Minacce e accuse, a Cogne ritornano ì veleni di E. M.

Minacce e accuse, a Cogne ritornano ì veleni I CONIUGI ENRIETTl SUBITO DOPO ILPEUTTOINDICARONO NE» VICINI PEI POSStBlU SOSPETTI Minacce e accuse, a Cogne ritornano ì veleni Gli amici dei Lorenzi dai carabinieri: riceviamo lettere e telefonate anonime retroscena COGNE ARSIAMO bevuto un caffé con i carabinieri». Un'ora e mezza di caffé per i coniugi Paola Croci e Alberto Enrietti, amici di Anna Maria e Stefano Lorenzi. Un pomeriggio nella stazione di Cogne per raccontare che a casa e al loro distribuotre di benzina all'inizio del paese arrivano lettere di minaccia. «Caffé» senza zucchero, come amara è l'atmo¬ sfera di Cogne. Veleni cominciati oltre un mese fa. L'11 e il 12 marzo, alla vigiha dell'arresto di Anna Maria per l'omicidio del piccolo Samuele, i coniugi Enrietti sono entrati nella stessa stazione dei carabinieri, ma per un'altra «causa». Non per denunciare un loro malessere, ima loro paura, ma per far scrivere in un verbale che la loro amica Anna Maria era innocente, altri potevano essere i responsabili dell'orrendo crimine a casa Lorenzi, frazione Montroz. A distanza di un mese quella loro denuncia - hanno detto ai militari - si è tradotta in una sorta di persecuzione: non soltanto lettere, ma anche telefonate. I militari hanno ascoltato, fatto domande, ma non spiegano i dettagli. Faranno un'indagine anche su queste minacce, un capitolo in più di una vicenda che ha contomi inquietanti con tentativi di depistaggi. Fra le pagine più citate dell'ordinanza del giudice delle indagini preliminari Fabrizio Gandini vi è la numero 61 in cui si parla, anche se non in modo approfondito, proprio di quanto accadde a Cogne l'il e il 12 marzo. Il primo giorno Paola Croci andò dai carabinieri per dire di ipotesi alternative e getta¬ re sospetti sui vicini dei Lorenzi, i coniugi Oraziana Blanc e Carlo Ferratone e i cognati Ulisse Guichardaz e Daniela Ferrod. La stessa cosa fece il giorno successivo il marito Alberto Enrietti. Scrive il gip: «Vengono prospettati ipotetici moventi, che avrebbero potuto determinare e giustificare la commissione del reato. Tuttavia non vengono allegati concreti elementi di fatto, suscettibili di verifica e di riscontro». Sia i Ferratone sia Daniela e Ulisse si sono rivolti all'avvocato Claudio Soro di Aosta perché si sono sentiti calunniati e diffamati. «Un inferno», dice il loro lega¬ le. Vita ancora più compheata, dopo quanto accaduto e dopo tutti i controlli fatti dai carabinieri che hanno controllato l'alibi di ognuno di essi. Quattro persone che rientrano, per le famiglie Lorenzi e Franzoni e i loro amici, nelle «piste alternative», quelle che gli inquirenti non avrebbero analizzato a fondo. I Ferratone hanno alibi inattaccabili: riscontri incrociati e non soltanto di telefonate, ma di testimonianze. L'alibi di Daniela Ferrod è una telefonata ricevuta dal marito alle 8.10 sul cellulare. Era in casa con i due bimbi. Daniela abita nella casa più vici¬ na a quella dei Lorenzi e la mattina del delitto è stata la prima ad arrivare nella stanza dove è stato aggredito Samuele. E' stata Anna Maria a chiamarla gridando. E proprio la mamma di Samuele dirà nei primi colloqui: «Quando entrò nella camera mi disse: ma che cosa hai fatto?». E racconterà di come erano amiche, ma anche di come in realtà non le piacesse molto perché «spiava in casa». La procura non ha dubbi: «Abbiamo approfondito ogni aspetto, anche l'eventuale disturbo mentale. Tutto negativo, nessun riscontro. Scantinato, garage e ingresso della casa di Daniela Ferrod sono stati perquisiti subito dal Ris, poi c'è stato un approfondimento anche col luminol per verificare se ci fossero tracce di sangue. Nulla. Non c'è alcun movente né una patologia tale da spiegare una condotta dissennata. Daniela non c'entra nulla con il delitto». [e. m.]

Luoghi citati: Aosta, Cogne