Malet, unico indizio e mutandine nere di Bruno Ventavoli

Malet, unico indizio e mutandine nere DUE INDAGINI DEI «MISTERI DI PARIGI» SCRITTE DAL MAESTRO DEL GIALLO FRANCESE Malet, unico indizio e mutandine nere Bruno Ventavoli NESSUN mestiere è futile. E nessun essere umano è semplice come appare. Nel suo cuore s'annidano crimini e veleni, che sarebbe megUo non scrutare. Ma Nestor Burina, armato d'una personale idea di giustizia, in quel crogiuolo di passioni inconfessabili ci sguazza caparbio, per portare alla luce verità amare (il nome della sua agenzia d'investigazioni è, programmaticamente. Fiat Lux). I «poulet» - che significa «poliziotto» ma anche «pollo» - e i magistrati s'accontentano di comode verità burocratiche. Lui, invece, si mette in gioco. S'imbatte nell'amore e nella morte. Scommette i propri sentimenti, certezze, ideali, per risolvere i crimini che feriscono la città. E come il paleontologo Cuvier sapeva ricostruire gli scheletri di bestie preistoriche a partire da un semplice osso, torchia infingardi o fiuta a indizi eterodossi, in un paio di mutandine nere orlate di pizzo o in un orsacchiotto di peluche. Creato nel 1943 (con 120, Rite de la Gare) dallo scrittore Leo Malet, parente duro dei colleghi americani dell'hard boiled, antagonista del più pacioso Maigret, Nestor Burma è uno dei detective più celebri del giallo francese. Punto di riferimento amato e incontrastato del «polar» contemporaneo duro, rabbioso, spietato. Protagonista di una trentina di romanzi. E di ima serie nella serie, «I nuovi misteri di Parigi», scritta tra il '54 e il '59, dove ogni caso (15 in tutto) è ambientato in un arrondissement della capitale francese. L'editore Fazi ne propone ora due, in bella traduzione italiana, Nebbia sul Ponte di Tolbiac e Febbre nel Marais. La prima inchiesta - di struggente malinconia - è ambientata nel XIII distretto, lurido, intriso di miserie e ideali. Parte da un vecchio anarchico che se ne va al creatore prima di poter due ciò che vuole, si srotola negli ambienti dei «compagni», non più idealisti come una volta, palpita per una zingara bella, fràgile, sensuale. Il secondo caso, collocato nel quartiere del Marais, debutta con un ripugnante usuraio, massacrato nella sua casa, trovato cadavere con ima traccia di rossetto in viso. E guizza nelle brume perbeniste dei borghesi, dove tutto è in vendita. Anche l'onore e l'amore. Leo Malet nato nel 1909 a Montpellier e morto a Parigi nel '96 è stato un fantasioso pohgrafo, capace di cimentarsi in ogni genere di scrittura sotto svariati pseudonimi. Rimasto orfano giovanissimo, viene allevato da un nonno bizzarro. Fiancheggia gli ideali dell'anarchia. E debutta come artista nel cabaret della «Vache Enragée». Fa il commesso, l'impiegato di banca, l'opera¬ io, il magazziniere da Hachette, lo strillone, la comparsa nei film sceneggiati dall'amico Prévert. NegU anni trenta s'affilia ai surrealisti, frequenta Breton, Dali, Tanguy. E scrive poesie che urlano in faccia al mondo. Poi viene espulso dal movimento, perché troppo appassionato di «pedagogia poliziesca». Apartùe dal '41 si dedica al poliziesco, coniando una versione originalmente francese del giallo americano, appostato dietro i nomi di Frank Harding, Leo Latimer, Louis Refreger, Omer Refreger, Lionel Doucet, Jean de Selneuves, John Silver Lee.. . I suoi personaggi più amati sono il reporter Johnny Metal e l'investigatore Nestor Burma. Quest'ultimo si chiama come un famoso gioielhere. Ma non crede che la metropoli sia una vetrina di pietre preziose. Anzi. E' una giungla d'asfalto d'orribili segreti e squallidi tradimenti. Non ha mai un soldo in tasca. Sbraita, beve, fuma la pipa, non ha pregiu¬ dizi d'alcun genere, tantomeno razziali. E' stato anarchico in gioventù, e crescendo ha smeri, jliato gli ideah rivoluzionari con a malinconia del realismo. S'appoggia ai servigi d'una segretaria sempre in arretrato col salario, d'un segugio fedele e scaltro, d'un cronista di giornali. Guida una Dugat 12, legge France-Soir, Paris-Presse, Le Crépuscule. E' canaglia e romantico al tempo stesso. S'invaghisce di fanciulle dal volto zingaro e di bionde rampolle della borghesia che usano il corpo come un'arma. Si. prende botte e accusa delusioni. Non muove un dito per salvare i mascalzoni. E crede, in fondo, che la vendetta sia lecita, nonostante scavalchi i limiti imposti dal codice penale. Nella sua originale esplorazione dei «misteri di Parigi», BurmaMalet è disincantato e spietato. I Baedeker magnificano la grandeur della capitale. Ma ogni statua, ogni edificio, dietro la superbia rivela radici miserabili. I palazzi del Marais, per esempio, sono frutto delle malversazioni di antichi gabellieri o degli investimenti di evasori fiscali. E gli uomini un tempo camminavano per quelle vie con panciotti d'acciaio occultati sotto il farsetto. Insomma, la città e gli esseri umani hanno segreti poco edificanti. Artisti di circo, delinquenti dichiarati, benpensanti avidi, ex rivoluzionari, puttanieri, industriali, ragazze... Tutti i personaggi sono un po' colpevoli. Ognuno è vittima e carnefice al tempo stesso. E Leo Malet si diverte a fracassare alibi e apparenze. Svelando l'eterna gùandola umana, mossa dall'avidità, dal sesso, dall'ambizione. Con la stessa algida perfidia d'un altro ex surrealista, Luis Bunuel, che scorticava le virtù borghesi per mettere a nudo l'ipocrisia cannibale. Mettendo in crisi le certezze di quella Francia postbellica che ha rimosso Vichy, prima del puntiglio scandaloso degli studiosi revisionisti. La generazione uscita dal conflitto «forse non è maledetta, ma quasi». Perché è figlia di «quella porcheria sanguinosa chiamata guerra, figha dell'occupazione e delle occupazioni delittuose, figlia della Liberazione e della liberazione delle fesserie». Lo scrittore francese Leo Malet. A destra. Usuo detective, Nestor Burma, disegnato nella versione a fumetti da Jacques Tardi. Malet scrisse quindici gialli ambientati in altrettanti quartieri parigini: l'editore Fazi, per la prima volta, ne traduce due in italiano

Luoghi citati: Francia, Parigi