Crepe a Downing St. BLAIR

Crepe a Downing St. BLAIR Crepe a Downing St. BLAIR analisi Paolo Passarìni corrispondente da LONDRA TUTTO, si sa, prima o poi finisce. Ma certamente la fascinazione degli inglesi per Tony Blair sembra avviata ad evaporare prima del previsto. Non che fossero mancati nei mesi scorsi dei segnali premonitori, che anzi erano stati numerosi. Tuttavia solo ieri un sondaggio giudicato molto serio e attendibile ha segnalato per la prima volta che la maggioranza degli inglesi è stanca di Blair e vorrebbe lasciasse il posto di primo ministro a qualcun altro. Insomma, a cinque anni dalla più schiacciante vittoria elettorale dal 1832 e a solo un anno dall'impresa storica per un premier laburista di ottenere un secondo mandato consecutivo, Blair scopre di essere una delusione per il suo partito e il suo popolo, che sembrano aver consolidato su di lui un irrevocabile giudizio di inconsistenza. Il sondaggio «online» realizzato nei giorni scorsi da «YouGov», che aveva anticipato accuratamente l'esito delle ultime elezioni, rileva delle tendenze di opinione piuttosto nette. Il 540Zo degli interpellati ha detto che Blair è stato «una delusione». La delusione appare ovviamente maggiore tra gli elettori conservatori e liberaldemocratici, ma contamina un abbondante terzo degli stessi elettori laburisti. Solo il 210Zo degli interpellati ha giudicato la prestazione di Blair superiore alle aspettative. C'è di più. Richiesti di esprimere un'opinione su quanto tempo Blair dovrebbe ancora rimanere in carica, gli intervistati hanno risposto, per il 20^0, che il leader del New Labour dovrebbe cedere subito il posto a qualcun altro e, per il 43^0, che dovrebbe lasciare a fine legislatura. In altri termini, ben il 6307o degli interpellati ritiene che il grande Blair, l'uomo che sembrava conquistare tutti con il suo sorriso e l'aria da bravo ragazzo, colui che, dopo l'il settembre, appariva un leader mondiale capace anche di oscurare George Bush, non si deve più candidare alla guida del paese: grazie, abbiamo già dato, si accomodi pure a casa. E suona sicuramente come un assordante campanello di allarme per Blair il fatto che, tra coloro convinti che se ne dovrebbe andare prima delle prossime elezioni, il 400Zo è costituito da elettori laburisti. La repentina caduta dell'immagine di Blair produce effetti che ovviamente non possono rimanere confinati nell'ambito dei destini personali. Infatti il sondaggio segnala che due contro imo (510Zo contro 260Zo) gli inglesi si sono convinti che il governo in carica abbia sparato tutte le cartucce e non abbia più idee da offrire. E questo dato viaggia in parallelo con l'altro, annunciato da un sondaggio del «Guardian» di qualche giorno fa e confermato da quello di «YouGov», che rileva una sensibile ripresa dei conservatori ai danni dei laburisti, il cui vantaggio si sarebbe ormai ridotto a' 7 punti. Questi dati, d'altra parte, riassumono una realtà già in pieno sviluppo. Proprio la settimana scorsa si è avuta notizia di una manovra condotta da un robusto gruppo di parlamentari laburisti, volta a costringere Blair alle dimissioni e a sostituirlo con un candidato provvisorio in attesa che il partito, secondo le procedure, designi il legittimo successore. La manovra, che per riuscire dovrebbe ottenere il consenso del SCM dei gruppi parlamentari, è stata da più parti smentita, ma anche confermata. «Sì, è vero, abbiamo cominciato a congiurare», ha confessato al «Times» un deputato laburista. E altri stanno apertamente sostenendo la candidatu¬ ra a sostituto provvisorio di Charles Clarke, attuale presidente del partito, che, secondo alcune voci, avrebbe addirittura iniziato ad assemblare una propria squadra. La questione che ha favorito l'aggregarsi del discontento è quella dell'annunciato attacco all'Iraq da parte degli Stati Uniti, che Blair si è affrettato ad appoggiare preventivamente. Le firme di ben 180 parlamentari laburisti si sono allineate dietro una mozione politica che critica l'attacco e preannuncia ima clamorosa dissociazione. Il dissenso della sinistra laburista sulla linea considerata troppo filo-americana di Blair ha scosso anche il governo. Il ministro Clare Short ha armunciato pubblicamente il suo dissenso, ma non è sfuggito a nessuno che, tra i firmatari della mozione, vi siano anche dei seguaci del ministro del Tesoro Gordon Brown, l'uomo tuttora più accreditato per succedere a Blair. Dietro questo c'è ancora dell'altro. Dieci giorni fa il capo delle Trade Unions ha attaccato apertamente Blair per i rapporti che mantiene con esponenti del centro-destra europeo come Silvio Berlusconi e José Maria Aznar. Con un efficace artificio polemico gli ha detto che, in questo modo, mette a repentaglio anche il suo obiettivo strategico di portare completamente la Gran Bretagna in Europa, ma il senso del suo discorso è stato chiaro: basta con le politiche del lavoro neo-liberiste a tutto vantaggio delle imprese. E' normale questo attacco da un capo delle Unions, la cui influenza sul New Labour Blair si è impegnato a ridimensionare. Il fatto è che questa critica comincia a saldarsi con l'insoddisfazione degli elettori per promesse di riforme fatte, non mantenute, rinnovate e ancora non onorate. Fu con il solenne giuramento congressuale di impegnare tutte le forze del governo nella realizzazione di riforme eluse nel primo mandato che Blair ne ottenne un secondo. Da allora la situazione delle ferrovie ha continuato a peggiorare, come del resto quella della sanità pubblica, con i pazienti inglesi costretti a chiedere un'umiliante ospitalità negli ospedali francesi, tedeschi, spagnoli e perfino greci. Ci sono stati anche dei brutti scandali, ultimo dei quali una lettera di raccomandazione di Blair al primo ministro rumeno perchè favorisse in un affare un finanziatore del New Labour di nazionalità indiana. Perfettamente consapevole che la sua immagine si sta logorando, Blar ir pochi" giorni fa ha arinunciato un importante discorso sulla strategia del New Labour alla London School of Economics. Ha parlato, piuttosto fumosamente, di una «terza fase» che si sostituisce all'ormai abbandonata (e peraltro mai capita) «terza via». Il giorno dopo il «Financial Times» gli ha dedicato un commento intitolato «Blah, Blah, Blair», Il 54 percento degli inglesi non è soddisfatto del premier e solo il 21 per cento giudica la sua prestazione superiore alle aspettative Uqi^rvatorlsono in ,r ripresa dopo il suo sì a un'azione contro l'Iraq: nel mondo del Labour emergono potenziali successori Tony Blair nel disegno di Levine i maniaci enze sessuali ^ Il 54 percento degli inglesi non è soddisfatto del premier e solo il 21 per cento giudica la sua prestazione superiore alle aspettative Uqi^rvatorlsono in ,r ripresa dopo il suo sì a un'azione contro l'Iraq: nel mondo del Labour emergono potenziali successori Tony Blair nel disegno di Levine

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