Il boicottaggio a Benigni diventa un caso politico

Il boicottaggio a Benigni diventa un caso politico Il boicottaggio a Benigni diventa un caso politico Fassino: ma che paese stiamo diventando? Scettico anche il centrodestra Maria Teresa Meli ROMA Indùbbiamente la provocazione di Giuliano Ferrara, che ha "minacciato" di gettare uova e ortaggi contro Roberto Benigni, al festival di Sanremo, e che per far proseliti ha lanciato la campagna BoBe (boicottare Benigni, per l'appunto), ha già sortito i primi effetti. Magari (anzi, probabilmente) sul palco dell'Ariston non succederà un bel niente, ma intanto nei palazzi della pohtica si discetta con toni gravi dell'iniziativa del direttore del "Foglio", mentre una troupe di "Striscia la notizia" si introduce notte tempo nel teatro dove si svolge la manifestazione canora per dimostrare che, da una certa ora in poi, la sicurezza è praticamente nulla. E a proposito di sicurezza, tutte le autorità assicurano che non vi saranno spiegamenti di forze dell'ordine straordinari, quando, sabato sera. Benigni salirà sul palco, ma un certo nervosismo circola anche da quelle parti, perché non si sa mai... Già ieri, del resto, Pierluigi Diaco, collaboratore del Foglio, nonché conduttore del dopo Festival su Radiodue, ha tirato un uovo "dimostrativo" davanti all'Ariston. Così, mentre Roberto Benigni assicura di essere «tranquillo», a Sanremo, come a Roma, non si fa che parlare della provocazione di Ferrara. La commissione di Vigilanza Rai, presiedu¬ ta dal diessino Claudio Petruccioli, che si è riunita ieri, non ha discusso del "caso", in compenso ha chiesto copia del contratto stilato con la Rai per il Festival da Manuela Arcuri, rea di essere protagonista di una "fiction" su Canale 5. Di Benigni, comunque, hanno parlato a Montecitorio, in un intervallo tra ima lite e l'altra, maggioranza e opposizione. Ognuno fedele al proprio ruolo, anche in questa vicenda. Ha preso a cuore il "caso" Piero Fassino. Il segretario Ds si è appellato a Ferrara: «GU chiedo - ha detto di ripensarci: proporre di lanciare ortaggi contro un artista mal si concilia con chi professa quotidianamente una fede liberale e tollerante. Mette tristezza ve¬ dere che Paese stiamo diventando, se si ha paura dell'ironia di un artista». E il leader della Quercia ha concluso così: «La libertà è indivisibile: o c'è per tutti o non c'è per nessuno». Il capogruppo Ds a Montecitorio Luciano Violante ha invita tutti alla calma: «Evitiamo - ha detto - di riscaldare un clima già abbastanza caldo». E un altro esponente della Quercia, Pietro Polena, ha sottolineato come quello che sta succedendo la dice «lunga sul clima che si sta instaurando nel Paese». Roberto Giachetti, deDa Margherita, ha ipotizzato addirittura che quello di Ferrara possa configurarsi come «un atto di squadrismo». E il verde Paolo Cento si è scagliato contro «l'intimidazio- ne» del direttore del Foglio. Nell'opposizione solo Giuseppe Giulietti sembrava prendere a ridere tutta la faccenda. Tant'è vero che ironicamente, proponeva di far salire sul palco, insieme a Benigni, anche Berlusconi, per un gustoso siparietto comico. Ma se a Montecitorio, tranne qualche eccezione, nel centrosinistra il "caso Benigni" veniva discusso con la stessa gravità di toni che si utilizza per commentare l'ultima dichiarazione di Berlusconi, non è che nella Casa delle Libertà la faccenda venisse presa meno sul serio. Il ministro delle Comunicazioni Gasparri si dichiarava contrario «a qualsiasi boicottaggio». E comunque: la provocazione di Ferrara avrebbe fatto guadagnare audience alla Rai, copie al Foglio e attesa per Benigni. Il senatore dell'Udo Maurizio Ronconi, fedele alla parte del centrista moderato, invitava Ferrara a lasciare le uova a casa: «Altrimenti - spiegava - ci fa passare dalla parte del torto». E una certa apprensione che l'iniziativa del direttore del Foglio possa rivolgersi contro la Casa delle Libertà, nella maggioranza c'era. Così An, con Teodoro Buontempo e Michele Bonatesta, da una parte sollecitava Benigni a non buttarla in pohtica, a Sanremo, ma dall'altra redarguiva Ferrara. Mentre il forzista Raffaele Costa giudicava «un eccesso» la sortita del direttore del FogUo.