MARIO PRAZ com'è bizzarra la bellezza di Masolino D'amico

MARIO PRAZ com'è bizzarra la bellezza MARIO PRAZ com'è bizzarra la bellezza IL RITRATTO Masolino d'Amico M ARIO Praz, la cui bibliografia è sterminata, non scrisse quasi mai dei libri organici, ma raccolse pezzi brevi, nati per occasioni diverse; questo è vero anche per i suoi due volumi più famosi. La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, capricciosa rassegna di tendenze morbose in scrittori europei più o meno precedenti il Decadentismo, e La casa della vita, autobiografia mascherata da minuzioso inventario dei pezzi di antiquariato componenti il singolarissimo arredamento della sua abitazione. Quasi tutte le sue altre raccolte di saggi hanno in comune solo un vago argomento, che può essere la poesia barocca d'Oltremanica, itinerari nella città di Roma, il neoclassicismo, le affinità tra le arti, ecc. Il suo metodo, derivato, come dichiarò egli stesso, dagli essays di Charles Lamb, è sempre stato l'assenza di metodo: ossia la semplice descrizione di un oggetto (un luogo, un'opera d'arte, un autore, un concetto) commentata con richiami erudi- ti e associazioni talvolta audaci e persino bizzarre, in tono di chiacchierata erudita. Il suo stile, una volta smaltita una giovanile, breve intossicazione dannunziana, è sempre stato semplice, arguto, leggero. Meno ovvio, l'anticipo con cui si occupò di tante zone della cultura prima che venissero rivalutate. T.S. Eliot gli invidiò le idee espresse per primo a proposito dei poeti metafisici inglesi; Hugh Honour gli si rivolse reverente quando organizzò la prima grande mostra dedicata allo Stile Impero; preraffaellitismo e Biedermeier diventarono anche da noi movimenti rispettabili decenni dopo che lui li aveva frequentati. Grazie alla sua insaziabile curiosità, Praz precorse Aby Warburg, Ernst Gombrich e Federico Zeri nel suo interrogare e apprezzare il gusto di ogni periodo: per lui lo scopo della critica della letteratura e dell'arte non era «la scoperta di una verità assoluta, ma la rassegna degli svariati aspetti che l'idea della bellezza ha assunto attraverso le età». E amò ripetere che un'epoca si capisce al meglio nei suoi esponenti minori, negli artigiani e nei mestieranti più che nei geni, donde il suo deliziato, inesauribile interesse per le manifestazioni umili, o così ritenute una volta. Oggi naturalmente il collezionismo ha affibbiato a ogni cosa un'etichetta con sopra un prezzo salato, ma per decenni il dedicarsi di Praz magari a un ricamo a piccolo punto o a un bottone di divisa napoleonica sembrò a tanti non più che una eccentricità. Praz peraltro non era un dilettante. Sapeva tutto, e tutto ricordava: sia il moltissimo che aveva letto (eppure si autodefiniva un lettore lento), sia il moltissimo che aveva visto. E quante cose rintracciava dentro un libro o dentro una pitturai Scoprì, quasi per primo, quell'incantevole e oggi valorizzatissimo genere che è la pittura di intemi, e mise a confronto gli arredamenti riportati in.acquerelli e dipinti con quelli immaginati dai romanzieri contemporanei - vedi l'introduzione alla Filosofia dell'arre- demento, un accumulo di tali documenti spiritosamente commentato, con un crescendo di citazioni che rasenta la follia. Dai maestri inglesi Praz imparò a cercare la chiarezza e la leggibilità, e benché il suo stile fosse poco apprezzato dalla critica italiana dei tempi in cui tra gli scrittori considerati poco degni di tale nome erano Svevo, Pirandello, Silone, è raro imbattersi in una sua pagina che, per quanto poco familiare possa essere il soggetto, non invogli a passare alla successiva. Raro e, direi, quasi impossibile nel Meridiano che Andrea Cane ha amorosamente curato, e Giorgio Ficara introdotto {Bellezza e bizzarria - saggi scelti, pp. LXXVI-l-1786,e49). Perché qui è stato applicato un criterio antologico analogo a quello di solito seguito dallo stesso Praz, nell'offrire non libri interi, ma una scelta di buona parte del meglio di quello che egli produsse. Abbiamo così circa centocinquanta saggi, raggruppati sotto cinque argomenti principali: «Universo barocco», «Inglesi in Italia - Italiani in Inghilterra», «Romantici, Vittoriani, Decadenti e piccolo museo dannunziano», «Le arti sorel¬ le», «Il prazzesco». Relativamente, dunque, poca letteratura mglese - la sua specializzazione ufficiale - ma molto di tutto il resto. L'aggettivo "prazzesco", coniato dagli ammiratori anglosassoni del Professore, definisce quella sua caratteristica specializzazione nel vagamente stravagante, pittoresco, insolito, talvolta con una piccola punta di sinistro, comportante segnalazioni di bambole di cera, citazioni di testi poco frequentati, esplorazioni di piccoli luoghi misteriosi, pellegrinaggi in luoghi esotici dall'aura ancora inquietante. «Le arti sorelle» illustra una delle specialità di Praz nonché uno dei suoi motivi ricorrenti, quel mettere in rapporto gli occhi con gli orecchi, il visivo con l'affabulazione, dei vari periodi. Sono due dei tratti principali di un causeur estraneo a ogni sistema, indifferente alle mode accademiche, semplice empirista armato solo della sua sapientissima insaziabilità. Ed è anche grazie al suo non seguire metodologie preconcette che Praz rimane uomo per tutte le stagioni, invariabilmente piacevolissimo da ascoltare, talvolta come narratore puro (basterebbe il pezzo sulla morte di Winckelmann). Trovata la sua voce, non vide la necessità di cambiarla, e brani degli Anni Trenta poterono essere tranquillamente incorporati in scritti di tre o quattro decenni dopo. In questo grosso Meridiano sono evocati brevemente quanto incisivamente centinaia di personaggi di ogni dimensione, da Machiavelli a Norman Douglas, da Dante a Swinbume, dal Guercino a Bume-Jones, da Pope a Piazza Navona, da Caravaggio e D'Annunzio e Peacock a Piranesi e Milton a innumerevoli minori e minimi, con infinite divagazioni sempre affascinanti. La nostra epoca di specialisti conosce pochi esempi di un eclettismo così brillante e allo stesso tempo così solido; e pochi tomi di critica usciti negli ultimi decenni riescono così infallibilmente a appassionarci a tante cose che non si sanno più. UNA SCELTA D! PROSE DELL'ANGUSTA CHE ESPLORO' I PIÙ' SVARIATI CAMPI DELLA CULTURA. IL SUO METODO È L'ASSENZA Di METODO: LA DESCRIZIONE Di UN OGGETTO CON ERUDITI RICHIAMI E ASSOCIAZIONI TALVOLTA AUDACI PRECORSE WARBURG, GOMBRICH E ZERI NEI SUO INTERROGARE E APPREZZARE IL GUSTO Dì OGNI PERIODO NEI SUOI SCRITTI SONO EVOCATI CENTINAIA DI PERSONAGGI Dì OGNI DIMENSIONE, DA MACHIAVELLI A NORMAN DOUGLAS, DA DANTE A SWINBURNE, DAL GUERCINO A BURNE-JONES, DA POPE A PIAZZA NAVONA Qui sotto e a destra due stanze di Palazzo Primoli dove il critico Mario Praz visse i suoi ultimi anni, come raccontò in «La casa della vita» edito da Adelphl, autobiografia mascherata da minuzioso inventario dei pezzi di antiquariato componenti l'arredamento della sua abitazione Mario Praz (1896 -1982): Il «suo» Meridiano è a cura di Andrea Cane

Luoghi citati: Caravaggio, Inghilterra, Italia, Piranesi, Roma, Zeri