Gli irriducibili aprono il congresso della Lega di Fabio Poletti

Gli irriducibili aprono il congresso della Lega Gli irriducibili aprono il congresso della Lega Slogan forti in attesa di Bossi. E domani arrivano Fini e Berlusconi Fabio Poletti MltANO Ce n'è per tutti. Il trentino Erminio Boso tira in ballo i vertici del partito: «Ce chi pensa solo alla sedia e ferma la rivoluzione». Il capo gruppo in Veneto Franco Manzato se la prende con gli alleati di governo: «Nella Casa delle libertà ci sono gli ex del pentapartito e se non ci fossimo noi...». Il piemontese Giansilvestro Ghiò ce l'ha con chi non fa i distinguo: «Non si può mettere sullo stesso piano il Serenissimo detenuto Luigi Faccia, con Adriano Sofri che invece è giusto che stia in carcere perché ha insegnato a uccidere». Tutti, ma proprio tutti prendono di mira «chi non crede che siamo forti e vinceremo». Al Filaforum di Assago, il primo giomo del congresso della Lega in attesa di Bossi e dei ministri, si va a briglia sciolte. Si dà sfogo al «mal di pancia» del Carroccio che conta poco nei numeri - «Dicono che siamo al 3 per cento, ma dove sono finiti gli altri?», si chiede Boso tra tanti applausie si dà fiato a chi rivuole la Lega di lotta, perché sta stretto nei panni di governo. Come il presidente uscente Stefano Stefani, che guarda alle amministrative di maggio e un po' sogna - «Sarebbe bello correre da soli», dice - ma poi fa come Montanelli alle prese con il voto alla De: «Ci tureremo il naso». Doveva essere il congresso dell'epopea di Umberto Bossi. Dell'orgoglio padano al governo, che porta a casa la devolution e un posto nel oda della Rai. Del murales che campeggia dietro al palco, con l'uomo dai muscoli di marmo simil realismo socialista e impugna la bandiera della libertà con scritta cubitale: «Sovranità dei popoli». E dello slogan che fa tanto Sessantotto: «Fermate il mondo la Padania vuol salire». E invece si inizia con Francesco Speroni, che dalla presidenza del congresso rassicura gli alleati; «Domenica verranno Berlusconi e Fini. Non credo che ci saranno contestazioni. L'alleanza di governo è solida». In mezzo a questo tendone tutto verde dove ci sono più giornalisti che delegati, dove stanno ancora montando i gazebo che non c'è fretta, dove i militanti sono stati convocati solo per oggi con apposito invito nemmeno fosse un assemblea di condominio - «Il congresso si apre venerdì in prima convocazione, sabato in seconda...», c'è scritto - la prima giornata se la conquista Erminio Boso da Trento: «Via chi accumula cariche nel nome del popolo del Nord. Basta con i capi che si sono seduti sulle sedie qui c'è una rivoluzione da portare avanti... Solo Bossi può avere doppi incarichi. Gli altri o stanno al governo o stanno nel partito». Cosa gli interessi, lo si capisce subito. Stefano Stefani dà l'addio dopo sette anni da presidente del movimento: «Potrò essere criticato, ma ho sempre cercato di coprire le spai e a Bossi». Erminio Boso, si candida al suo posto. E per farlo, fa leva sull'orgoglio padano, sulla coscienza dei militanti, sull'essenza della Lega delle origini: «Dobbiamo tomare a quel movimento che voleva fare la rivoluzione. Dobbiamo recuperare le truppe che abbiamo perso. Dobbiamo tornare a Pontida...». Al «movimentista» Boso non piace nemmeno lo slogan del congresso: «Il mondo non si deve fermare per far salire la Padania, siamo noi il mondo». Boso ama le parole forti, le battaglie aspre come quella contro l'Europa «che soffoca i popoli» come dice Bossi: «Dovrebbe mettere a ferro e fuoco Forcolandia». Gli altri che si alternano sul palco davanti alla platea semivuota, si accontentano di molto meno. A Maurizio Trevisani da Verona, basterebbe che gli extracomunitari non rubino gli attrezzi dal suo cantiere: «Vogliamo lavorare tranquilli, non vedo l'ora che la legge contro di loro "venga" eseguita». Giansilvestro Ghiò si accontenterebbe che sparisse «la sinistra dei ciarlatani da strapazzo come Flores d'Arcais, Zaccaria, Rancho Pardi, Tonino Di Pietro e tutti gli altri che dobbiamo schiumarli e buttarli nel cesso». Trovare la sintesi di tutto questo toccherà oggi a Bossi, nel primo dei suoi due interventi al congresso. Una sintesi non impossibile, dice Giancarlo Giorgetti, neosegretario della Lega lombarda: «Dobbiamo calare nella politica quello che siamo, una forza popolare e popolana, ma senza dimenticare il cuore». E allora vanno bene pure gli interventi dei primi delegati a salire sul palco, quelli dell'associazionismo padano che in nome del «Sole delle alpi» hanno battezzato una montagna in Kighizistan o una strada in Perù. Gente che ci crede. Altro che cancellare «per l'indipendenza della Padania» dal nome del movimento, come alcuni delegati vorrebbero mettere ai voti l'ultimo giorno.

Luoghi citati: Assago, Europa, Perù, Pontida, Trento, Verona