Milano, prima condanna per membri di Al Qaeda Ma non per terrorismo

Milano, prima condanna per membri di Al Qaeda Ma non per terrorismo DAI QUATTRO Al CINQUE ANNI DI RECLUSIONE PER IL GRUPPO TUNISINO ACCUSATO DI FAR PARTE DELLA RETE DI BIN LADEN Milano, prima condanna per membri di Al Qaeda Ma non per terrorismo Il pm è soddisfatto: il Gli avvocati difensori: giudice ha accolto le nostre richieste ma il reato più grave è stato escluso Paolo Colonnello MILANO «E' la prima sentenza di condanna in Europa dopo 1' 11 settembre che riconosce la presenza sul territorio di una cellula terroristica legata ad Al Qaeda», commenta il pubblico ministero Stefano D'Amaruoso «moderatamente soddisfatto». «Questa non è una sentenza per terrorismo ma per documenti falsi e immigrazione clandestina. Ricorreremo in appello», replica il difensore Gianluca Maris. C'è un'unica certezza al termine del processo con rito abbreviato che si conclude davanti al giudice dell'udienza prehminare Giovanna Verga, ed è che i quattro tunisini arrestati lo scorso aprile con l'accusa di aver organizzato una cellula di appoggio logistico alla rete fondamentalista di Osama bin Laden vengono condannati dai quattro ai cinque anni di reclusione. Pena più alla per il presunto capo del gruppo, quell'Essid Sami Ben Khemais, soprannominato «Saber», che nelle innumerevoli intercettazioni parlava di Afghanistan, di gas, di attentati e che manteneva contatti con i «fratelli» in Germania, Spagna e Gran Bretagna. Identica pena anche per Mokhalar Bouchoucha, il suo vice. Un anno in meno invece ai due gregari, Tarek Charaabi e Mohamed Ben Belgacem Aouadi. Il pm aveva chiesto rispettivamente 6 anni per il capo e 4 anni per gli altri, pene già decurtate di un terzo vista la scelta degli imputati di accedere al rito alternativo. «Apparentemente può sembrare ima pena contenuta - spiega il pm - ma in realtà è la prima volta che per reati del genere scattano condanne così consistenti. Il fatto che non fosse contestato il terrorismo si deve al fatto che fino a pochi mesi fa, cioè fino a dopo gli attentati di New York, nel nostro codice non era riconosciuta l'associazione eversiva per chi svolgeva attività in ambito intemazionale. Ma l'accusa ritiene che sia slata dimostrala la natura terroristica del gruppo in senso lato, a prescindere dalla qualificazione giuridica che all'epoca degli arresti e delle indagini si poteva contestare». 11 giudice ha però accolto parzialmente le tesi dell'accusa. La differenza la fanno i reati contestati nella sentenza: rimasta l'associazione per delinquere ma non più per trasporto e detenzione di armi e aggressivi chimici bensì finalizzata «soltanto» all'utilizzo di documenti falsi. E non per favorire l'ingresso in Italia d'immigrazione clandestina ma solo per favorime il soggiorno. Infine non più fabbricazione di documenti falsi ma semplice ricettazione. Secondo l'altro legale della difesa, l'avvocato Antonio Nebuloni, si tratta di condanne e reati che equivalgono a quelli contestati normalmente «ai marocchini che spacciano 20 grammi di coca: se si crede che questi sono torroristi allora la pena doveva essere più grave, viceversa siamo di fronte a una condanna abnonne». «Comunque - aggiunge l'avvocato Maris è andata bene perché il giudizio è arrivato in una situazione intemazionale difficile ed e positivo che il giudice abbia tenuto conto delle nostre richieste». Bisognerà però aspettare le motivazioni della sentenza, che verranno depositate entro 90 giorni, per capire se i quattro tunisini condannati ieri sono stati comunque considerati dei terroristi. E per alcuni di loro, come per esem¬ pio Essid Sami, il «capo» - o meglio, uno dei capi, visto che altri «ideologi» probabilmente ben più importanti e pericolosi sono riusciti a sfuggire alla cattura - gli investigatori non hanno dubbi. Al termine del dispositivo, il giudice comunque ha voluto concedere un atto di clemenza, evitando di ordinare l'espulsione dei quattro imputati al termine della loro pena. I quali, confermano i legali, sono intenzionati a chiedere asilo politico al nostro Paese. Uno di loro, Essid Sami, è stato ad esempio condannato da un tribunale militare a Tunisi a 20 anni di reclusione e, come ha ricordato nella scorsa udienza, «se tomo lì, mi tagliano la gola». I ministro dell'Interno Claudio Scajola

Luoghi citati: Afghanistan, Europa, Germania, Gran Bretagna, Italia, Milano, New York, Spagna, Tunisi