Berlusconi il giorno dell'ira di Ugo Magri

Berlusconi il giorno dell'ira LA CRESCENTE TENSIONE TRA PALAZZO CHIGI E MONTECITORIO Berlusconi il giorno dell'ira Gelido con «Pier», cordiale con Gianfranco: un equivoco retroscena Ugo Magri ROMA SILVIO Berlusconi ha trascorso il giorno romantico di San Valentino a ricucire i rapporti con Gianfranco Fini. La litigata della sera prima sulla Rai era stata parecchio sgradevole, tanto che «ho passato una nottataccia», ha confidato ieri mattina il premier ai sindaci di Forza Italia pregandoli di tenere la bocca chiusa (invece loro, senza farsi pregare, l'hanno subito raccontato ai cronisti). «Tu non puoi arrogarti il diritto di decidere che posti attribuire ad An, e addirittura chi metterci sopra, senza neppure avvertirmi», l'aveva apostrofato per telefono il vicepresidente del Consiglio, in un'esplosione di gelida ira. «E' un problema di metodo politico, ma anche di rispetto per le persone», gli aveva rinfacciato. Berlusconi, all'altro capo del filo, era caduto giù dalle nuvole. «Ma come? Non ti avevano avvertito che si era pensato a Sacca come direttore generale? Casini non ti aveva detto nulla? Dai, non è possibile...». E' possibile, è possibile, aveva protestato l'altro. Ieri mattina, e poi nel pomeriggio, infine a sera durante il Consiglio dei ministri, Berlusconi è tornato più volte alla carica col suo vice: «Non penserai davvero che abbia voluto tenerti all'oscuro», «dev'esserci stato un equivoco». E un giallo è nato effettivamente, circa gli eventi che mercoledì sera hanno portato alla rottura di un accordo praticamente fatto, i vertici Rai modellati sulle figure di Carlo Rossella presidente e Agostino Sacca direttore generale. Di quell'intesa ora restano le macerie, tutto azzerato proprio sul no orgoglioso di Fini. Che, sebbene un po' ammorbidito dalle spiegazioni del premier, all'ora di cena era ancora convinto di esser stato «messo in mezzo», come dicono all'ombra del Cupolone. Per cui in futuro Berlusconi non mancherà di colloquiare personalmente con Fini, mettendo da parte intermediari, portaordini e ambasciatori di vario rango. Più oltre il chiarimento reciproco non è andato, assicurano fonti vicine a entrambi, per cui si faceva prendere un po' troppo dall'entusiasmo chi ieri sera vedeva di nuovo Sacca in sella al cavallo alato di Viale Mazzini. A Pier Ferdinando Casini, viceversa, il Cavaliere non ha dedicato neppure una telefonata, uno scambio di opinioni, un saluto. Nulla di nulla. E la manifestazione più tipica dell'irritazione berlusconiana. Da giorni, anzi da settimane, il Cavaliere si va chiedendo «fino a che punto Pier vuole arrivare» nelle sue manifestazioni di autonomia politica. L'interrogativo è diventato tam-tam martellante da quando la partita-nomine è entrata nel vivo, e alle antenne del Cavaliere non fanno che giungere segnali d'allarme tipo: Casini si vanta di aver blocudto lui la candidatura Urbani al punto d'aver messo in mezzo Ciampi, ora si sta prodigando per affondare Rossella, anzi rinvia le nomine per bruciarlo definitivamente... Unite all'incidente di mercoledì sera. queste chiacchiere hanno reso irrespirabile l'aria nei pochi metri che separano Palazzo Chigi da Montecitorio. Chi di solito fa da cuscinetto tra i due, ammette senza reticenze che «Berlusconi è incazzato nero e i rapporti con Casini sono al minimo storico». Inutile aggiungere che ieri sera era tutto un rincorrersi di frasi non proprio amichevoli, attribuite ora al premier ora al presidente della Camera, la cui attendibilità tuttavia è impossibile verificare. L'unica cosa davvero certa è la frase buttata lì da Claudio Scajola, ministro dell'Interno, a margine di un vertice europeo in Spagna. «Quello che mi lascia sempre più sconcertato è che nessuno in Italia svolge il proprio compito... Se ognuno in questa repubbhca facesse quanto la Costituzione gli assegna, senza andare a prendere i compiti degli altri, sarebbe meglio per tutti». Traduzione: Casini faccia il presidente della Camera e la smetta di comportarsi da leader di partito. Scajola ha un filo diretto con Berlusconi, per cui non è azzardato dire che ne interpreta i malumori. Altro tassello del mosaico: nel primo pomeriggio, da palazzo Grazioli, è stato visto uscire Giuliano Urbani, reduce da un colloquio col premier. Automaticamente, le quotazioni del ministro per i Beni culturali sono tornate a lievitare, nonostante il «non possumus» di Casini. Berlusconi non ha mai del tutto abbandonato il sogno di mettere Urbani alla presidenza Rai, e il fatto di averlo incontrato ieri è stato interpretato dai fedelissimi del Capo come una prova di grandissima determinazione. «Mi sono stancato di passare il 40 per cento del mio tempo a metter pace nella coalizione», s'è sfogato nella riunione coi sindaci. Ai presenti non è parso sul punto di ritirarsi, anzi. Un «martello pneumatico», l'ha definito entusiasta il primo cittadino di Pescara, Carlo Pace. Addirittura «ringiovanito», per l'occhio clinico di Gabriele Albertini. La telefonata al vicepremier «Ma come? Non ti avevano avvertito che si era pensato a Sacca come direttore generale?» i I presidenti di Senato e Camera, Marcello i Pera e Pier Ferdinando Casini, e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

Luoghi citati: Italia, Pescara, Roma, Sacca, Spagna