«Non ho ucciso Samuele, qualcuno vuole incastrarmi»

«Non ho ucciso Samuele, qualcuno vuole incastrarmi» ■BH COSI' LA DONNA SI E' DIFESA DALLE ACCUSE DEI MAGISTRATI «Non ho ucciso Samuele, qualcuno vuole incastrarmi» Anna Maria prendeva psicofarmaci ed è affetta da «sindrome del nido» gli interrogatori AOSTA SAMUELE era pallido, aveva il viso bianco. L'ho toccato e mi sono sentita sola, non sapevo a chi chiedere aiuto». Anna Maria Franzoni risponde ai magistrati che nei due inteirogatori in carcere le chiedono di raccontare che cosa ha fatto la mattina del delitto, il 30 gennaio, quando è tomata a casa dopo aver accompagnato il figlio Davide di 7 anni allo scuolabus. In quegli otto minuti, secondo lei, accusata di omicidio volontario, qualcuno ha ucciso il suo Sammy. Quasi otto ore di domande e risposte. All'inizio dice con fermezza: «Dovete trovare l'assassino del mio Samuele». I magistrati scelgono un interrogativo diretto: «Signora, ha ucciso lei Samuele?» Anna Maria non batte ciglio: «No, dovete trovare l'assassino». E allora ecco che le spiegano gli indizi gravi, il pigiama sporco di sangue e nascosto tra lenzuolo e materasso, gli zoccoli schizzati, il fatto che ci sono testimonianze: «Lei quando è rientrata non aveva gli zoccoli, ma gli stivaletti neri». Ancora: «Signora l'assassino ha indossato il pigiama, calzatogli zoccoli. E' stata lei?». «No, non àogo stata io». Bàeta ,fhe...gU zoqqo^.lii^a messi^toniandó; che ha toltó*la casacca del pigiama a rovescio, e l'ha gettata sul letto e non l'ha poi liù vista quel giorno, quindi i pantaoni e li ha «gettati h». Di nuovo la^ domanda: «L'assassino indossava pigiama e zoccoli. E' lei l'assassino?». Anna Maria non ha dubbi: «No. Se è come mi dite, allora, qualcuno ha voluto incastrarmi». E quella mattina quando rientra, quando ricorda di aver visto Samuele sotto il piumone («Ho pensato che giocasse») e quando lo ha scoperto vedendolo con la faccia e la testa insanguinate si è «sentita sola». Lo ripete al sostituto procuratore Stefania Cugge, titolare dell'inchiesta. «Sola». Le era già accaduto quella mattina, quando la sua casa di Montroz, era ancora sprofondata nel buio. Quel malessere, cominciato la sera precedente. «Avevo male allo stomaco e alla testa», dice ai magistrati. Il 29, nel dopo cena, mentre i Lorenzi aspettano per una chiacchierata, davanti a una fetta di torta fatta da Anna Maria, i coniugi Carlo Perratone e Oraziana Blanc, lei cerca di contattarli per rimandare l'invito. Sta male, pensa di non riuscire a sostenere a lungo una conversazione. Li chiama, ma ormai i Perratone sono già sulla stradina della casa. Questione di minuti e suonano alla porta. Sono ore importanti nella vita di Anna Maria, ore importanti anche per l'inchiesta sulla morte di Samuele. Qualcosa accade alla giovane mamma, travolta da un malessere indecifrabile, ma fastidioso, cominciato mentre sprepara la tavola della cena. Dopo la torta, quando i quattro amici si parlano c'è quella frase che rimbomba nella testa di Anna Maria. I Perratone hanno perso un bimbo che era nato prematuro. Oraziana risponde alla domanda sul «perché non fate un altro bimbo» con tristezza e dolore. Una frase che suona così: «Con quello che ho provato, ho ancora paura, temo unnuovo fallimento». Ai magistrati Anna Maria interpreta in un altro modo la frase, quasi una minaccia, la ribalta e getta sospetti. I Perratone tornano alla loro casa e i Lorenzi vanno a dormire. Anna Maria non si sente ancora bene. «Era intomo a mezzanotte dice la donna negli interrogatori fotocopia - noi eravamo già a letto quando abbiamo sentito quel tonfo». Già, il rumore in garage o comunque vicino a casa, mai decifrato neppure da Stefano. Che cosa era accaduto? Stefano non sa dirlo ai giudici, sembrava un tramestio, un qualcosa che cade, forse frammisto a passi. La notte passa con qualche ora di sonno. Ma Arma Maria si sveglia di soprassalto alle 5. Di nuovo il dolore allo stomaco, alla testa e un formicolio in tutto il corpo. Si spaventa, ha l'ansia e chiama Stefano: «Mi sento male». Il suo racconto negli interrogatori in questo punto è rapido, così come non è molto circostanziato da quando arriva in casa Silvana Neri, dottoressa e guardia medica di quella notte per la zona di Cogne. E' Stefano a chiamare il «118». La moghe lo convince a farlo perché il formicolio è aumentato, l'ansia si è trasformata quasi in angoscia. Sono le 5,49. La diagnosi della dottoressa è stato d'ansia e sindrome influenzale. Il magistrato domanda: «Non le ha prescritto nulla?». Anna Maria risponde: «Credo un tranquillante, ma le ho risposto di no, che quella roba non la prendevo». In realtà Anna Maria prende psicofarmaci blandi che le sono stati prescritti da Ada Satragni, la psichiatra medico di base a Cogne, che abita vicino a casa sua e che la mattina del delitto è la prima ad accorrere nella villetta. Anna Maria è affetta dalla «sindrome del nido», uno stato d'animo che tende a riconoscere ostilità nelle persone che non fanno parte della famiglia più stretta. Se non ostilità, dimo- stra negli interrogatori di non aver simpatia per le persone che conosce bene. E di avere anche litigato con loro. Non dimostra simpatia neppure per Ada Satragni: «Mai venuta a casa». E per Paola Croci, quella che alla vigilia del suo arresto era andata con il marito dai carabinieri di Cogne a dire che Anna Maria era innocente e che aveva sospetti su altri, sui vicini: «Mi ha fatto un lavoro e me l'ha fatto pagare salato». Né le piacciono i Ferratone o Daniela Ferrod, che abili ta nella casa bianca a venti metri da lei e ha due bimbi che giocavano sempre con Davide e Samuele: Non era un'amicizia importante e poi i suoi bimbi non mi piacevano». Negli interrogatori ripiomba di nuovo la mattina del delitto. Alle 7,30 Stefano è vestito e pronto per andare al lavoro. Ma Anna Maria lo ferma. E' ancora a letto e dice; «Sto male, davvero Stefano». Lui, con tenerezza, le ritoma accanto, si sdraia, la accarezza, la tranquillizza. Forse passano cinque, dieci minuti, quindi se ne va. «Poco dopo si è svegliato Davide», dice Anna Maria ai magistrati. Davide, su invito della mamma, va di sopra, in cucina per la colazione. I magistrati: «Ma non gli ha detto di andare fuori a giocare?» Anna Maria; «No, non gliel'ho detto, non avrei potuto du-glielo perché faceva freddo». E' questo un altro punto importante, un'altra contraddizione evidenziata anche nell'ordinanza del giudice delle indagini preliminari. Anna Maria, nonostante le contestazioni dei magistrati, insiste, dice che «Davide l'ho vestito in sala». Il bimbo, invece, ricorda di essere stato cambiato (cosa inusuale) in camera. Poi si veste lei. C'è una contraddizione, un su e giù con i vestiti del bimbo, poi i suoi. Mentre Anna Maria è in sala con Davide «Samuele piange, mi chiama. E allora dico a Davide di uscire perché si fa tardi e di aspettarmi fuori. Tomo giù e tocco la manina di Samuele, era molto fredda, lo metto nel lettone e gli rimbocco bene le coperte». ÌJL& Era pallido, aveva il viso bianco ^" L'ho toccato e mi sono sentita sola, non sapevo a chi chiedere aiuto. Mi dite che l'assassino indossava il mio pigiama e gli zoccoli Allora qualcuno ha organizzato tutto per poter accusare me Voi dovete trovarlo 99 jgLiaL La sera prima del delitto "™ non mi sentivo bene volevo annullare l'appuntamento con i Perratone, ma loro erano già usciti pervenire da noi. Alle 5 mi sono sentita male, il medico voleva darmi le medicine per calmarmi ma io non prendo porcherie 99 CjGL Non ho molta simpatia ^" per i miei vicini, abbiamo litigato e i loro bambini non mi piacevano. Alcuni, che si dicono miei amici, mi hanno fatto un lavoro e l'ho pagato salato Non mi piace la Satragni mai invitata a casa mia 99 (iJBk La notte f^'1713 dell'omicidio "" eravamo già a letto quando abbiamo sentito un tonfo Il rumore sembrava provenisse dal garage o almeno da molto vicino alla nostra villetta come se fosse caduto GkA qualcosa misto a dei passi 7^ Anna Maria Franzoni, la mamma di Samuele durante l'intervista in tv a Studio Aperto di Italia Uno. A fianco il medico che per primo ha soccorso il piccolo, Ada Satragni

Luoghi citati: Aosta, Cogne, Italia