Prodi: «Uè e Stati Uniti Piano di pace comune»

Prodi: «Uè e Stati Uniti Piano di pace comune» DOPO DUE COLLOQUI TELEFONICI CON I LEADER IN GUERRA Prodi: «Uè e Stati Uniti Piano di pace comune» Dal presidente della Commissione appello per il cessate il fuoco «Serve un tavolo globale» con Lega araba, Israele, Anp e Russia Solana: fermare le armi, il Raiss resta un interlocutore legittimo Jacopo lacoboni Subito cessate il fuoco e ritiro delle truppe, per fermare «una situazione drammatica prima che superi la linea di non ritomo». Quindi un «tavolo per discutere un piano globale di pace per l'intero Medio Oriente», promosso dall'«impegno» di Unione europea «assieme» agli Stati Uniti e formato, assieme a loro, da Lega Araba, Israele, Autorità palestinese e Russia. Manca un quarto d'ora alle otto di sera e Romano Prodi, «angosciato», ha appena finito di mettere a punto con il suo staff il documento che raccoghe l'appello lanciato da Javier Solana in mattinata, e propone una possibile via d'azione politica e diplomatica. Negli stessi minuti 0 ministro degli Esteri spagnolo Piqué sta chiedendo il ritiro immediato delle truppe da Ramallah. È stata una giornata frenetica, quella del presidente della Commissione: lontano da Bruxelles per le vacanze pasquali con la famiglia, Prodi ha passato buona parte della mattinata e del pomeriggio al telefono. Ha sentito politici e diplomatici partendo da Javier Solana, l'Alto rappresentante Uè per la politica e la sicurezza comune. È rimasto in contatto costante con l'inviato di Bruxelles in Medio Oriente, Miguel Angel Moratinos e, attraverso di lui, con il mediatore americano, Anthony Zinni. Ha chiamato il premier isreliano Sharon, il ministro degh Esteri Shimon Peres e il leader assediato a Ramallah, Yasser Arafat. In tutte le telefonate, racconta uno dei suoi collaboratori, ha ascoltato molto. Come se avesse le idee chiare ma volesse farsi un quadro il più preciso possibile della situazione sullo scacchiere, prima di intervenire. Già in mattinata, Solana gli ha illustrato il suo punto di vista sull'evoluzione, strategica e diplomatica, della crisi. «Non si risolve il conflitto israelo-palestinese con l'azione militare», ha ripetuto a Prodi Solana. Poi gli ha nferito di aver chiesto a entrambi i contendenti di deporre le armi. E ha fatto notare anche al presidente della Commissione europea una circostanza che persino in un frangente disperato potrebbe suonare incoraggiante: al vertice dei paesi arabi a Beirut, più o meno nelle stesse ore dell'escalation del conflitto, è stato adottato il piano di pace saudita. Potrebbe essere un viatico possibile per cercare una soluzione al groviglio nei Territori? Prodi, su questo, non s'è sbilanciato. Ha preso nota. Ha assicurato che si sarebbe impegnato personalmente per «sbloccare» l'empasse. Ed è ripartito da quello che, dicono dal suo entourage, è un autentico punto fermo, cioè che «occorre tornare a sedersi al tavolo» altrimenti nessuna iniziativa è praticabile. Neanche gli Stati Uniti, da soli, ce la fanno. Come uscirne, allora? Il quadro che si è presentato al presidente della Commissione Uè dopo le telefonate era questo: parlando dal bunker, Arafat gh ha quasi gridato «un messaggio disperato». ((Agite insieme - ha invocato - fate tutto il possibile, fate che tutti sappiano che si vuole soffocare l'Autorità palestinese nel momento in cui aveva approvato la proposta di pace saudita». Il leader dell'Anp ha concluso mettendo in guardia contro «le drammatiche, possibili conseguenze di una situazione ormai fuori ogni controllo». 1 Prodi si è allarmato. Ha chiesto di parlare con Sharon, ma la telefonata non l'ha rassicurato. ((Accettino le condizioni di Zinni per riprendere dialogo», gh ha fatto sapere il premier israeliano. «Sono condizioni attuabili anche dal bunker». Nel frattempo, Moratinos lo teneva informato sullo stallo della mediazione di Zinni, e sul possibile arrivo nella notte, in Israele, del segretario di Stato americano Colin Powell. Notizie che hanno rafforzato l'idea di partenza del presidente della Commissione: l'Ue può avere un ruolo determinante, se agisce accanto a Washington. Di qui la richiesta di «un nuovo impegno comune con gh Usa». E la scelta di non sovraccaricare il suo intervento con riferimenti adpersonam, Arafat oppure Sharon, per non affossare un dialogo che, ieri notte, non ne aveva proprio bisogno. Poliziotti israeliani impegnati ieri a Gerusalemme