Tre arresti a Roma, sgominata una cellula di terroristi islamici

Tre arresti a Roma, sgominata una cellula di terroristi islamici Tre arresti a Roma, sgominata una cellula di terroristi islamici L'indagine durava da mesi. Gli inquirenti sono intervenuti quando, nel corso di un controllo telefonico, hanno sentito parlare di una bomba «già pronta». Una mappa degli «obiettivi» ROMA Tre arresti, due fenili, una sesta persona ricercata. Una gran mole di materiale sequestrato dai carabinieri del Reparto operazioni speciali: videocassette contenenti immagini della guerra russo-cecena e di manifestazioni politiche del Fronte Islamico della Salvezza, agende, numeri di telefono, riferimenti a collegamenti intemazionali sulla cui natura magistrati e carabinieri nutrono pochi dubbi. E poi una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche che consegnano agli investigatori il quadro di una organizzazione terroristica pronta ad entrare in azione. Anche perché, durante una perquisizione, è stata trovata una piantina di Roma sulla quale erano evidenziati alcuni «obiettivi», uno dei quali, in via XX settembre, potrebbe corrispondere alla sede dello Stato maggiore della Difesa. E' questo il risultato di una indagine nata alcuni mesi fa e improvvisamente accelerata, dopo la scoperta dei preparativi di un attentato chimico all'ambasciata americana o alla sede britannica. L'identità degli arrestati è certa: Goumri Chihab, algerino di 31 anni; Mansour Abdelmoname Ben Khalifa (detto Naim), nato a Sfax (Tunisia) nel 1969 e Ahmad Naseer, un pakistano di 39 anni che viene considerato il capo della cellula. «Una delle tante cellule in sonno - ha commentato uno degli investigatori - che sembrano esser passate alla fase di risveglio». I nomi dei fermati non sono stati dati e neppure si conosce l'identità della sesta persona fermata, un uomo catturato ieri mattina all'aeroporto di Fiu- micino insieme con Naseer. Entrambi erano appena rientrati dall'Arabia Saudita col volo 155 della «Saudi Arabian Airlines», i carabinieri li attendevano non senza la preoccupazione che i due potessero aver deciso di non tomare in Italia, rendendo vani mesi di indagini e il provvedimento giudiziario firmato dal gip Adele Rando su richiesta dei sostituti procuratori lonta. Salvi, De SiervoeSaviotti. Sulla pericolosità del gruppo sembra non vi siano dubbi. Gli investigatori dispongono di registrazioni audio e visive che dimostrerebbero i programmi eversivi della cellularlslamica, la" ricerca e il possesso di armi, ma soprattutto ---. la- determinazione di, entrare ih azione. H centro operativo della banda è stato individuato in uno scantinato adibito a luogo di culto: la moschea «Al Harmini» di via Gioberti, alle spalle della stazione Termini. Lì tenevano i contatti con una serie di personaggi che adesso sono sotto osservazione dei carabinieri e parlavano tra di loro e al telefono. Spesso di riunivano in un soppalco, che è stato passato al setaccio dagli investigatori, e parlavano di soldi, di pistole, di fucili, di kalashnikov, di milioni che andavano e venivano. In una intercettazione del 4 gennaio scorso un uomo chiede ad un altro: «Hai armi?» Secca la risposta: «Le ho prese con me». E il giorno dopo due arabi che parlano in italiano sembrano chiedersi «cos'è questo giocattolo, kalashnikov...», mentre in sottofondo si sente il rumore metallico del fucile che-viene caricato, r Le registrazioni lasciano trapelare la preoccupazione del gruppo per una . perquisizione conipiuta dai carabinieri e contemporaneamente tradiscono la certezza della «militanza» nel Già e nel Fis, concretizzata anche nella ricerca di fondi per finanziare la resistenza afghana. Parlano spesso di soldi, Nase¬ er e soci. Vengono utilizzati anche i telefoni della «Raval International Travel Agency», agenzia di viaggi verso i paesi sacri dell'Islam. Una strana agenzia, piena di volantini contenenti dichiarazioni di protesta contro la guerra in Afghanistan, accuse alla Cia e all'Fbi indicati come ispiratori degli attentati dell'11 settembre a New York e a Washington. Anche dalla «Raval» vengono ascoltati strani discorsi sul futuro impiego di 15 milioni di dollari, destinati a qualcosa ancora non chiarita. Gli interlocutori nominano Sin Laden, ad un certo punto c'è qualcuno che dice «Uccido Bush», un atro annuncia che «la bomba è pronta» e poi qualcuno invita il suo interlocutore a «spararell colpo sul carabiniere». A quel punto, forse, si è deciso di interrompere la trama, nel timore che potesse accadere qualcosa di irreparajile. Gli investigatori sono appena al- l'inizio dell'indagine. Una delle ipotesi colloca la cellula come aderente al «Gruppo Salafita di Predicazione e Combattimento», l'unico vero organismo che si' è'assunto il compito di «accendere» gli islamici sparsi nel mondo. Non è ancora provato il collegamento coi marocchini che sono stati trovati in possesso dell'occorrente per preparare un attentato chimico a Ro¬ ma. Ma l'eventualità non appare remota, anche alla luce delfattocheiquel gruppo sembrava solo una base d'appoggio per organizzazionidiìpiù.alto livello:' una sorta' di «service» che avrebbe dovuto semplificare il lavoro di una successiva squadra di professionisti. Una perquisizione è stata compiuta a Primavalle in una moschea frequentata da uno dei componenti del gruppo. Il tempo scioglierà tutti i dubbi, atìche'se appare sempre più evidente come Roma sia punto nevralgico del terrorismo islamico, rimasto inattivo nel nostri) territòrio'fino a' quando si è trattato di utilizzare l'Italia come base non ostile. Dopo la dichiarazione di guerra delle «Twin Towers», l'atteggiamento è cambiato. [f. 1.1.1 Controlli nel tombini di via Bissolati, davanti all'ambasciata degli Stati Uniti a Roma

Persone citate: Adele Rando, Ahmad Naseer, Bush, Goumri Chihab, Mansour Abdelmoname, Naseer, Saudi Arabian Airlines, Towers