Ghardaia: la grotta dove lo sceicco trovò l'amore

Ghardaia: la grotta dove lo sceicco trovò l'amore TRA PALMETI E DESERTO, NEL CUORE ALGERINO DELLA PENTAPOLI MZABITA Ghardaia: la grotta dove lo sceicco trovò l'amore REPORTAGE Marco Aimef UNA crosta rossastra interrotta di tanto in tanto da qualche altura appiattita dal vento. Questo è il paesaggio che accompagna la strada che corre verso Sud, dopo aver lasciato la modema città di Quargla, i suoi tralicci e le sue lingue di fuoco. Ad arrossare il tramonto qui non è solo il sole del Sahara, ma anche le fiamme dei pozzi petroliferi. Pochi arbusti, resi quasi grigi dalla sabbia, spezzano la sfumatura rosa della terra. Annunciata dall'intensificarsi dei camion che sembrano riprendere fiato dopo i ripidi tornanti della salita, sulla destra si apre la valle dello M'zab. Sul fondo della spaccatura orlata di pietre rosa si stende un fitto palmeto. In mezzo, arroccate su una collinetta, le case di Ghardaia, il centro più grande della pentapoli mzabita. Fu in questa vallata che vennero a rifugiarsi i Kharigiti ("fuoriusciti"), un gruppo di religiosi scismatici che a partire da Ali, genero di Maometto, rifiutarono la logica dell'elezione dinastica al ruolo di Califfo, reclamando insieme pari opportunità per tutti ed anche un estremo rigore nell'osservanza dei dettami religiosi. Per questi islamici riformisti iniziò così una storia fatta di persecuzioni e continue migrazioni attraverso tutto il Maghreb. Storia che terminò poco dopo il Mille con la sedentarizzazione delle due ùltime comunità berbere kahrigite residue: quella di Djerba in Tunisia, e quella dello M'zab in Algeria. Nel 1011 viene fondata El Atteuf, "il tomante", la prima città della pentapoli, su una collinetta in un'ansa dell'oued M'zab. Con l'aumento della popolazione nacquero altre città. Videro così la luce Bou Noura, "la luminosa", nel 1048. Beni Isguen, 'la pia", e Mélika, 'la regina", nel 1050. Ed infine, nel 1053, Ghardaia, 'la grotta di Daya". Ad accompagnarci nella parte più antica di Ghardaia è Adjar, un anziano commerciante che si diletta a fare la guida per i turisti. Saliamo per le strette viuzze che si inerpicano sulla collina. Le strade sono tutte lastricate in pietra. Pulite e ordinate. "Vedete questa casa? E' del 1500, l'ho affittata io perché si possa visitarla" dice Adjar dietro ai suoi occhiali spessi che gli ingigantiscono gli occhi. Con una chiave enorme apre un vecchio portone di legno. Il cortile della casa è aperto in altro. Nelle spesse pareti di argilla sono state ricavate numerose nicchie di forma diversa che fungevano da mobili, scaffali, dispense e ripostigli. Praticità e comodità. Tutto sembra semplice in queste vecchie stanze. La sensazione è quanto mai gradevole. Si sente il gusto del vivere bene che doveva animare la famiglia che la abitava. Dalla terrazza in alto ci si affaccia sul vicolo. Tutte le finestre sono protette da uno schermo che una volta era in paglia e oggi di plastica ondulata. Per proteggere la privacy, dice la guida. "Qui tutti hanno due case, una in città per l'inverno e l'altra nel palmeto, per la stagione calda". Ci reimmettiamo nei vicoli fino a una piazzetta dove un tempo si teneva il mercato. E' molto piccola. Una volta la città finiva qui. Al centro un pozzo protetto da una griglia: "Qui, grazie a Dio, abbiamo cinque tipi di acqua, tutta dolce e potabile". Anche le guide turistiche consigliano a chi attraversa il Sahara di fare scorta d'acqua a Ghardaia perché dopo sarà difficile trovarne di buona. Sino al 1990 sopra i rubinetti campeggiava un bel cartello con su scritte in arabo tutte le norme che regolano l'accesso all'acqua: priori- tà ai vecchi, alle persone con un solo recipiente e così via. Poi più nulla. Saliamo verso la cima della collina. Il succedersi di vie strette e piazzette ricorda certi paesi della Liguria. Nella prospettiva stretta del vicolo stenta ad emei-gere la sagoma rossastra del minareto. "Non è rettangolare, come quelli dei musulmani". Infatti è a piramide tronca, tutto in argilla rossa. Sulla cima si intravedono le forme arrotondate di cinque "dita" che rappresentano i cinque fondamenti dell'Islam: la fede, la preghiera, la carità, il digiuno e il pellegrinaggio alla Mecca. "Qui tutto viene deciso dal consiglio della moschea. Se c'è una disputa è lì che si va a discutere". I M'zabiti sono considerati i calvinisti dell'Islam. Religione, famiglia e lavoro costituiscono il loro credo e condizionano tutto il loro agire. La loro osservanza religiosa è totale ed incondizionata, sia negli atti formali delle preghiere che nel metodo di vita. Niente ostentazioni di lusso, massima salvaguardia dell'integrità morale, totale dedizione ai compiti affidati dal Signore. Scendiamo lungo i vicoli che si fanno via via più affollati fino alla piazza del mercato. In estate si arriva a 50 gradi. Per questo la gente ha una casa anche nel palmeto. Il fondovalle è ora secco, ma i solidi ponti che lo attraversano indicano che nei rari casi si pioggia le piene invadono lo oued. Un commerciante ci invita a casa sua. Ha "alcuni" negozi di elettrodomestici. Fa parte di quell'imprenditoria moabita che rende unica Ghardaia. Gas e petrolio hanno creato un'economia di indotto che ha permesso a molti di anicchirsi. Entriamo nel bel cortile all'ombra di piante di aranci e di palme. Per terra hanno preparato i tappeti e un basso tavolino per il pranzo. L'uomo entra in casa e ne esce con un grande vassoio di metallo decorato. Sopra un ricco couscous, arachidi e arance. Si sta bene nel fresco del palmeto dominato dall'azzurro grigio del cielo, reso opaco dalla sabbia che il vento solleva. "Il tè lo volete qui oppure in sala?". Dal tono si capisce che vuole mostrarci la casa. La sala è ricoperta di tappeti. Alle pareti quadretti di montagne, fiori, paesaggi alpini presi forse da un calendario e inseriti in comici di plastica dorata. Ma ciò che l'uomo voleva mostrare è la televisione digitale che domina un angolo della stanza. Ci mostra la scheda per poter accedere ai vari canali. Sotto la Tv un videoregistratore, di fianco un hi-fi e sul tavolino accanto un telefono cordless con segreteria. Immersa in tanta tecnologia una foto in bianco e nero di un uomo in costume tradizionale con un grosso turbante. "E' mio padre" - dice quando si accolse che guardo la foto. Intanto arriva il tè con le arachidi. Mentre sgranocchiamo l'uomo ci mostra tutti i canali che riesce a captare. "C'è anche RAI 1 " dice contento mentre appare il programma italiano. Sta per iniziare il telegiornale e fa piacere avere notizie dopo una decina di giorni di astinenza. "Ora però c'è Arabella" dice, deciso e seleziona un canale tedesco. La presentatrice è una ragazza mulatta dal volto espressivo e allegro. I concorrenti ragazzi giovani e un po' imbarazzati. Sullo sfondo azzurro dello studio il nome Arabella spicca enorme in una sfumatura dì blu più scuro. L'uomo si è dimenticato di noi e fissa in silenzio lo schermo. Si volta solo per sottolineare ancora come si vede bene la TV digitale. Fuori, sotto la finestra, nel fresco morbido del palmeto, passano, belando, alcune pecore. TUTTI HANNO DUE CASE: UNA IN CITTA PER L'INVERNO, L'ALTRA NEL PALMETO PER L'ESTATE. «GRAZIE A DIO, ABBIAMO CINQUE TIPI D'ACQUA: SE ANDATE NEL SAHARA L'ULTIMA FONTE E' QUI» Qui si rifugiarono i Kharigiti, religiosi scismatici che, a partire da Ali genero di Maometto, rifiutarono la logica dell'elezione dinastica del Califfo. Iniziò così una storia di persecuzioni e di migrazioni attraverso il Maghreb terminata solo dopo il Mille in questa valle e a Djerba in Tunisia

Luoghi citati: Algeria, Fonte, Liguria, Maghreb, Tunisia