Dalla Palestina la sua ultima cartolina dall'inferno di Filippo Ceccarelli
Dalla Palestina la sua ultima cartolina dall'inferno REPORTER ESTREMO UWA VITA ALLA RICERCA DELL'«EVENTO PURO» Dalla Palestina la sua ultima cartolina dall'inferno Con una lucidità profetica Ciriello aveva collezionato nel suo sito web le figure dei colleghi caduti per fotografare il dolore del mondo retroscena Filippo Ceccarelli UNA pietosa trasmissione di immagini, una terribile eredità di sguardi. Si fissa la figura, si preme un bottone e sul video, con un tempo variabile nella sua indeterminatezza, si ingrandiscono i cadaveri della Somalia, i bambini soldati della Sierra Leone, i profughi dell'Afganistan, i prigionieri del Kosovo, le vedove della Cecenia, gh affamati dell'Eritrea, i disgraziati di tutto il mondo... Raffaele Ciriello, da ieri anche lui disgraziatissimo martire del giornalismo di guerra, aveva un sito Internet che si guarda oggi come un giornale deU'anima del XXI secolo: tanto prezioso quanto commovente perché profetico, nel senso più triste che si possa immaginare. Un bel sito, tecnicamente, con lo sfondo scuro e i titoh che brillano, i colori che ballano, le animazioni, le confusioni, gli ipertesti, i coUegamenti. Quasi tutto in inglese, la lingua vera del web. Vi si legge: «Io non so se è vero che i fotografi possono assicurare alla vista ciò che altrimenti non si vedrebbe mai, ma ogni volta che leggo di un giornalista o di un fotografo vittime di una granata, di una pallottola vagante o di qualsiasi altro accidente tomo a questa immagine e ad Hassi. Quando il mio sguardo incontra il suo mi pare di capire ogni cosa». «Hassi» è Hansjoerg Krauss, il fotògrafo dell'Ap ucciso e'Yàlto a pezzi con altri tre operatori j-lell'informazione in Somahg,('nel luglio defl 993. Ciriello lo conosceva bene. Facevano parte tutti e due della tribù nomade del giornalismo più spericolato. Non vi si entra facilmente: è una comunità esclusiva e universale, romantica, coraggiosa e un po' pazzoide. Si chiamano tutti per nome, ognuno la pensa come gh pare, ma sono fehci di ritrovarsi ai quattro angoli della terra, là dove c'è l'inferno. «Cartoline dall'inferno» era appunto il nome del sito di Ciriello. C'è una specie di dedica a questo suo popolo che vive di emozioni quasi più esistenziah che professionah: «Per aver sopportato con me le buche di quella pista africana che non finiva più e per aver diviso il filo d'acqua regalato dal rubinetto di una sgangherata locanda afghana. Per lo sguardo che ci siamo scambiati salendo su quell'elicottero tenuto assieme dalla vernice e per la delusione di quell'intervista negata all'ultimo momento...». E marce di 22 ore, eroici tassisti, «abbracci scambiati quando ci davano gjpr diépersi», «levatacce sotto cieli di piombo», «coprifuoco allegramente ignorati. Solo due chiàpchiere - scrive Ciriello - sempre le stesse. Domani, forse ci riu¬ sciamo, chissà. Per queste volte e per quehe che verranno». Almeno per lui, in realtà, non verranno più. Questo popolo ha ormai i suoi morti, i suoi martiri. Nel sito di Ciriello c'è appunto una sezione dedicata - più semphcemente - ai «coUeghi caduti». Ora che è toccato a lui, fa impressione sentirgli raccontare la frenesia dei reporter per arrivare primi sui luoghi di massacri ancora caldi, la paura della folla, quella volta di «Hassi», in Somanha. Anche lui era lì,, appena in ritardo, arrivato dalla visita a un orfanotrofio, giusto in tempo per sentire il crepitio delle armi, e gridare all'autista di correre via, e gh scossoni della macchina, il pericolo di finire incastrato nel traffico; i cadaveri ritrovati dopo giorni a chilometri e chilometri di distanza. In una parola l'evento puro. Da immortalare: e per una volta questo verbo così vacuo e altisonante recupera una sua umile realtà. Senza retorica, senza alcun impulso tardò ideologico Ciriello racconta anche «come tutto è cominciato». Faceva foto alle gare di moto: Parigi-Dakar, Parigi-Città del Capo, sport e awen- tura. Nel deserto del Sahara l'ha sorpreso, colpito una specie di rivelazione, quasi teologica: la sofferenza dell'uomo, il senso ultimo dell'esistenza. NeUe sue foto, tra le casupole e i magazzini di rifiuti, le carestie e il traffico dehe armi, i fili spinati, gh autobus pieni di miserabili e perfino il vecchio leone cieco dello zoo di Kabul, pare di cogliere la risposta alla domanda più scomoda. Cosa diavolo ha portato Ciriello lontano da tutto quel che è facile, comodo, calmo' e pacifico? Beh, forse è lo stesso impulso che ieri l'ha condotto davanti a queUe raffiche: la ricerca della vita stessa nella sua dimensione più pura, essenziale, indicibile. Il sentirsi vivo e utile, anche, in mezzo al dolore, al pericolo, alle rovine, alla guerra. Con qualche timidezza, mentre queste sue «Caroline dall'inferno» continuano a ingrandirsi, magari vale anche la pena di spendere un'altra parola impegnativa: sacrificio. In quel giornalismo lì - certo bizzarro e un po' esibizionista, ma così lontano dalle pigrizie del mestiere cartaceo, dal cinismo deUe car¬ riere, dai capricci e dalle autocelebrazioni degli «scrittori» - aumenta la hsta di chi, in fondo, sceglie di andare a morire ammazzato in luoghi pazzeschi, in mezzo alla polvere o al gelo, spesso in condizioni professionalmente precarie, senza un grado o un contratto da inviato. Con tutta probabilità Ciriello conosceva Antonio Russo, il giornahsta di Radio radicale che faceva la vita della gente di cui parlava. Certo conosceva Ilaria Alpi e il suo operatore Mihro Vratin; e voleva bene a Maria Grazia Cutuli, «amica dolcissima». Erano sue quasi tutte le foto, alcune molto beUe e fehci, che si sono viste dopo l'uccisione della giornalista del Corriere della Sera. E tutte si ritrovano oggi in questa specie di camposanto elettronico -www.cirieUo.com che ieri non voleva sapere di aprirsi. E allora bisognava aggirare le difficoltà con un complicato gioco di specchi 9 di memoria cotìlig fecuperare"'quél che comunque la tecnologia aveva messo in salvo. Come un tesoro nascosto, per chi solo sappia osservarlo e comprenderlo. Aveva cominciato con lo sport e l'avventura seguendo la Parigi-Dakar e altri rally africani Poi la rivelazione della sofferenza dell'uomo aveva cambiato lui e il suo rapporto col lavoro - " - i" -i-i i mj.mii i un | bu È"»»*. sM«rt Kt"»* ì**m»-ì: r ^ -^ 'é uv K Uno scatto di Raffaele Ciriello in Afghanistan e, a sinistra, il suo sito Internet
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