-ra la diaspora e il ritorno un amore infelice di Agnon
-ra la diaspora e il ritorno un amore infelice di Agnon -ra la diaspora e il ritorno un amore infelice di Agnon RECENSIONE Elena toewenthal ■■" a lenta e ca- ^^ ' denzataco- i ' meun'anti- m ca cantilena, la prosa di Shemuel Yosef Agnon. Nato in Galizia nel 1888, questo scrittore che nel 1966 vinse insieme a Nelly Sachs l'unico, sino ad ora, premio Nobel della letteratura israeliana, giunse ben presto in Terra Promessa. Alla sua scrittura l'ebraico moderno deve nella sostanza i propri canoni letterari, benché Agnon sia sempre in bilico fra la diaspora e il ritorno, vuoi nel sceghere il teatro delle sue storie vuoi nell'adottare un lessico più o meno tradizionale. Tanta nostalgia - una nostalgia di ombre e colori tenui, di luci appena accennate - e altrettanto sarcasmo corrosivo egli usa nel raccontare. Bompiani ha recentemente ristampato Eii torto diventerà diritto, (nella memorabile traduzione di Dante Lattes): la storia di una specie di Don Chisciotte povero in canna in un ghetto d'Europa, che parte alla scoperta del mondo perché è arrabbiato con il destino. Di cifra opposta è invece Una storia comune, romanzo affresco appena tradotto da Adelphi. Hershl è un eroe all'inverso: è un bravo ragazzo che pensa molto e tutto in lui appare normale, sbia- RECENEltoew SIONE a nthal dito. Persino la follia che lo assale e parrebbe sul punto di capovolgere tutto. Ma non è così: la follia è soltanto un colpo di vento che passa lasciando tutto come prima, una folata anomala che si dimentica perché non lascia tracce. Come se non fosse mai esistita, direbbe la Bibbia. Mentre infatti Menasceh Hajim de E il torto diventerà diritto abbandona il suo mondo per partire alla ventura, Hershl non partirà mai dal suo villaggio, mai seguirà quello che l'amore per Blume-gli detta, nemmeno si tufferà fino in fondo negli abissi di quei testi di Qabbalah attraverso i quali dalle pareti delle case di studio si evadeva per volare alto, almeno fino al cielo. Non lascerà nemmeno la florida bottega dei genitori, di cui eredita talento nel mestiere, garbo nel trattare, avvedutezza nel concludere gli affari. L'aria di Shibush, narra Agnon, il villaggio dove la storia inizia e finisce, «è in grado di trattenere i suoi rampolli... In effetti Hershl aveva pensato di scappare da Shibush, ma gli basta posare la testa sul suo cuscino e avvolgersi nella sua coperta per sapere che non si muoverà da Shibush». Sarà certo, anche merito del cibo, continua il narratore, che qui emana dalle cucine e addormenta gli animi, tant'è buono, intenso. Fatto sta che, rinunciando a quella Blume che gli toghe il sonno, gli scalda e raggela la mano a seconda della vicinanza da lei, Hershl acconsente di buon grado a sposare Mine: una ragazza brava e anche graziosa, che impara persino ad amarlo. Soprattutto ad accudirlo. Tutto, si svolge con lentezza pigra: anche la passione inespressa di Hershl è come intirizzita dal freddo, come se l'aria a Shibush fosse così spessa da far nuotare tutti faticosamente dentro un tempo che non passa mai. Poi viene una follia repentina, che esplode da un momento all'altro. Questa volta Hershl parte davvero: Lemberg è la città dove si reca per guarire. Guarire significa far tornare tutto come prima, varcare la sogha di casa dove c'è Mine con un bambino in braccio e un altro in arrivo, come se niente fosse stato. Non c'è niente di più comune di una storia d'amore infehce, lascia intendere Agnon raccontandoci questa storia in fondo così triste e straordinaria, impregnata di una rassegnazione atavica e di una sapienza fin troppo lucida. La storia finisce là dove era cominciata, nulla è più fuori posto. Quasi nulla. Ogni storia da raccontare è una cosa fuori posto e, ammicca lo scrittore in chiusura, c'è ancora da raccontare la storia di Blume: una donna giovane e sfortunata che tace quasi sempre e quasi sempre lavora, che ha capito più di tutti gli altri ma che sa che una storia comune deve restare così com'è. «Una storia comune», dell'unico Nobel israeliano: Hershl non partirà mai dal suo villaggio, mai seguirà ciò che il sentimento gli detta, nemmeno si tufferà fino in fondo nella Qabbalah Agnon: nato in Galizia nel 1888, nel 1966 vinse insieme a Nelly Sachs l'unico, sino ad ora, premio Nobel della letteratura israeliana
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