METALMECCANO il sindacato dei «duri e puri»

METALMECCANO il sindacato dei «duri e puri» IL CONGRESSO NAZIONALE DELLAFIOM — i i : : ; . ; ..—...— METALMECCANO il sindacato dei «duri e puri» reportage 1 inviato a RIMIMI ECCOLA, la Fiom. Fondata nel 1901, orgogliosa e fiera punta di. diamante dell'esercito del lavoro, la federazione di categoria della Cgil che un tempo inquadrava l'elite della classe operaia oggi organizza anche i lavoratori dei cali-center, gli operai immigrati che vengono in Italia da paesi poveri, cerca un difficile dialogo con il movimento anti-globalizzazione. Se il volto sociale e produttivo dell'Italia è cambiato radicalmente in questi trent'anni, la Fiom ha cercato con tanta fatica, a volte riuscendoci, a volte no - di seguire questo cambiamento. Quel che è rimasto immutato è un palpabile orgoglio di organizzazione, la fierezza di sentirsi - nonostante tutto - la ((trincea avanzata» del sindacato. Una forza autonoma, in grado di reggere a ogni tormenta, che sia l'aggressiva politica di Confindustria o lo strapotente governo Berlusconi. «Ci vogliono spazzare via - dice un delegato dalla tnbuna - ma dovranno fare i conti con noi. Una forza in grado talvolta di dettare la linea anche alla casa madre Cgil, che secondo molti delegati è rea di eccessiva remissività nel corso della passata stagione della concertazione. Vero è che tra le divisioni dell'esercito di 5,5 milioni di iscritti ai sindacato guidato da Sergio Cofferati la «grande Fiom» viene soltanto terza. Dietro la fortissima legione di pensionati, e da qualche anno anche dietro il pubblii co impiegò. Le truppe della fiora sono spàrse ih un mondo produttivo disparato, disorganico, unificato dal conI. tratto nazionale di categoria. " È sii! contratto nazionale - firmato da Firn e Uilm, contestato dalla Fiom, anche con due scioperi generali - si è consumata nel luglio del 2001 la più clamorosa rottura di quello che veniva considerato fino a pochi anni or sono un valore assoluto: llunità sindacale. La scelta di Firn e Uilm e stata considerata una sorta di «tradimento»; anche se la frattura riguarda 18.000 lire al mese di «mancato aumento», per i delegati e i dirigenti Fiom (anche quelli più consapevoli della necessità di chiudere in qualche modo la vicenda, con ima soluzione unitaria) la ferita è ancora dolorosa. Si vorrebbe l'unità con Cisl e Uil, a maggior ragione ora che il fronte sindacale è impegnato contro le deleghe su licenziamenti e pensiom del governo Berlusconi, considerato qui sullo stesso piano di Confindustria e ( Fedenneccanica ?pme un neijiicp,irri"dùcibiiè. Ma aÙb stesso tempo, come ha dichiarato il segretario generale Claudio Sabattini,[Si invoca il ricorso immediato allo sciopero generale contro l'Esecutivo. Se necessario, «della sola Cgil». E si pensa di organizzare «casse di resistenza» per alimentare la lotta e la mobilitazione. La Fiom, oggi, rappresenta un pezzo dell'Italia che produce. O che vorrebbe produrre, come ci spiega Armando Tiragallo, dell'Uva di Comigliano, oggi del gruppo siderurgico Riva. Un' acciaieria a ridosso dell'abitato, al centro di recenti polemiche e conflitti. «Una volta avevamo 3 altifomi e 15.000 addetti - dice - ora siamo in 3.600, e a marzo si ferma la cokeria». Un'acciaieria situata in un'area pregiata, sul mare, con una storia passata di inquinamento, e che un accordo di programma puntava a riconvertire: in parte, mantenendo la produzione acciaio con tecnologie eco-compatibili, in parte varando un distretto pro¬ duttivo moderno e liberando terreni alla città di Genova. Il tutto, salvaguardando reddito e qualità dell'occupazione. «Poi, è arrivato il presidente della Regione Liguria Sandro Biasotti - dice Tiragallo - contrario anche all'acciaieria elettrica. L'accordo di programma è stato sabotato, e in Parlamento si è tentato di regalare alla Regione le aree demaniali dove sorge la fabbrica. Noi ci batteremo per salvaguardare la produzione e il nostro lavoro. Questa è la fabbrica di Guido Rossa, militante sindacale e comunista ucciso dalle Br. Domani (oggi, ndr) è l'anniversario del suo assassinio». Non è un sindacato in crisi, quello che ci descrive Maurizio Alessandri, 48 anni, impiegato e delegato della G.D. di Bologna. Un'azienda con 1.400 dipendenti che produce macchine automatiche per il confezionamento, con un grande dispiego di tecnologia e informatica, che esporta il 960Zo della produzione. Una fabbrica che in settant'anni di vita ha conosciuto solo sei mesi di cassa integrazione, e dove sono iscritti al sindacato il 6507o dei lavoratori, quasi tutti periti industriali con retribuzioni buone e un'età media di 33 anni. Il regno della pace sociale? «Veramente tutto quel che abbiamo ce lo siamo conquistato con fatica - dice Alessandri - certo, però, qui il sindacato è forte, c'è grande partecipazione». La Fiom, si sa, era una delle realtà che hanno dato vita al Genoa Social Forum. Nella sua relazione di martedì Sabattini ha rilanciato con forza la partecipazione del sindacato più «vecchio» al movimento più (muovo», quello contro la globalizzazione. Una «scelta strategica», dice Rabattini, filje è, anche una «scelta di cuore» : ieri l'intervejito più applaudito è stato quello di Gino Strania, l'animatprèdi «Emergency». «1 tanti morti civili che abbiamo visto in Afghanistan - ha detto Strada - si sono soltanto aggiunti alle vittime di New York». Idee che parlano al cuore del popolo Fiom. Anche se, come osserva un anonimo delegato, «è strano che qui non si parli mai delle fabbriche italiane di armi, di bombe e di mine. Piene di nostri iscritti». E unben strano ((metalmeccanico» è anche Monica Rapuàno. Ventisette anni, Monica lavora in un «fabbrica di invisibili»: il cali-center della Omnitel a Pozzuoli, nei pressi di Napoli, con 500 dipendenti. Rispetto a molte realtà del «customer care» a Pozzuoli le cose non vanno male: regolari contratti di lavoro, molti a tempo indetenninato, paghe e tutele sindacali. Tuttavia il lavoro non è certo entusiasmante: nessuna o quasi possibilità di carriera o crescita professionale, mol¬ tissimo .'stress, e tanta fatica .sotto . l'occhiuta vigilanza del computer, che registra' ogni passo dell'attività. ((Per chi lavora con un part lime di cinque ore - racconta Rapùano - c'è solo una pausa in tutta la giornata di 15 minuti. Per chi fa l'intera giornata, otto ore a rispondere al telefono senza interruzioni, c'è una pausa di 15 minuti la mattina, una di 30 per pranzo, altri 15 minuti nel pomeriggio. Se uno ha un problema, deve chiedere, e perfavore, un cambio al supervisore. E quando entri in pausa, clicchi su un tasto, e awii un timer, che scandisce inesorabilmente lo scorrere dei secondi». Stabilità economica di cui invece sembrano godere gli operai e impiegati dello stabilimento Fiat della Sata di Melfi. Emanuele De Nicola ha 31 anni, ed è membro della Rsu della Comau, una delle aziende che fanno parte del complesso produttivo lucano. A sentire De Nicola, non tutto è rose e fiori nella prima «fabbrica integrata»: «non c'è dubbio, per la . Basilicata l'arrivo della Fiat è stata una grande opportunità - afferma però abbiamo dovuto accettare condizioni di lavoro e di salario peggiori rispetto'a quelle degh altri lavoratori deUa Fiat Auto». Per Claudio Stacchini, responsabile Fiom di Mirafiori e Rivalta (un tempo la «V" Lega») si annunciano tempi duri. «Così come il governo e le imprese puntano a cancellare il sistema dei diritti e delle tutele - afferma Stacchini - oggi la Fiat sta attuando una strategia di abbandono generale delle attività industriali. La reazione dell'azienda è insufficiente sul piano finanziario. E pericolosissima sul piano produttivo». Insomma, dice Stacchini, «a Torino l'aria è bruttissima. Se andasse avanti l'abbandono del settore dell'auto da parte della Fiat, magari con la cessione delle attività a General Motors, il paese rischierebbe di perdere l'ultima grande multinazionale manifatturiera». L'ultimo protagonista di questo viaggio nel sindacato dei metalmeccanici Cgil è un personaggio che nella gerarchia Fiom conta: è il segretario della Fiom di Biella. Si chiama Adam Mbodj, e viene dal Senegal. Mbodj è in Italia da ben 22 anni, e ha cominciato la sua attività sindacale lavorando in una fabbrica del settore tessile. Oggi sono iscritti alla Cgil 100.000 lavoratori immigrati extracomunitari, una linfa vitale benvenuta per i dirigenti della confederazione. Crea problemi ai lavoratori «italiani» avere come dirigente un sindacalista nero? «Niente affatto - spiega Mbodj - nelle fabbriche i lavoratori sono molto più concreti di quel che appaiono. Quello che vogliono sapere è se tu conosci i problemi e se U sai risolvere. Comunque, secondo me il sindacato itahano è abbastanza cambiato: una volta c'era paternalismo, nel senso buono del termine. Oggi il lavoratore extracomunitario è riconosciuto come lavoratore vero, con problemi e diritti, non come uno da aiutare». Al palacongressi i suoni dei Radiohead e dei Massive Attack prendono il posto degli inni tradizionali In 30 anni l'industria è cambiata tanto ma questa resta sempre la «trincea» del sindacato Governo e Confindustria sempre nel mirino «Ci vogliono spazzare via ma dovranno fare i conti con noi» Brucia ancora il «tradimento» di Cisl e Uil sull'ultimo contratto nazionale e le 18 mila lire negate Pensionati e pubblico impiego ora hanno più iscritti ma la categoria resta sempre molto forte e guarda ai no global A fianco delle classiche tute blu oggi ci sono anche immigrati e i giovani «invisibili» impiegati nei cali center