L'arte contemporanea passa al «Palais de Tokyo» di Fiorella Minervino

L'arte contemporanea passa al «Palais de Tokyo» VIAGGIO NEL PALAZZO LABORATORIO CHE SARA IL VERO MUSEO VIVENTE DI PARIGI, ESTESO SU 4 MILA METRI QUADRI SARA LUOGO DI PERFORMANCE, ESPOSIZIONI E CONCERTI L'arte contemporanea passa al «Palais de Tokyo» Fiorella Minervino PARIGI Si è aperto ieri a Parigi il nuovo museo del Palais de Tokyo. Ad inaugurarlo è stato il Primo Ministro Jospin. Lo spazio si presenta come «il luogo della creazione contemporanea». «Un soffio d'aria fresca, un sogno realizzato dopo anni di tentativi, un laboratorio aperto tutto l'anno da mezzogiorno a mezzanotte dove chiunque può venire, conoscere, capire dalla voce degli artisti che cosa sia l'arte contemporanea, quali siano le ricerche oggi nel mondo», cosi lo definisce il suo presidente Pierre Restany. Restany è un critico famoso: è stato il pontefice del «Nouveau-Réalisme», il movimento degli Anni '60 che volle imporsi quale risposta europea alla Pop Art. Rrenesia, giovinezza, multietnicità, multimedialità, bisogno di esprimersi sulla società, sul potere del denaro, sul consumismo, sulla globalizzazione: queste le idee che ispirano il Palais de Tokyo. Il tutto avviene con giovani o giovanissimi che non contestano più il mondo in cui vivono, ma ne accentuano, talora con umorismo, gli aspetti meno accettabili o più deprecabi¬ li. Molti sono contro la guerra e reclamano la pace, altri sono approdati da paesi lontani, senza alcuna soggezione nei confronti della cultura occidentale, anzi la utilizzano per i propri scopi, impiegando ogni strumento: pittura, scultura, fumetti, tv, Internet, cinema, musica (c'è una salone per orchestre), pubblicità. Negli enormi saloni lasciati con tubi a vista, mattoni sgretolati, travi, si vede di tutto un po', con alcune mostre dalla durata di un mese e alcune permanenti. Ma quali opere? La prima installazione appartiene a Meschak Gaba, del Benin, vive a Rotterdam, ma ha già esposta in Europa, Italia compresa. Ha ricreato la sala adatta a questo Museo: sedie, poltroncine, mobiletti con oggetti della vita quotidiana, divani, tavoli da gioco, brandine per dormire, un pianoforte da suonare, ma ricolmo di euro d'oro in cioccolato, un bar, un computer per giocare. Ogni cosa è ricoperta da minuscoli cerchi che riproducono il denaro del Benin. «La nostra vita è dominata dall'ansia e potere del denaro - afferma l'artista - ho voluto esprimere il gioco, divertimento, vanità del potere». Poco più in là, un'intera sala è dedicata a Mélik Ohanian, che propone con enormi schernii e libretti d'argento la visione e lo sviluppo d'una isola vulcanica comparsa d'improvviso in Islanda negli Anni '60. Segue un mercato di oggetti in plastica, ciascuno al prezzo di 1 euro, ricreato da Surasi Kusolwong, mentre vicino intere pareti e muri d'una prigione giacciono a terra con le sbarre, nell'opera di Dragset e Elmgreen. - Tubi, rubinetti, interruttori bianchi in gomma corrono sulle pareti ovunque nell'installazione dell'italiano Loris Cecchini. Oltre a lui sono presenti dal nostro Paese le «emergenti» Monica Bonvicini e Paola Pivi, entrambe presenti alla Biennale di Venezia nel 1999. Un colossale contenitore di giornali, ironizza su packaging e consumo di immagini nell'opera di Wang Du. Una palizzata in legno per sparare con la scritta «istinto di morte» è stata invece realizzata da Alain Declercq. Si succedono pavimenti ricoperti a decorazioni a fiori e piante, sculture con lampade dell'Ikea, montagne di terra, poi l'intera promozione di un film, con sequenze precise dell'apparato pubblicitario: peccato che la pellicola non verrà girata mai. Un murale da completare con gessetti colorati, proposto da Franck David, riscuote successo: c'è chi sale sulle scale per lasciare il proprio segno o colore nel work in progress. Vi scrivono insegnanti, critici, cu¬ nosi. Fra le altra opere numerose e ripetute allusioni al passato come la scritta «CampbeU's» cara a Warhol, o un'accumulazione vicina a Cèzar, citazioni da Beuys, tutto fra Pop, trash e iroma. Infine, un dipinto che la dice lunga su ciò che i giovani si domandano: è la riproposta delle «Nozze di Cana» del Veronese, restaurate al Louvre qualche anno fa. Figurano i maestri del XX secolo o poco prima: Cézanne, Van Gogh, Gauguin, Monet con ninfee a lato, Picasso mentre dipinge un quadro, Dalì, Magritte con la testa d'un suo «eroe», Beuys con un'opera. Ludo Fontana, Piero Manzoni, Kounellis, Yves Klein, Gilbert and Geoi-ge, Frank Stella, Bruce Nauman, Cindy Sherman, Merz, dipinti di Mondrian, Basquiat, Niki de St Phalle, volumi sulla storia dell'Impressionismo, sull'arte che verrà, accanto a monografie di Colla, Castellani. Tutto dipinto a «regola d'arte». Ne è autore Nayin Rawanchaikul da Taiwan, ha avuto un professore italiano di storia dell'arte, alla prima visita a Parigi è rimasto colpito dal Veronese e lo ha utilizzato come contenitore per «rappresentare la scena del XX secolo». «Ma quale sarà il nostro futuro?» si chiede. E la sua domanda è, tutto sommato, la questione ricorrente e irrisolta in questa frenetica, divertente palestra per i prossimi decenni. Frenesia, giovinezza e multietnicità: un luogo per esprimersi sul potere del denaro consumismo e globalizzazione Il presidente è Restany critico famoso, pontefice del «Nouveau-Réalisme» il movimento del '60 che fu la risposta europea alla Pop Art li premier Lionel Jospin all'inaugurazione del Palais de Tokyo, il nuovo museo parigino di arte contemporanea