Lisbona dì fronte a una scomoda alleanza dì destra di Gian Antonio Orighi

Lisbona dì fronte a una scomoda alleanza dì destra DOPO LA VITTORIA ELETTORALE DI JOSE' MANUEL DURAO BARROSO CHE HA PIEGATO I SOCIALISTI Lisbona dì fronte a una scomoda alleanza dì destra Il populista Paulo Portas si propone come indesiderato ago della bilancia politica Gian Antonio Orighi MADRID Dopo aver festeggiato, ieri notte, la netta vittoria del suo Psd (socialdemocratici, di centro-destra nonostante il nome) alle politiche anticipate di domenica, per il «primeiro-ministro» in pectore José Manuel Durao Barroso arriva il momento che più aveva cercato di scongiurare: l'alleanza con il Pp, il partito popolare (destra populista) di Paulo Portas. Una coalizione, comunque, non obbhgata dai numeri. A Durao Barroso basterebbe un appoggio estemo. Ma Portas è l'ago della bilancia. E non c'è dubbio che il leader del Pp farà l'impossibile per essere, come diceva il suo slogan elettorale, «il braccio destro del Portogallo». Durao Barroso, 46 anni, avvocato con master in economia alla Georgetown University di Washington, ex ministro degli Esteri dal '93 al '95 nell'ultimo governo Psd dell'ex premier Anibai Cavaco Silva (ed ex leader maoista del gruppuscolo Mrpp ai tempi della «Rivoluzione dei Garofani» del 74), conta su 102 dei 230 deputati alla «Assembleia da Repùblica», il Parlamento unicamerale di Lisbona. Probabilmente su altri 2 se contiamo, come indicano i sondaggi, i deputati eletti nelle isole atlantiche di Madeira e Azzorre, ancora non attribuiti ufficialmente. Portas ne ha 14. Tutta l'opposizione socialisti, comunisti ed estremisti del «Blocco di Sinistra» - ne ha 112. «Ringrazio i portoghesi che hanno espresso, con il voto di domenica che ha mandato a casa il partito socialista di Ferro Rodrigues dopo 6 anni e mezzo di governo, una inequivoca volontà di cambiamento, la voglia di un nuovo premier e un altro modo di governare», diceva, nella nottata post-elettorale, Durao Barroso. Ma il leader del Psd, uno dei vicepresidenti dei popolari europei, soprannominato «l'Impassibile», non sprizzava affatto gioia. Paulo Portas, invece, era il ritratto della felicità. Avvocato e noto ex giornalista, 39 anni, il leader del Pp sbraitava dal microfono ai suoi militanti: «Erano vent'anni che aspettavo questo giorno. Il risultato del Pp è storico. Per la prima volta i popolari crescono insieme al Psd». E sottolineava: «Abbiamo vinto la bipolarizzazione socialdemocratici-socialisti». Ma, nonostante 1' insistenza, niente risposta positiva alla domanda sulla alleanza con Durao Barroso. Prima, però, Portas ha voluto anticipare quale sarà la linea di condotta del suo partito (e, dunque, del prossimo esecutivo): lotta alla criminalità e all'immigrazione illegale. Il suo programma elettorale prevede poi la difesa a oltranza della proprietà statale nei settori strategici di energia e telecomunicazioni, oltre che nel¬ le banche. Punti, questi ultimi, che fanno a pugni con il liberista futuro «primeiro-ministro», che punta invece proprio sulle privatizzazioni, oltre che al risanamento del colossale deficit pubblico e al taglio delle imposte per le imprese (il 100Zo) per rilanciare la sconquassata economia lusitana (inflazione al 4,407o). L esito delle legislative ha già avuto un effetto immediato in Europa. «Dopo la vittoria del centro-destra in Portogallo, la sinistra non è più in maggioranza nel Consiglio Europeo - affermava ieri da Bruxelles Hans Gert Poettering, capogruppo dei popolari europei -. Speriamo in successi analoghi nelle prossime elezioni in Europa». Durao Barroso, che dovrebbe essere investito premier il 1" aprile, sa che il Paese ha bisogno di un governo stabile e di sacrifici impopolari. Ma Portas, indispensabile, è un alleato indesiderato e potenzialmente destabilizzante.