Pilota e musulmano cioè TERRORISTA

Pilota e musulmano cioè TERRORISTA LÀVIGENDA DEL FRANCO-ALGERINO LOFT! RAISSI, SOSPETTATO PER L11 SETTEMBRE Pilota e musulmano cioè TERRORISTA la storia AudreyGillan LO trascinarono nudo fuori casa e lo buttarono sui sedili posteriori di un'auto della polizia. Le tre del mattino, e Lotti Raissi, buttato giù dal suo letto, veniva arrestato in relazione agli attacchi dell'II settembre. Mentre i poliziotti perquisivano il suo appartamento vicino all'aeroporto di Londra-Heathrow, lui veniva lasciato in macchina a tremare di fireddo, finché non gli fu gettata una tuta. Il pilota francoralgerino non si raccapezzava. Ripensandoci ora, dice die credeva di sognare. Perché mai veniva portato via in quel veicolo, con la moglie francese Sonia in un altro? E quali informazioni potevano avere, che la polizia trovasse interessanti perché collegate agli attacchi alle Torri e al Pentagono? Per un attimo pensò addirittura a un rapimento. Raissi avrebbe dovuto capire che qualcosa di terribile stava accadendo quando un funzionario di Scotland Yard aveva toccato con le nocche delle sue dita il diploma di pilota di 737 che stava appeso al muro e, voltandosi sorridendo verso il collega, gli aveva detto: «Ecco il nostro uomo». Avrebbe dovuto capire, Raissi, quando un mandato d'arresto gli venne sventolato sotto il naso, una pistola gli fu puntata alla tempia e lui venne spintonato in strada diretto al più vicino commissariato di polizia. Quel 21 settembre, Raissi divenne il primo accusato di comphcità negli attacchi dell'II settembre. L'uomo che aveva passato la sera guardando in cassetta un film di Anthony Hopkins e preparando un «magnifico pranzetto» alla moglie, adesso vedeva il suo nome fare il giro del mondo: era diventato il sospettochiave della più grande indagine della storia criminale. Quando finalmente comparve davanti ai giudici britannici, autorità americane dissero che con ogni probabilità sarebbe stato accusato di cospirazione finahzzata all'omicidio. Rischiava la pena di morte. Dissero anche che aveva personalmente addestrato quattro dei dirottatori che avevano orchestrato l'attacco dell'II settembre, tra cui Mohammed Atta. Ne avevano le prove, aggiunsero, compreso un video e alcune telefonate. Il video risultò essere uno spezzone di webcam in cui Lotti era ripreso non con un dirottatore, ma con un cugino. Da allora, nel corso di sei audizioni in aula, le prove dell'Fbi contro Raissi si sono lentamente sgretolate. Martedì scorso un giudice distrettuale ha sfidato il governo Usa e liberato Raissi su cauzione: era assai improbabile, disse, che l'America potesse sostenere un'accusa di terrorismo contro il ventisettenne franco-algerino. Dopo quasi cinque mesi chiuso 23 ore e mezza al giorno in cella una del carcere di massima sicurezza di Belmarsh, nel Sudest di Londra, Raissi era libero di ritornare a casa dietro ima cauzione di 15 mila euro. Rischia l'estradizione per due imputazioni minori, non legate al terrorismo. Venerdì la tuta bianca è stata sostituita da una camicia color malva, una cravatta Pierre Cardin, una cintura Saint Laurent e un magnifico paio di gemelli da polso. Raissi vuole di parlare della sua innocenza e di come fosse stato un «capro espiatorio». Guarda la moglie, un tempo ballerina di cabaret, e dice: «Avevano bisogno di un capro espiatorio e il bello del capro espiatorio che si sono creati è che sapevano benissimo che io sono innocente. Dopo sette giomi di indagini probabilmente sapevano che non avevo niente a che fare con tutto ciò. Il bello di questo capro espiatorio è che doveva essere un pilota, arabo e musulmano. Ecco che con me avevano trovato il capo espiatorio ideale, avevano fatto bingo». Per settimane, Raissi è stato autorizzato a uscire nel cortile per soli 15 minuti al giorno, ma non apprezzava neppure queUi. Perché lì fuori poteva sentire gli aeroplani volare sulla sua testa, poteva vederli nel cielo e questo lo riempiva d'orrore, proprio lui che tutta la vita aveva sognato di diventare pilota. «Avevo paura persino a guardare un aeroplano. Quando uscivo in cortile, non alzavo nemmeno la testa per guardare il cielo, speravo solo che fosse nuvolo. Ero sconvolto all'idea che potessero collegarmi con quella cosa così terribile, sapevo di essere innocente». Raissi racconta che la sua vita si è bloccata il 21 settembre con il suo arresto, ed è appena ripartita con la sua liberazione. Il carcere era particolarmente duro perché tutti avevano visto la sua fotografia in televisione o sui giornali e lo ritenevano responsabile della vita di migliaia di persone. Era trattato «molto, molto, molto male». Racconta: «Non ci sono parole per descrivere quello che ho passato. Non riuscivo a respirare, non riuscivo a pensare, non riuscivo a dormire, non riuscivo a mangiare». Neppure ora riesce a parlare di quei giorni. Respira profondamente, poi comincia a piangere e lascia la stanza con la moglie e l'avvocato. Quando ritoma, dice che se solo cominciasse a parlare degli abusi subiti in carcere, non riuscirebbe più a fermarsi. «A un certo punto non mi lasciarono più incontrare il mio avvocato. Ci vollero sei settimane perché potessi vedere mia moglie dietro il vetro». Inizialmente Raissi venne messo nella controversa unità di massima sicurezza del carcere, ma tre o quattro giorno dopo fu spostato nell'ala dei prigionieri ad alto rischio. Un poliziotto lo informò che sarebbe stato dato «in pasto ai lupi». Il fratello di Raissi cominciò a chiamare vecchi amici in America, a controllare dati con il suo istruttore di volo, con gli altri allievi - Raissi aveva passato quattro anni a Phoenix, Colorado, per imparare a fare il pilota, qualifica¬ to per insegnare sui simulatori di volo. Durante l'interrogatorio nella stazione di polizia di Paddington Green, Raissi aveva consideralo del tutto naturale che la polizia volesse guardare nel suo passato: dopotutto, rientrava benissimo nel profilo dei terroristi. «Poiché ritengo che la polizia britannica sia la migliore al mondo, e l'abilità di Scotland Yard e dell'Fbi insuperabile, dissi che gli attacchi agli Stati Uniti erano una cosa orrenda, che io ero un pilota e un istruttore di volo, e che avevano tutti i diritti di indagare su di me. Pensavo che la faccenda sarebbe durata un paio di giomi, poi sarebbero temati da me a scusarsi e a dirmi: "Ciaociao, amico". Fui sconvolto, quando non lo fecero». Raissi sognava di fare il pilota da quando aveva quattro anni. Suo padre, uno steward, aveva il brevetto di volo per piccoli aeroplani a elica e spesso portava il figlio con sé. Da allora, il ragazzo divenne sempre più volo-dipendente. «Ero affascinato dal volo. Affascinalo da Charles Lindbergh. Volevo diventare pilota. Un buon pilota, un capitano, un comandante. Volevo entrare nell'industria aeronautica. Lavoravo sodo. Sono cresciuto respirando aviazione, sognavo l'aviazione, era quello il perno della mia vita». La famiglia Raissi è molto occidentalizzata rispetto agli standard algerini. Lo zio di Raissi, Karim, era capo dell'antiterrorismo in Algeria. Sua madre Raeba è stata un'attivista contro il terrorismo. Adesso gestisce un piccolo commercio e ha pagalo larga parte dell'addestramenlo di volo del figlio. Raissi abitava vicino a Heathrow perché slava adeguando la sua patente di volo ai requisiti europei. Sonia lavorava a terra per Air France. La coppia progettava di trasferirsi negli Stali Uniti a ottobre, così che Lotfi potesse trovare un lavoro come istruilore di volo. Tutto crollò con il suo arresto. Sonia perse il lavoro perché era in aeroporto e lei ormai era considerala una persona troppo rischiosa. Persero anche l'apparlamenlo - e Sonia dovette andare a vivere con il fratello di Raissi. Pur squassalo dagli eventi degli ultimi mesi, Riassi resta un ollùnisla. E' uscito di galera e ha ancora fiducia nel sistema, anche se si potrebbe pensare che l'hanno trattalo molto male. Dovrà ancora presentarsi ai giudici il prossimo 28 marzo e c'è qualche probabilità che lo estradino per due vecchie storie: aver mentilo su ima vecchia ferita a tennis nella domanda per il brevetto di pilota e non aver descritto nei dettagli una condanna criminale che risale a quando aveva 17 anni. Prendendo la mano di Sonia, Raissi dice: «Non ho dubitalo per un solo secondo della giustizia britannica. Una volta e un'altra e un'altra ancora la richiesta di libertà provvisoria su cauzione è stala respinta, ma noi siamo stali pazienti. Il risultalo, eccolo qua: sono seduto accanto a mia moglie e mio fratello. So che posso tornare a respirare e questo è un buon punto di partenza. Vivrò la mia vita, sono mollo fortunato». Copyright The Guardian Dieci giorni dopo gli attentati, alle tre del mattino, agenti di Scotland Yard lo hanno trascinato nudo fuori del suo alloggio vicino a Heathrow e chiuso in una «volante» L'accusa: avere addestrato 4 kamikaze dell'attacco all'America I poliziotti hanno puntato il dito sul suo brevetto incorniciato di pilota di 737 dicendo «Ecco il nostro uomo, ti daremo in pasto ai lupi» Le «prove» erano state fornite dall'Fbi. Ora dice: «Mi hanno trattato molto male. Non riuscivo a respirare, a pensare, a mangiare» Loft! Raissi con la moglie Sonia che lavorava come hostess a terra per l'Air France e ha perso il posto perché considerata «a rischio». Il pilota si era stabilito In Gran Bretagna per adeguare il suo brevetto di volo americano agli standard europei