La fentasia che fa paura di Guido Tiberga
La fentasia che fa paura La fentasia che fa paura IL Sessantotto è passato da tempo, e la fantasia al potere non ci è andata mai. Il potere, però, della fantasia ha sempre avuto paura. Una paura pericolosa. Hector German Oesterheld non era un intellettuale, non aveva una cattedra da cui far cadere le sue idee. Non aveva neppure una tribuna parlamentare, un pulpito, una qualsiasi ribalta televisiva. Oesterheld era uno scrittore di storie, raccontava di soldati disertori, giornalisti disincantati, viaggiatori nel tempo e alieni invasori. Raccontava di uomini normali e creature lontane dalla realtà e lo faceva in modo umile: le sue storie erano sceneggiature per fumetti: minuziosi canovacci che le matite degli altri avrebbero trasformato in pagine disegnate da guardare e leggere con stupore. Hector German Oesterheld viveva a Buenos Aires quando la città era ancora una terra promessa per chi cercava lavoro. E' sparito, desaparecido, morto ammazzato negli anni in cui l'Argentina era governata da un regime militare che aveva paura della fantasia. Nel 1957, in modo forse inconsapevole come prima o poi accade a tutti gli scrittori, Oesterheld creò il personaggio e la storia che avrebbero segnato il suo destino: Juan Galvez, «l'Etemauta», un'intricata avventura che riassume e rinnova i temi classici della fantascienza intemazionale, dai viaggi attraverso il tempo all'apocalittica distruzione del pianeta. In una Buenos Aires disegnata con estremo realismo da Francisco Solano Lopez, un gruppo di uomini «normali» - un pensionato, un professore, un bancario e un operaio - interrompe una partita a carte per osservare una strana nevicata fuori stagione. La neve, tossica, è l'avanguardia di un'invasione extraterrestre che porterà a una guerra estenuante tra i sopravvissuti e l'elite degli alieni, nascosta dietro l'ottusità violenta delle forze d'assalto e la crudeltà di una razza umanoide dalle mani mostruose. Quando debutta, l'ttEtemauta» è soltanto una bella storia che conquista il pubblico per il fascino dell'intreccio e il realismo dei disegni. Nel '76, quando un editore argentino la ristampa per la prima volta, l'epopea di Juan Galvez assume un sapore diverso. Gli extraterrestri padroni di una città tanto simile alla Buenos Aires dominata dalla giunta militare sono percepiti come una metafora della realtà quotidiana. Il coraggio degli uomini comuni che si oppongono agli invasori suona come un invito alla ribellione. Il successo finale dei terrestri è un evidente messaggio rivoluzionario. Oesterheld, che da tempo non nascondeva la sua simpatia per i «montoneros», non fa nulla per smentire. I generali gli avevano ammazzato la figlia più grande, militante dell'opposizione. Lo stesso sarebbe successo di lì a poco alle altre tre figlie. A Hugo Pratt, che vent'anni prima aveva lavorato con lui e che ora gli offre un rifugio sicuro in Italia, manda a dire che «il suo posto è a Buenos Aires». Il 3 giugno 1977, Hector German Oesterheld scompare per sempre. Guido Tiberga
Persone citate: Francisco Solano Lopez, Hector German Oesterheld, Hugo Pratt, Juan Galvez, Oesterheld
Luoghi citati: Argentina, Buenos Aires, Italia
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