Si tratta per liberare il reporter americano di Paolo Mastrolilli
Si tratta per liberare il reporter americano IERI SI ERA SPARSA LA NOTIZIA DEL RITROVAMENTO DEL SUO CADAVERE, POI LA POLIZIA HA SMENTITO Si tratta per liberare il reporter americano Pakistan,,emerge una nuova ipotesi: criminalità comune Paolo Mastrolilli NEW YORK Il giallo di Daniel Pearl diventa sempre più misterioso e crudele. Ieri sera, per un quarto d'ora, tutte le tv americane hanno annunciato che la polizia pakistana aveva trovato il corpo del reporter del Wall Street Journal, rapito il 23 gennaio. Gli avevano sparato in bocca, lasciandolo poi nel porto di Karachi. Un collega, però, è corso all'obitorio per ['identificazione e ha smentito tutto: quello non era il cadavere di «Danny», e per fortuna la sua incredibile storia resta aperta. Prima dell'errore, la polizia aveva completato l'ispezione di tutti i cimiteri nella città meridionale, e non aveva trovato il corpo annunciato venerdì via posta elettronica dai presunti rapitori. Invece sabato gli agenti avevano arrestato due mitomani: due ragazzi, uno ad Islamabad e uno a Labore. Il primo aveva confessato di aver chiamato l'ambasciata americana nella capitale, con la richiesta telefonica di un riscatto da due milioni di dollari. Il secondo, invece, aveva mandato e-mail ai giornali sulla sorte del reporter. Questi sviluppi avevano incoraggiato la polizia a credere che Pearl fosse ancora vivo, fino al macabro errore. Adesso che è stato chiarito, tutti tornano ancora ad aggrapparsi alla speranza. Un'ipotesi emersa ieri è quella del rapimento orchestrato da qualche banda criminale di Karachi, i a scopo di riscatto. Gli investigatori infatti hanno allargato l'inchiesta nelle province di Sindh e del Baluchistan, dove spesso trovano rifugio queste bande. Pearl è scomparso il 23 gennaio mentre cercava di intervistare lo sceicco Mubarak Ali Shah Gilani, leader del piccolo gruppo islamico Jamaat al-Fuqra, collegato con al-Qaeda. Gilani è stato arrestato, ma sostiene di non essere coinvolto, e finora non ha fornito indicazioni utili a ritrovare il reporter. I sospetti della polizia si sono concentrati subito sull'organizzazione estremista Harkat ul-Mujahedeen, ma senza grandi risultati. Gli agenti infatti non sono ancora riusciti a trovare Mohammed Hashim e Bashir Ahmad Shabbir, uno militante di Harkat e l'altro seguace di Gilani, considerati come i ricercati più importanti perchè avevano tenuto i contatti con Pearl per le sue interviste a Karachi. Intanto anche la moglie del giornalista Mariane, incinta di sei mesi, ha lanciato un appello ai rapitori: «Che cosa ci guadagnate a perseguitare un uomo innocente, che ha sempre avuto simpatia per i più deboli? Vi chiedo di liberarlo». Finora il rapimento è stato rivendicato dal «National Movement for the Restoration of Pakistani Sovereignty», un gruppo sconosciuto che aveva chiesto la liberazione dei prigionieri a Guantanamo. Il governo americano ha risposto che non intende trattare, e ieri il segretario di Stato Colin Powell, quello della Difesa Donald Rumsfeld, e la consigliera per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice, hanno chiesto tutti il rilascio, dicendosi soddisfatti del lavoro fatto dai poliziotti pakistani. Nel giro dì una settimana il presidente Musharraf è atteso a Washington da Bush, e vorrebbe risolvere il caso prima di arrivare alla Gasa Bianca. Se la pista criminale fosse confermata, aumenterebbero le possibilità di ottenere un rilascio negoziato, magari in cambio di soldi. Di sicuro Guantamano non chiude, visto che i soldati hanno completato i lavori di raddoppiamento delle celle, e quindi possono riprendere il trasporto dei prigionieri. Nel frattempo comincia a dare risultati anche la campagna nelle Filippine, dove le forze locali hanno ucciso sedici militanti del gruppo terrorista islamico Abu Sayyaf. Rumsfeld invece ha attaccato ancora l'Iran, accusandolo ieri di aver permesso ad alcuni taleban e membri di Al Qaeda di rifugiarsi nel suo territorio. Il Pentagono però ha dovuto ammettere un gravissimo errore in un raid lanciato qualche giorno fa nel distretto di Kharz, dove sarebbero morte venti persone legate al nuovo premier Karzai.
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