Il mondo ha fame di capitali. Occorre trovarli

Il mondo ha fame di capitali. Occorre trovarli Il mondo ha fame di capitali. Occorre trovarli Per fare crescere i paesi poveri i mercati finanziari non bastano. Parola di banchiere Di questi tempi è di moda chiedersi se sia finita la globalizzazione così come l'abbiamo conosciuta. In altri termini, se le modifiche allo scenario macroeconomico mondiale siano strutturali e permanenti, ovvero prevalentemente cicliche e quindi temporanee. Per cercare una risposta occorre allungare lo sguardo. Dobbiamo far comparire sulla nostra scena tre attori chiave, ciascuno dei quali, da solo, potrebbe conquistarla. Attribuisco il ruolo di primo attore al fattore demografico, che si manifesta con due principali connotazioni: 1) Forte crescita della popolazione mondiale, concentrata nei paesi emergenti, da 6 miliardi oggi a 10 miliardi nel 2050; 2) Rapido invecchiamento della popolazione nei paesi più ricchi, statici o in regresso, anche tenendo conto degli effetti dei flussi di immigrazione: aumenta la popolazione al di sopra dei 60 anni, mentre diminuiscono i giovani. Il fattore demografico e l'esigenza di crescita rapida per i paesi emergenti, per ridurre i divari e le disuguaglianze, pongono problemi di cui sarebbe difficile intravedere una soluzione, se non fosse possibile contare sul secondo attore: il progresso tecnologico, connesso all'informatica, investe ogni sfera dell'attività economica, finanziaria, di ricerca. Siamo di fronte a una fonte apparentemente inesauribile di aumenti di produttività, collegata alla caduta esponenziale dei costi di elaborazione, trasmissione, immagazzinamento dei dati, con ricadute in ogni ramo di attività, il terzo attore è di carattere congiunturale, ma rischia di diventare strutturale: si sta inaridendo - e quasi esaurendo - il flusso di risorse verso i paesi emergenti. Il rallentamento economico internazionale in atto avrà come inevitabile conseguenza una ulteriore contrazione dei flussi di capitali verso i paesi in via di sviluppo. Il rapporto tra flussi di capitali netti verso questi paesi e il loro prodotto interno lordo è passato, secondo stime del Fmi, da oltre il 30Zo della metà degli Anni 90 a valori praticamente nulli nei 2001. In particolare, destano preoccupazione le revisioni al ribasso dei flussi attesi di investimenti diretti esteri. La contrazione di questa componente è tanto più grave in quanto non rende possibile il trasferimento di tecnologia e di capacità produttiva necessarie a sostenere una crescita economica a tassi significativamente superiori al tasso di crescita demografica. Unico modo, questo, per ridurre gradualmente il divario in termini di reddito prò capite dei paesi più poveri rispetto ai paesi industrializzati. Il terzo attore può sembrare meno importante dei primi due. Ma quali sarebbero le conseguenze di un inaridirsi strutturale di quei flussi di risorse dai miliardo di persone nei paesi ricchi, che oggi dominano le tecnologie, ai cinque miliardi nei paesi meno prosperi, che sappiamo essere destinati a raddoppiarsi nell'arco di due generazioni, a meno di eventi catastrofici? Stanno qui la mia preoccupazione e il perno della mia analisi. Continuando nella metafora, è evidente che i tre attori interagiscono sulla scena; dalla loro congiunta e complessa dinamica dipende lo svolgersi dello spettacolo. Il dramma può avere un lieto fine, ovvero sfociare in tragedia. Possono prevalere le forze dello sviluppo e dell'affermazione della società della conoscenza, attivando tutto il potenziale di sviluppo tecnologico e informatico, ovvero si può innescare una spirale di barbarie, di terrore, di arretramento. I paesi in via di sviluppo non possono farcela da soli, hanno bisogno di risorse, che negli ultimi anni sono arrivate principalmente sotto forma di investimenti diretti esteri connessi, con forme e modalità diverse, al processo di globalizzazione. Nel contesto attuale è, quindi, di particolare urgenza la definizione di un programma di flussi di risorse, pubbliche e private, per dare una speranza concreta di progresso, per contenere e ribaltare una situazione Difensore dei poveri? Hugo Chàvez, presidente venezuelano militar-populista ora in calo di consensi in patria, è il nuovo presidente del G77, che raggruppa 133 paesi Rainer Masera è presidente del San Paolo-Imi

Persone citate: Hugo Chàvez, Rainer Masera