In cento pagine i perché di un «delitto di coppia»

In cento pagine i perché di un «delitto di coppia» IL DOCUMENTO PRENDE IN ESAME ANCHE LA COLLABORAZIONE CON GLI INQUIRENTI: «E' STATA NULLA DA PARTE DELLA RAGAZZA» In cento pagine i perché di un «delitto di coppia» Depositata la sentenza contro Erika e Omar, condannati a 16 e 14 anni Brunella Giovara TORINO Un delitto di coppia, e se non ci fosse stata quella coppia oggi Susy e Gianluca De Nardo sarebbero vivi, e a Novi Ligure la sera del 21 febbraio 2001 non sarebbe successo niente. E' successo, invece. Erika De Nardo e il fidanzato Omar Favaio uccisero la madre e il fratello della ragazza, mettendo in atto un piano studiato da tempo con il fine di ottenere maggiore libertà, di vivere la propria vita senza costrizioni né condizionamenti. In una nuova famiglia, dopo aveme cancellata un'altra. La premeditazione, il movente che spinse ad uccidere, il tentativo di nascondere le prove e di costruire un alibi che salvasse due ragazzi assassini. E la loro personalità, il loro comportamento processuale, il percorso rieducativo che dovranno fare se vorranno uscire da questa storia. Questo è il contenuto della sentenza che lo scorso 14 dicembre li ha condannati a sedici - Erika - e 14 aimi - Omar - di carcere. Ieri il giudice Ennio Tomaselli ha depositato le motivazioni della sentenza. Cento pagine, scritte utilizzando praticamente tutto il tempo messo a disposizione dal codice. Ovvero 60 giorni in cui Tomaselli e i suoi colleghi «onorari» (il sociologo Gianni Carena e la neuropsichiatra Carla Negro) hanno tirato le fila di mesi di lavoro: le indagini preliminari, le analisi scientifiche dei carabinieri del Ris, i colloqui con i periti del giudice e i consulenti delle parti, le udienze. Il tutto diviso in capitoli: il concetto di imputabilità, la diminuente della minore età prevista dall'articolo 98 del codice penale, l'influsso dell'uso di sostanze stupefacenti sul tipo di personalità degli imputati, e in particolare la capacità di intendere e di volere. Ma è soprattutto la perizia, il pemo di queste motivazioni. Perizia (firmata dagli esperti Charmet, Ceretti e Simonetto) che metteva in luce la completa capacità di intendere e volere dei due ragazzi, e di conseguenza la loro piena imputabilità, soffermandosi in particolare sulle particolari dinamiche della coppia Erika-Omar, miscela esplosiva di una personalità dominante (la ragazza) e di una seppur parziale «succubanza» del fidanzato. La sentenza prende in esame anche il comportamento processuale tenuto dai due, e la collaborazione accordata agli inquirenti. Consistente nel ragazzo, che decise di far ritrovare uno dei coltelli utilizzati per uccidere. Nulla per quanto riguarda Erika, che solo a fine luglio ammise una qualche partecipazio¬ ne attiva, escludendo peraltro di aver mai colpito il fratellino. E invece il punto collaborazione è fondamentale, nel processo minorile. Senza una piena e sincera confessione non può avere inizio il percorso di recupero del ragazzo che ha compiuto un reato. Infatti «noi giudici non abbiamo notato alcun segno di recupero in nessuno di voi», disse il presidente Tomaselli il giorno della lettura della sentenza, rivolgendosi direttamente ad Erika e Omar. «La pena deve aiutarvi a maturare la consapevolezza del male fatto», aggiunse allora, suggerendo loro di «guardare avanti», di «lavorare per questo», cioè la maturazione. «Non abbiamo ancora letto queste motivazioni, ma abbiamo avvisato Omar del deposito. Gli spiegheremo cosa c'è scritto, poi valuteremo se sia il caso di fare appello». Così dichiaravano ieri i difensori del ragazzo, Lorenzo Repetti e Vittorio Gatti, che peraltro a sentenza appena uscita si erano dichiarati dubbiosi sull'opportunità di appellare. I legali si erano visti rifiutare la messa in prova per il loro cliente, ma sperano di ottenerla in futuro sulla base della personalità del ragazzo, pentito di quanto ha fatto e deciso a fare di tutto pur di ottenere il perdono (a partire da quello dei genitori). Convinto della necessità di presentare appello l'avvocato Mario Boccassi, difensore di Erika assieme al collega Cesare Zaccone: «Leggeremo le motivazioni, poi decideremo. Il punto principale di scontento è naturalmente quello dell'imputabilità, oltre che quello della mancanza di un movente. Inoltre credo che le contraddizioni contenute nella perizia non possano essere state superate nelle motivazioni».

Luoghi citati: Erika, Novi Ligure, Torino