Spara a Gerusalemme: quarantadue feriti di Fiamma Nirenstein
Spara a Gerusalemme: quarantadue feriti Spara a Gerusalemme: quarantadue feriti testimoni: un ragazzo per strada ha cominciato a colpire i passanti Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Quarantadue feriti di cui sei molto gravi, una dinamica che uno dei negozianti stralunato racconta con tre parole: «Come a Chicago» ripete. Alle 16 e 15 una lunga sfilza di spari fra la gente, un uomo con un berretto si erge con uh MI6 a canna lunga, e mitraglia la folla che cammina entrando nei negozi di cibo, di vestiti, di giornali del centro di Gerusalemme. Spara grandi sventagliate di colpi su quelli che hanno appena finito di lavorare, su chi fa lo shopping, sulle ragazze ferme alla fermata degli autobus, il 18, il 20, il 14: una fermata importante, un punto di incontro. Il terrorista si chiama Sami Ramadan, viene da un sobborgo di Nablus, Kfar Tel, era già ricercato da tempo come membro pericoloso della Brigata Al Aqsa dei Tanzim, il braccio armato di Fatah. Sia la sua organizzazione che Hamas hanno rivendicato l'azione, il che sembra stare a significare una nuova unità di azione. E' arrivato a Gerusalemme nel pieno di questi giorni di fuoco deciso a ammazzare quanta più gente possibile e poi a morire: è un altro terrorista suicida, per i palestinesi un altro «shahid», un martire, che Mendica gli uccisi e gli arre-, stati di questi giorni. A cadere in terra per prime sul loro stesso sangue sono tre ragazze ferme alla fermata dell'autobus. Intorno è un formicolare di -gente, proprio come poche settimane prima a duecento metri di distanza, quando dì notte in Piazza Sion un altro terrorista suicida uccise dieci giovani che passeggiavano e sedevano nei caffè, e ferì centinaia; o come poco tempo prima a trenta metri dì distanza, alla Pizzeria Sbarro, 14 morti. La città era piena di agenti in massima allerta, la polizia aveva avvertito da tempo i cittadini della possibilità di nuovi attentati ma non è servito: in macchina, accompagnato da un suo complice, Ramadan è potuto arrivare tranquillamente dalla direzione della Città Vecchia all'ora del massimo traffico nella strada più centrale di Gerusalemme e ha cominciato a sparare. Il sindaco di Gerusalemme Ehud Olmert ritto con aria sconsolata sull'ennesimo marciapiede bagnato di sangue non cerca come si fa in genere di consolare ì suoi concittadini: «Non c'è modo di evitare il terrore in modo assoluto - dice - le nostre forze dell'ordine si battono disperatamente, ma siamo in guerra, non è umanamente possìbile fermare questa ondata quotidiana dì attentati. Ai miei cittadini quindi non annuncio la calma: li lodo per il loro coraggio di aprire ì negozi, passeggiare, reagire buttandosi contro il terrorista come hanno fatto anche oggi». I negozianti infatti raccontano che nei pochi secondi intercorsi fra il primo sparo e l'arrivo dei poliziotti, la gente è corsa: molti a mani nude a cercare dì fermare il terrorista, altri invece con un'arma, molti cadendo feriti. Poi la polizia, giunta molto rapidamente l'ha fermato mentre cercava di sfuggire in un vicolo laterale. «Il terrorista seguitava a sparare - racconta quasi svenuta una donna pallida Le pallottole colpivano i manichini qui dentro il negozio di vestiti, mi sono andata a chiudere con altre donne dentro il bagno, cercavamo di mettere il paletto, ma non ci riuscivamo per la paura. Ho gridato verso il Cielo: Signore, proteggi i miei bambini. Ero sicura che sarei morta». Le pallottole sono rimaste infilale nelle teste e nei vestiti dei manichini dietro la vetrina ormai tutta buchi e spunzoni del negozio Coresh, fra i giornali del minimarket. sotto il banco dell'ufficio di cambio, fra le cassette e gli strumenti musicali, fra le bottiglie dello «shopping center», un cimitero di merci bucate nei soliti negozi del centro di Gerusalemme, ancora una volta. Una ragazza araba israeliana di Abu Gosh che stanno portando all'ospedale, piange: «Come può un essere umano fare una cosa del genere!», seguita a ripetere. Il triangolo della morte, cominciano a chiamarlo tutti i giornalisti, e non sì confà un nome così al centro dì una città capitale, una delle più famose alla storia umana. L'enormità dell'ondata terroristica ha come pendant gli interventi dell'esercito israeliano nelle città dell'Autonomìa palestinese. Da una parte il gover¬ no israeliano spiega che è costretto a entrarci per prendere da sola i terroristi che Arafat si rifiuta di fermare; dall'altra parte i palestinesi, sempre più assediati, furiosi per gli arresti e le eliminazioni che l'esercito israeliano compie illuso di fermare gli attacchi terroristici, vedono moltiplicarsi senza fine il numero delle persone che vogliono fare la fine dello «shahid». In Israele la polemica infuria in queste ore successive all'attacco terroristico di via Jaffa: non serve dunque a nulla entrare nell'Autonomia con i carri armati, distruggere i simboli di Arafat? Se gli attentati continuano, ciò vuol dire che la strategia di Sharon è sbagliata. Così scrivono i commenta- tori e esclama l'opposizione; il governo risponde che fa del suo meglio per colpire solo i terroristi, e lasciare da parte i civili. Ma la crisi peggiora di giorno in giorno: le organizzazioni che portano ormai le azioni terroriste dentro la Linea Verde, sono Hamas, la Jihad e anche, in forze, il Fatah nelle sue organizzazioni di base armate. Il numero dei terroristi suicidi è ormai praticamente senza fine. La tecnica di Sharon dì mettere Arafat al bando non ha aumentato la sicurezza dei cittadini israeliani. Arafat appare sempre più estremo e comunque deciso a durare. Ormai non si compiono più azioni puntuali, né da parte palestinese né da parte israeliana: è in corso una vera guerra. La. polizia uccide il terrorista mentre cerca di fuggire Sia Hamas sia la Brigata Al Aqsa rivendicano il gesto Critiche alla strategia del pugno di ferro voluta da Sharon: serve solo a far crescere il numero dei disperati pronti a sacrificarsi mimi Uno dei. feriti sull'asfalto (al centro della foto nella centralissima via Jaffa) pochi istanti dopo che il palestinese ha aperto il fuoco. L'uomo sulla sinistra è un agente che sta per intervenire
Persone citate: Arafat, Ehud Olmert, Fatah, Gosh, Sami Ramadan
Luoghi citati: Chicago, Gerusalemme, Israele
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