Alla Corte dell'Aja entra in scena l'odio di Giuseppe Zaccaria

Alla Corte dell'Aja entra in scena l'odio L'EX PRESIDENTE A TESTA BASSA CONTRO LA SIGNORA CHE LO HA FATTO ARRESTARE Alla Corte dell'Aja entra in scena l'odio Sempre più teso il clima fra l'imputato e la Del Ponte personaggi Giuseppe Zaccaria inviato all'AJA A Slobodan Milosevic le donne non sono mai andate particolarmente a genio. A parte quella per la moglie Mira, non gli si conoscono debolezze o passioni, tranne forse un'ammirazione del tutto platonica per una bionda signora montenegrina, brevemente impegnata come vice ministro e fino a qualche anno fa di straordinaria bellezza. Non gli si attribuivano però neppure accessi di misoginia. E' accaduto adesso: la sola donna che l'ex presidente odii con tutte le sue forze è la signora Carla Del Ponte, procuratore al tribunale intemazionale dell'Aja. Ieri quest'odio compresso è esploso in una serie di dichiarazioni che hanno scalfito un «aplomb» studiato a lungo: «Ma come si permette, la signora Del Ponte...». I soli momenti di asprezza in un intervento giocato tutto sui toni dello statista. In realtà Slobo se la prendeva con la signora per errori commessi da altri, ma in quanto capo del «team» di accusatori, alla procuratrice più famosa d'Europa è toccato sorbirsi la tirata, sia pure con aria quasi imperturbabile. Ecco un'altra novità: fino a ieri Milosevic aveva sempre evitato di attaccare direttamente il procuratore, le sue proteste erano rivolte al tribunale in quanto istituzione, almeno a suo dire, «politica». Adesso parte a testa bassa contro la signora che l'ha fatto arrestare. Nelle prime due udienze, mentre a parlare erano la Del Ponte e i suoi assistenti, la telecamera cercava di cogliere qualche emozione nel volto pietrificato dell'ex presidente. Non molto, in fondo: qualche sorrisetto sprezzante, gli attimi in cui Slobo prendeva appunti (prima non l'aveva mai fatto, quasi a sottolineare quanto poco si curasse del tribunale) e solo un momento di sorpresa quando scorrevano immagini dei massacri serbi. Ieri è toccato a Carla Del Ponte essere inquadrata, mentre Milosevic imperversava. La signora ha un'autocontrollo meno marmoreo, ogni tanto mostra con una smorfia quanto poco le piacciano certi argomenti. Anche lei però, quando Milosevic ha esibito foto delle vittime delle incursioni Nato, si è mostrata colpita e attenta. Fino a ieri l'antipatia fra i due appariva evidente solo per chi si fosse impegnato in un esame delle dichiarazioni incrociate: oggi è diventata palpabile. Slobo se la prendeva con il tribunale, gli Stali Uniti, alcuni «traditori» europei e la signora Del Ponte a sua volta ribadiva nelle interviste come la figura dell'ex presidente dovesse ritenersi centrale nella drammatica, recente storia dei Balcani. Lei parlava a suocera perché nuora intendesse, attaccando preferibilmente il nuovo presidente Kostunica («Sono rimasta molto delusa dell'incontro con lui...») e la Serbia che resiste sorda all'irruzione del nuovo. Lui attaccava il tribunale senza mai citarne l'accusatore di punta. Uno ancora assiso nell'empireo dei Capi di Stato, l'altra protesa in una sforzo di volontà che punta a gettarlo giù dal trono. Stando ai racconti degli «amici curiae», negli ultimi giorni a far saltare i nervi all'imputato sono state alcune frasi dell'aintroduzione» della Del Ponte: soprattutto quelle in cui si è sentito definire «un eccellente tatticista e un mediocre stratega, le cui azioni sono state motivate solo dalla ricerca del potere». Poche ore prima il procuratore aveva detto al «Corriere del Ticino»: «Finora in aula Milosevic si è comportato da presidente: penso sarebbe un grande successo riuscire a fargli prendere coscienza di quel che ha fatto». Chi conosce Slobo, sa che a fargli perdere il controllo può essere solo ciò che mette in dubbio il suo atteggiamento di superiorità. All'avvocato Zdenko Tomanovic aveva detto, con sguardo furente: «Ma ha sentito queste assurdità?». E ieri, aprendo la sua torrenziale autodifesa, ha imputato alla Del Ponte cose che in realtà erano state dette dal primo dei suoi assistenti, l'mglese Geoffrey Nice. A 57 anni, Nice è uno dei più famosi avvocati d'Inghilterra. E' consigliere giuridico della Regina, noto oltre che per la cultura giuridica per un'eloquenza più latina che anglosassone e un'eleganza estremamente curata (porta solo camicie rosa). Al tribunale intemazionale ha già sostenuto l'accusa in altri due processi contro presunti criminali di guerra, ma nel caso di Milosevic, forse tradito dall'impeto, si è abbandonato ad affermazioni alquanto imprecise. A Slobodan non è parso vero di avere l'occasione per reagire. «Ma come si permette la signora Del Ponte - anche se in realtà il "lapsus" era stato di Geoffrey Nice - di parlare di esercito jugoslavo che varca i "confini" del Kosovo? Il Kosovo è, e resterà, una regione della Serbia: forse che l'Aja ha un confine con l'Olanda?» Poco dopo, altra sparata inattesa. Questa volta si parlava del suo molo di grande incantatore di folle: «Ma davvero pensano che io sia un supemomo, qualcuno che abbia qualche magico potere? Sono loro a dire che ho nel cervello, che cosa ho fatto e voglio fare?» Milosevic però resta soprattutto un animale politico. Quindi, continuando a mostrare indignazione, usa le scivolate di Richard May per reintrodurre il tema che gli sta più a cuore; quello del «genocidio» degh albanesi: «Per 76 giorni il Kosovo è stato bombardato in continuazione e voi dite che gli albanesi sono scappati a causa dei serbi... Ora l'accusa porterà qui testimoni che giureranno come non siano scappati a causa delle bombe Nato. E' qualcosa che offende l'intelligenza di qualsiasi persona normale al mondo...». La Del Ponte taceeincassa. Si attende la rivincita.