Sei parole per l'EUROPA

Sei parole per l'EUROPA IERI A BRUXELLES IL SECONDO INCONTRO DELLA CONVENZIONE IMPEGNATA A ELABORARE LE NUOVE REGOLE DELL'UNIONE Sei parole per l'EUROPA Luigi La Spina CAMBIA l'Europa e cambia la geografia del mondo. Tra la fine del secondo millennio e l'inizio del terzo è scomparso quel confine che aveva diviso l'anima del nostro pianeta con imo scontro irriducibile tra Est e Ovest. Proprio lì, nel cuore della Germania riunificata dopo la caduta del muro di Berlino, sta nascendo un nuovo Continente. Sulle macerie ideologiche di un secolo terribile, i popoli di 27 Stati, dall'Atlantico al Baltico, dal Mar del Nord al Mediterraneo, tra meno di cinque armi, dovranno trovare un'identità comune, quella della nuova Europa. L'allargamento dell'Unione europea, previsto in due tappe, nel 2004 per 10 paesi e tre anni dopo per altri due, non costituisce solo una estensione geografica, sia pure rilevante, dei suoi confini. Siamo alla vigilia, infatti, di una trasformazione della sua natura e della sua fisionomia: da un mercato comune e da una moneta comune si deve arrivare a un'Europa con una politica estera e di difesa comune, con nuove istituzioni, simbolo e strumento di una vera unione di popoli. Ecco perché questo «passaggio» suscita tante inquietudini, testimoniate da polemiche politiche cosi accese non solo in Italia, ma anche in tutte le altre nazioni del Continente. Come se, dopo l'obiettivo della moneta unica, sigillo simbolico di una vecchia filosofia eprassi europeista, l'opinione pubblica europea fatichi a individuare non solo le regole per un nuovocammino, ma addirittura i motivi profondi ed anche emotivamente coinvolgenti per una unione più grande, ma soprattutto molto più impegnativa. I lavori della cosidetta «Convenzione sull'avvenire dell'Europa», la ttii sessione inaugiirale si i è svolta il 28 febbraio, dovranno suggerire l'architettura del nuovo Continente finalmente riimito. Mai dove cercare l'identità comune di popoli così diversi, eredi 4 storie così antiche, di tradiziofni così radicate, fardelli di piombo per scavalcare montagne di memorie tenaci e divise? C'è forse uno specchio per riconoscere te tracce di un volto comune, una «carta» dentro cui ricomponi! i frammenti dell'Europa dispèrsa, quella dei diritti fondamenlali, approvata a Nizza nel diceinbre del 2000. Si tratta di un preaimbolo e di 54 sintetici articoli, pcche pagine di un manifesto, nucljio di quella Costituzione europea che i fondatori della prima Europa, quella economico-mone- taria, hanno indicato alle nuove generazioni come traguardo perla seconda, quella politica. La proclamazione solenne di questa «Carta dei diritti», infatti, ha avuto un destino curioso: il suo valore giuridico è slittato al 2004, per cui l'efficacia concreta di queste norme è ancora dilazionata mentre il valore politico del manifesto si è subito imposto, quasi come la traccia dei lavori preparatori della Convenzione, il cui fondamentale risultato sarà, appunto, la nuova Costituzione europea. Un importante contribu- to alla conoscenza del nostro futuro prossimo è arrivato, perciò, dal commentario a questa «Carta» edito dal Mulino, intitolato L'Europa dei diritti, a cura di Raffaele Bifulco, Marta Cartabia e Alfonso Celotto. Il volume è significativamente preceduto da una premessa scritta dal nostro presidente della Repubblica. Carlo Azeglio Ciampi, infatti, è notoriamente uno dei più convinti sostenitori della necessità di una Costituzione europea. Un'opinione espressa in molte occasioni, ma soprattutto nel famoso discorso all'Università di Lipsia del 6 luglio 2000 e nell'intervento, davanti al Parlamento europeo, del 4 ottobre dello stesso anno. «Concisa, austera e lapidaria», con questa aggettivazione un co¬ stituzionalista spagnolo, Diez Picazo, definisce i caratteri fondamentali della «Carta» approvata a Nizza. La sinteticità del testo e anche la voluta genericità dei principi affermati non nascondono, però, l'innovazione importante che sta alla base di questo manifesto della nuova Europa. Viene superata la tradizionale divisione dei diritti, in civili, politici e sociali e vengono individuati sei principi fondamentali: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia. Non solo non esiste una gerarchia, perciò, tra questi diritti, ma si sostiene in maniera molto forte il criterio della loro assoluta indivisibilità. Insomma, per tradurre in concreto l'ispirazione ideale di questa «Carta», non si possono garantire i diritti civili e politici senza promuovere contestualmente anche quelli sociali ed economici. «L'Europa dei diritti» che dovrà affiancare quella della moneta e dei mercati, come scrive il presidente Ciampi, lascia naturalmente del tutto aperta una questione essenziale: come dovrà essere garantita la legittimazione democratica della nuova Europa, esigenza fondamentale per il pieno riconoscimento di quasi mezzo miliardo di futuri cittadini europei nelle nuove istituzioni comunitarie. Non basterà probabilmente un referendum perché l'architettura dell'Europa allargata ad Est, che sarà delineata dalla Convenzione e varata dalla Conferenza intergovernativa alla fine del prossimo anno, venga davvero sentita come la casa comune dei popoli europei. Ecco perché la discussione deve essere estesa subito all'opinione pubblica del Continente, con una informazione chiara e non ipocrita sulle diverse soluzioni possibili, sui rischi esistenti nel processo di questa seconda fondazione dell'Europa unita. Come dice il costituzionalista Massimo Luciani, si deve passare dalla «difesa degli interessi a quella degli ideali» in questo importante pezzo del mondo. Il problema è che spesso gli interessi si trovano più facilmente degli ideali. O, almeno, i primi urlano più forte nelle orecchie degli uomini. Sei parole per l'EUROPA Immaginando stelle e strisce pergli Stati uniti d'Europa taria, hanno indicato alle nuove generazioni come traguardo perla seconda, quella politica. La proclamazione solenne di questa «Carta dei diritti», infatti, ha avuto un destino curioso: il suo valore giuridico è slittato al 2004, per cui l'efficacia concreta di queste norme è ancora dilazionata mentre il valore politico Non un Super-Stato, ma una «Federazione di Stati nazione». Questo è il futuro dell'Europa secondo la visione del governo Italiano illustrata ieri alla Convenzione di Bruxelles dal vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini. Per divìdere i poteri delle istituzioni europee e quelle nazionali la «via maestra» è il principio di sussidiarietà: «Integrazione ove necessario, decentramento ove possibile». AH'Ue devono essere trasferiti solo i compiti che non possono essere svolti in modo efficace dagli Stati membri: per esempio la to alla conoscenza del nostro futuro prossimo è arrivato, perciò, dal commentario a questa «Carta» edito dal Mulino, intitolato L'Europa dei diritti, a cura di Raffaele Bifulco, Marta Cartabia e Alfonso Celotto. Il volume è significativamente preceduto da una premessa scritta dal nostro presidente della Repubblidiscorso all'Università di Lipsia del 6 stituzionaliscazo, definismentali dellaNizza. La sianche la vprincipi affeno, però, l'inte che sta manifesto dViene supedivisione detici e sociali ti sei principtà, libertà, ugtà, cittadinasolo non esperciò, tra sostiene in mcriterio dellasibilità. Insoconcreto l'iquesta «Cartgarantire i dsenza prommente ancheconomici. «L'Europvrà affiancata e dei mepresidente Cmente del tstione essensere garantdemocraticaesigenza fonno riconosczo miliardeuropei ncomunprobremppdbbcchsupostqztazcidare Immaginando stelle e strisce pergli Stati uniti d'Europa