i pantaloni), garbata e con lo sguardo dritto in fronte a questo consesso di esperti, è arrivata puntuale alle 11 accompagnata dal marito Stefano Lorenzi sulla medesima station wagon che ancora pochi giorni fa le telecamere inseguivano a Cogne e su e giù per la Valle dopo un rapidissimo ritomo della famiglia. Con il riserbo degli inquirenti e il silenzio dell'avvocato Carlo Federico Grosso, che difende la signora, Novara ha avuto una sorpresa nel ripetersi di rallentamenti in questa via Gnifetti che lambisce il centro storico e, a senso unico, accompagna fuori città. Le auto di otto periti su nove (assente il medico legale Carlo Torre, l'uomo che ha contestato le ricerche del Ris) dovevano entrare nell'androne del numero 8. Un vecchio palazzo, quelli con ancora ai lati i paracarri in pietra per evitare che qualcuno sbrecci i muri. Sono arrivati uno dopo l'altro. Ecco, per il gip, Francesco De Fazio, criminologo anche del mostro di Firenze e con lui Alessandra Luzzago e Francesco Barale. Per il pm il medico legale Francesco Viglino, il professor Ugo Pomari, che insegna la psichiatria forense agli studenti di Torino e Massimo Picozzi, il criminologo che già ha collaborato con la procura. Per la difesa Filippo Bogetto, direttore della clinica psichiatrica dell'Università di Torino, e Giancarlo Nivoli, dell'ateneo di Sassari, che ha appena dedicato uno studio alle madri che uccidono. Perché proprio a Novara? Perché tutti a stringere le macchine in questo angusto cortile che, oltre una cancellata intema in ferro battuto si apre verso una curiosa costruzione in mattoni rossi, ex fabbrica di certo, con un'antica insegna e una porta d'alluminio? La spiegazione è nella scritta che, salendo tre gradini, leggono gli specialisti così come Anna Maria e suo marito: «Università del Piemonte orientale Antonio Avogadro. Centro clinico di Orientamento e Studi psicologici. Direttore professor Eugenio Torre». E' la scuola di specializzazione dell'Università novarese. Ed è appartata, è fuori dal circuito delle ipotesi di cacciatori di immagini e notizie. Tant'è che poi il professor Filippo Bogetto ha liquidato così la faccenda: «C'erano molti luoghi idonei. E' stato scelto questo perché presenta tutti i requisiti tecnici necessari, in particolare quelli legati all'esi- genza di serenità e tranquillità, data la delicatezza, che riguardano anche l'ingerenza dei mass media». Non c'era l'assalto dei mass media. C'era questo arrivo alla spicciolata. Il professor Pomari ha sorriso e non ha voluto dichiarare nulla, così gli altri. Viglino in testa. Il professor De Fazio ha difeso la categoria dei fumatori dai troppi divieti che lo hanno costretto a uscire un attimo durante l'incontro. Divieti inevitabili. Giacché l'incontro si è svolto non in ambienti da Inquisizione o thriller tv, bensì in una biblioteca, intorno a un tavolo ovale. I periti d'ufficio più a portata di sguardo e voce da Anna Maria calma e sorridente, e poi gli altri. Impatto importante : non un colle'gio che siede di fronte a una persona sola, ma un dibattito, piuttosto un discorso, soprattutto un dialogo. Da avviare e proseguire. E lei ha detto: «Per me va benissimo». Ambiente rigoroso e rigorosa la prassi, con gli esperti delle diverse parti in sintonia, senza scontri o separazioni. Anna Maria si è presentata serena, sguardo diritto. Il marito ha subito accettato le regole: queste prime parole, che non sono disfide, si svolgono con soltanto il «periziando» davanti a chi - sempreché questi lo voglia e lei ha accettato - sarà sottoposto a un giudizio medico e non di colpevolezza. Su questo punto Ugo Pomari è netto: ((Noi facciamo i medici e non gli inquirenti. Si parte dalla clinica e il ruolo di chi acconsente o no all'incontro è fondamentale». Stefano Lorenzi ha atteso fuori, con pazienza. Anna Maria Franzoni, per due ore, si è trovata da sola davanti a questi otto signori. Pacata, attenta alle domande, con gli occhi ben fissi verso l'interlocutore e attenzione a tutti i presenti. Le hanno prospettato l'opportunità di usufruire di una struttura dove, sel'avesse voluto, siriducevailnumero delle persone al tavolo. Ha detto di no. Ha detto di essere disposta, di voler collaborare. Ha chiesto a loro, insomma, cioè a tutto il collegio del quale conosceva la composizione e i ruoli (dall'accusa alla difesa), di dire a tutti che lei sta bene. Perché una perizia negativa non sarebbe mai prova giudiziaria, ma sarebbe comunque un sospetto lugubre e che non ti scrolli più. Una perizia che la conferma sana di mente al momento del fatto sarebbe disastrosa se una prova forte la inchiodasse: non ripeti la perizia, sconti tutto. E' una sfida forte della difesa. Due ore. Un rapporto d'inizio, formale, legato a procedure e legato soprattutto alla conoscenza reciproca. Sono usciti uno dopo l'altro i periti e i consulenti, da un cancello in ferro battuto aperto da un telecomando. E sono usciti i Lorenzi. In quella sala con i libri e il tavolo ovale è rimasto un calendario, cioè un appuntamento che avrà molte tappe e la speranza di risposte di scienza della mente accanto a quelle della scienza del diritto. Non un collegio giudicante ma solo un dibattito I periti: «Noi facciamo i medici, non gli inquirenti» La sede dell'Università piemontesea Novara dove Anna Maria Franzoni ha incontratogli psichiatri

Luoghi citati: Cogne, Firenze, Novara, Sassari, Torino