«Vogliono strapparle una confessione e continuano a torturarla» di Renato Rizzo
«Vogliono strapparle una confessione e continuano a torturarla» «Vogliono strapparle una confessione e continuano a torturarla» Lo sfogo del nonno Mario: «Viviamo una grande pena, ma chi soffre di più è mia nuora chiusa in cella» Renato Rizzo inviato a M0NTEACUT0 «Ci sentiamo angosciati: come fa Anna Maria a confessare ciò che non ha commesso?». Nella sua grande casa di via della Libertà, a Bologna, Mario Lorenzi parla della nuora, che ha appena lasciato la sala delle Vallette dove, per cinque ore, ha subito il martellamento dell'interrogatorio. Voce incrinata, evoca fantasmi da Santa Inquisizione: «Vogliono strapparle una confessione, per questo continuano a torturarla. Ma lei non se la merita, questa tortura psicologica: è innocente». Lui, l'uomo che prega, quello che ogni sera, a Cogne, riuniva la fami;lia attorno al tavolo per implorare a pietà del Signore su Samuele e sul suo assassino, si strugge: «Stiamo vivendo una grande pena. Ma sappiamo che chi soffre più di tutti è iroprio lei, ancora rinchiusa in quela prigione». Spiega di non avere contatti diretti con il figlio: «Deve tenere il cellulare spento». E quel «deve» sembra sottintendere ciò che tutti in famiglia sanno: Stefano è sottoposto ad intercettazioni da parte degh inquirenti. Mario Lorenzi, allora, per raccogliere notizie si affida a Internet: è stato per ore davanti al suo computer in attesa di una parola che non è giunta mai: «Scarcerata». Si aggrappa ad una «voce» secondo cui la nuora avrebbe detto: «Sono certa di tornare presto a casa»: «Mio Dio commenta -, quanto lo spero». E' buio lo studio dal quale lui tenta di tenersi legato ad un evento lontano, eppure così prossimo e straziante. E buio e solo è anche il mondo nel quale vive queste ore, appese a poche righe: «No, non so neppure se Stefano sia riuscito ad incontrare Anna Maria. Anch'io desidero tanto riabbracciarla e farle coraggio: ne ha bisogno, sta vivendo una pena troppo grande». Aspetta che lo chiamino, attende una telefonata per salire sul primo treno diretto a Torino: «Pare che le visite siano consentite e solo a tre persone per volta». Momenti di terribile pressione che mettono in secondo piano anche le minacce e gli insulti di sciacalli, pronti a gettarsi su un uomo senza colpe. Nonno Mario scrolla le spalle: «Cosa vuole che m'importi di ciò che pensa la gente... di fronte a simili tragedie non si può dar peso alle chiacchiere». E' lui, l'unico della famiglia, a dar voce al peso del cuore. Casa Franzoni, a Monteacuto, è un fortino blindato che ieri mattina si è aperto solo per fare entrare alcune donne del paese in visita alla madre di Anna Maria, Chiara. All'uscita, occhi arrossati e respiro in affanno, hanno ricordato le parole d'orgoglio e di difesa appena ascoltate: «Io ho messo al mondo undici bravi figli». I figli: tappe di una storia fino a poche settimane fa felice per questa donna e il marito che a tutti hanno sempre detto: «La nostra è stata una scelta precisa». Lo ricorda anche la professoressa Daniela Aureli, insegnante di matematica di Anna Maria all'epoca in cui frequentava ragioneria a Castighone dei Tepoli: «Pensi che, allora, quindici anni fa, avevo due bimbi piccoli e non riuscivo a star loro dietro. Quando mi hanno raccontato che quella ragazza sempre serena e sorridente era la terza di undici fratelli ho chiesto se potevo far visita ai suoi genitori. Per vedere come si organizzavano, per imparare». Così l'insegnante ha trascorso una giornata a Monteacuto scrutando una famiglia in cui ognuno aveva un compito preciso che si incastrava in quello degli altri. ((A sera, è arrivato il padre. La signora Chiara lo ha accolto e subito gli ha raccontato, entusiasta, i progressi dell'ultima figlia. Cecilia, che incominciava a pronunciare qualche parola. Lui si è fermato ad ascoltare la moghe senza npppure togliersi la giacca. Ho pensato: è attento e felice come un papà che senta parlare del suo primo bambino».
Persone citate: Anna Maria, Daniela Aureli, Franzoni, Mario Lorenzi
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