Il premier: «Non possiamo perdere la faccia»

Il premier: «Non possiamo perdere la faccia» QUATTRO ORE Di DISCUSSIONE PER RICOMPATTARE IL CENTRODESTRA SULLA NECESSITA' DI CAMBIARE IL MERCATO DELL'OCCUPAZIONE Il premier: «Non possiamo perdere la faccia» Tremonti convince i leader: «Ora una marcia indietro sarebbe inspiegabile» retroscena ROMA LA Casa delle libertà ha deciso di non mollare: modificherà in parte l'articolo 18, e la delega sul lavoro verrà in parte riscritta. Quattro ore di vertice per far emergere ima linea univoca: il governo non può perdere la faccia, con ima marcia indietro che verrebbe inevitabilmente letta come una resa alla piazza e ai sindacati. Un punto su cui ha insistito Silvio Berlusconi che ha sottolineato come ormai i sindacati «non siano più riacciuffabili». Lo sciopero generale e le manifestazioni - ha ragionato il premier - non verranno comunque revocati, vediamo allora di non trasformarli in una celebrazione della vittoria di Cofferati sul centrodestra. L'intervento decisivo, quello che ha segnato la svolta del vertice notturno, è stato del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che ha ricordato ai leader del centrodestra come la decisione di modificare l'articolo 18 sia stata presa dal Consigho dei ministri: «Allora nessuno di voi si alzò a Palazzo Chigi per dire che era contrario e ora una Inarcia indietro sarebbe inspiegabile». Ma la linea scelta prevede di rivedere in parte la delega sul lavoro al fine di ammorbidirla, concentrando gli effetti di una modifica della disciplina sui licenziamenti nel Mezzogiorno. Un modo - si è ragionato - per far capire che il governo non intende dare maggior potere agli imprenditori a scapito dei sindacati, ma vuole creare maggiore flessibilità al Sud per «incentivare nuove assunzioni». Si racconta che il Cavaliere sia arrivato a questo appuntamento ripercorrendo con i suoi interlocutori gli ultimi mesi, per cercare il punto in cui si è rotto il filo del dialogo sociale, non capacitandosi del fatto che il suo governo non sia riuscito a spiegare il proprio Drogetto. «Ma come è stato possiaile trovarsi in questa situazione?», ha ripetuto più volte Berlu¬ sconi guardando i sondaggi che da settimane danno sempre lo stesso verdetto: il messaggio di Cofferati è più forte ed incisivo e ha fatto breccia perfino in settori dell'elettorato della Casa delle libertà, rendendo difficile far arrivare ai cittadini un segnale di segno opposto. Per questo il vertice si annunciava difficile, visto che le defezioni nelle ultime settimane si sono moltiplicate, con le prese di distanza dell'Ugl, della Confcommercio e di settori della grande industria. Ma ieri notte, in via del Plebiscito, con le ore contate prima di partire per un viaggio in Arabia saudita, il Cavaliere ha cercato di ricomporre la sua maggioranza spiegando che il primo obiettivo doveva essere quello di «non perdere la credibihtà». La nostra decisione - ha aggiunto Berlusconi - non può suonare come una ritirata o peggio come una rotta, ma deve apparire «come un passo per evitare lo scontro sociale» e come «un messaggio di grande ragionevolezza». Berlusconi ha ripetuto che è fondamentale non dare l'impressione che «il governo si sia spaventato, che abbia ceduto alla piazza» e poi ha ammesso che è ormai impensabile illudersi di tenere insieme tutto: «O scontentiamo il sindacato o le categorie degli imprenditori e degli artigiani». E yjsto lo stato dei rapporti con Cgil, Cisl e Uil, l'ago della bilancia si è spostato a favore di Confindustria e Confartigianato. Nella prima parte della riunione si era ragionato su un rilancio. Se non si può fare lo stralcio dell'articolo 18 dalla delega sul lavoro, allora «la si ripensi tutta». Per uscire dal cul-de-sac in cui l'esecutivo si è infilato, si è ipotizzata la riscrittura di tutta la delega, il rilancio di un nuovo Statuto dei Lavori che aggiorni il vecchio Statuto dei Lavoratori. Ma il passaggio era strettissimo: si sono pesate le parole, si è ragionato se non citare più l'articolo 18 in maniera esphcita, ma questo sarebbe suonato come un accantonamento mascherato. Con un rischio ben chiaro, che Cofferati cantasse vittoria e mantenesse la sua manifestazione del 23 marzo per celebrare la sconfitta del governo. Allora sono state prese in considerazione alcune subordinate minori: non applicare l'articolo 18 (permettendo così di indennizzare economicamente, anziché reintegrare i lavoratori licenziati senza giusta causa) solo a chi emerge dal nero, oppure alzare la soglia delle aziende che ne sono esentate, da quelle con meno di quindici dipendenti a quelle che ne hanno fino a diciannove. Nella nottata si sono confrontate posizioni differenti ma alla fine la discussione è stata tutta politica, puntata a ricompattare la maggioranza e il suo elettorato, a mettere in campo una nuova strategia per uscire dalla palude dello scontro. Una strategia capace di produrre valide argomentazione da opporre alla Cgil puntando su chi non ha un lavoro, chi è precario, chi ha un'impresa grande o piccola. Ora per mettere nero su bianco le proposte tecniche ci sono ancora due giorni, prima del Consigho dei ministri di giovedì in cui si dovrà presentare il testo definitivo della delega. La linea del Cavaliere: «E' impensabile illudersi. O scontentiamo il sindacato oppure le categorie degli imprenditori e degli artigiani Cgil, Osi e Uil non sono più riacciuffabili» Sergio Cofferati, segretario della Cgil

Persone citate: Berlusconi, Cofferati, Giulio Tremonti, Sergio Cofferati, Silvio Berlusconi, Tremonti

Luoghi citati: Arabia Saudita, Roma