La speranza dei nuovi schiavi sbarca nell'ultimo paradiso

La speranza dei nuovi schiavi sbarca nell'ultimo paradiso SEMPRE PiU' SPESSO PER SFUGGIRE At CONTRDLU SI MIMETIZZANO I CLANDESTINt SUI PESCHERECCi CHE SI FERMANO PER RIFORNIMENTI La speranza dei nuovi schiavi sbarca nell'ultimo paradiso Lispla è ormai una delle rotte della tratta. Dopo il record del 1988 quando furono cinquemila le cifre stanno di nuovo aumentando analisi Francesco La Ucata LAMPEDUSA CAPqmiQUESTO mare un tempo evocava suggestioni esotiche ed era l'emblema della spensieratezza vacanziera. Conquistare una casa a Cala Creta o a Cala Madonna è stato il desiderio di migliaia di italiani in fuga dallo smog e dalle acque torbide delle coste inquinate. Una colonia di milanesi, da anni ha dato vita ad una sorta di passaparola sulle mirabilie dell'isola bianca. Oggi lo stesso mare, che appare cupo e irascibile, insinua paure e senso di morte. Non è storia recentissima, questa. Da qualche anno le spiagge di Lampedusa, sempre più frequentemente, si trasformano nella «morgue» di disperati che finiscono la loro drammatica fuga sugli scogli o incagliati nelle reti dei pescatori. Non è più un fatto eccezionale che l'alba restituisca i corpi di uomini e donne annegati chissà dove, ma certamente in quello spazio d'acqua immenso dove si svolge un traffico occulto di esseri umani. Una umanità che arriva soltanto a lambire il traguardo di un trajgitto cominciato molti chilometri prima, dall'Africa, dalla Turchia, dai paesi sconvolti da guerre e disordini, utopia alimentata da aguzzini senza coscienza che non esitano a «liberarsi del carico» se pressati dalle condizioni del mare o costretti a sfuggire ai controlli. Quante volte è accaduto, anche in Sicilia, di assistere impotenti a tragedie annunciate. Solo un anno fa, scafisti assassìni scaraventarono in mare, tra Punta Secca e Scoglitti (nella costa ragusana), un dici passeggeri che erano diventati merce da nascondere. C'erano anche due donne. Nuotarono disperatamente per cinquecento metri, ma non tutti riuscirono ad abbandonarsi vivi sulla battigia. Di quel gruppo di indiani, cingalesi, irakeni e nordafricani, sopravvissero in sette, gli altri sparirono tra le onde, in quel tratto di mare ormai conosciuto come la tomba collettiva di più di duecento clan- destini annegati la notte di Natale del 1996 in ima misteriosa collisione tra il cargo libanese «Friendship» e la motonave «Yohan». Ormai è certo: Lampedusa rappresenta, insieme con la costa adriatica e coi valichi del Nordest una delle tre grandi direttrici del traffico di esseri umani. Le stanno sperimentando tutte, i nuovi negrieri. L'ultima trovata, fino a qualche settimana fa, sembrava quella di limitare i «grandi sbarchi» che raramente possono sfuggire ai controlli, per ricorrere a più discrete operazioni coi piccoli numeri. Due o tre «passeggeri», magari sbarcati da un peschereccio fermo per rifornimenti, che si mimetizzano facilmente con la popolazione. La tesi è dei carabinieri, che hanno già fermato qualche barcone da pesca (uno era tunisino). E gli stessi carabinieri lanciano un drammatico allarme, dichiarando - dati alla mano - che la Sicilia sta diventando meta appetibile delle organizzazioni criminali dedite al trafiSco dei clandestini, perchè le sue coste sono meno presidiate di quelle pugliesi. Il dato fornito dal gen. Carlo Gualdi, comandante dei carabinieri in Sicilia, parla di un aumento degli sbarchi pari al 206,80Zo, e ciò malgardo la repressione abbia fatto lievitare del 477,807o il numero degli arresti nell'ambito degli scafisti pirati. Eppure non si ferma la corsa dei disperati verso una libertà che quasi sempre rimane una chimera. Ma deve essere tale l'abisso da cui fuggono, da far passare in secondo piano sofferenze e rischi. Così continuiamo ad assistere ad un flusso continuo, tra Lampedusa e le coste di Trapani e Pantelleria. Seicento ingressi (solo da Lampedusa) nel 2000, quasi il doppio, l'armi scorso. Vuol dire che il fenomeno riprende. Certo, non siamo ancora ai numeri del 1998, quando nell'isola sbarcarono in più di 5000, tra uomini donne e bambini. A Lampedusa ricordano ancora il mese di luglio di quell'anno. La «spiaggia del conigli» era presidiata notte e giorno dai ragazzi della Legambiente che proteggevano le uova depositate dalle tartarughe. C'erano anche i turni di notte, per evitare che venissero calpestate. Ma i negrieri questo non lo sapevano e gettarono in acqua centinaia di immigrati, neri e seminudi. Il mare non era quello che l'altra notte ha rovesciato l'imbarcazione clandestina, così si salvarono tutti. Ma non sfuggirono ai carabinieri. Che scena, quella mattina. I fuggiaschi, scalzi com'erano arrivati, furono incolonnati in fila per uno, preceduti e seguiti dai «gipponi» delle forze dell'ordine. Senùjrava una scena rubata ad un film sulla schiavitù nelle piantagioni della Luisiana. Eppure quei «prigionieri» sorridevano, convinti che queDo era nulla a confronto di dò che avevano lasciato neirispettivi paesi. Il sorriso era destinato a svanire, davanti al centro di accoglienza adiacente all'aeroporto, lo stesso che ora ospita i superstiti dell'ultima tragedia. Troppo piccolo per ricevere tutti. E allora unafolla immensa fu smistata in uno slargo in fondo al porto principale. Ore di attesa sotto il sole, coi poliziotti impietositi ad offrire acqua fresca e la distribuzione del sacchetto col panino prosciutto e formaggio. Poi la partenza per i centri di raccolta più grandi di Agrigento e Trapanr. Dove la vita non è migliore. Diciamolo pure, dove i clandestini vivono in regime di segregazione. E ogni tanto scoppiano: comma accadde al centro di smistamento «Serraino Vulpitta» di Trapani. Morino in tre nell'incendio da loro stessi appiccati per cercare la fuga.. Da allora quasi nulla è cambiato. Li n anno fa SCafistì assassini scaraventarono in mare il loro carico Soltanto in sette riuscirono a raggiungere la riva, gli altri tra cui due donne sparirono tra le onde e non furono più ritrovati CAPqmi^ SICILIA AGRIGENTO CATV mS SIRA( ÌE dì siciua MASIA Un gruppo del superstiti nel campo di accoglienza di Lampedusa

Persone citate: Cala Creta, Cala Madonna, Carlo Gualdi, Serraino, Sira