Chi studia i segni dà fastidio a chi crede che sicuramente esistono Verità ultime di Gianfranco Marrone

Chi studia i segni dà fastidio a chi crede che sicuramente esistono Verità ultime Chi studia i segni dà fastidio a chi crede che sicuramente esistono Verità ultime RECENSIONE Gianfranco Marrone FRA le tante esclusioni che hanno caratterizzato la storia culturale deh'Occidente - dehe donne, dei neri, della sessualità, del lavoro manuale, del corpo - ce n'è una su cui non si riflette abbastanza: è l'esclusione del segno. Nonostante la vita umana sia sempre stata legata a un gran numero di indizi, tracce, segnali, sintomi, diagrammi, stimoli, simboli, emblemi, icone o marchi, la disciplina che ne studia il funzionamento -la semiotica - ha un'origine relativamente recente. È soltanto all'inizio del Novecento, infatti, che il filosofo Charles Peirce e il linguista Ferdinand de Saussure, in modo indipendente l'uno daU'altro, hanno gettato le basi teoriche per la scienza dei segni. La semiotica, da quel momento in poi, s'è affermata come una dehe discipline guida nel campo dehe scienze umane e sociah, grazie soprattutto al lavoro di studiosi come Roland Barthes, Algirdas Greimas e Umberto Eco. E prima? Possiamo dire che nessuno s'era accorto dell'importanza dei segni, del ruolo basilare che essi rivestono per la conoscenza o per l'organizzazione pratica dell'esistenza? Diciamo semmai che la questione del segno, pur individuata e riconosciuta da molti, è stata a lungo relegata ai margini della riflessione teorica, e considerata una specie di appendice minore di altri settori del sapere: della logica, de la metafisica, deha gnoseologia, della retorica, deha poetica, ma anche, al di là del pensiero filosofico, deha medicina, deha matematica, deha divinazione, deha fisiognomica, deha magia, dell'araldica, deha kabbahstica e così via. Il segno, si intuiva, è un'entità a metà strada fra il jensiero e il mondo, che media la oro relazione e può addirittura costituirla. Per questa ragione, rivendicarne l'esistenza significa ridimensionare fortemente l'idea tradizionale deha Verità come adeguazione fra le parole e le cose. Studiare i segni vuol dire insomma dar fastidio a tutti quei sistemi di pensiero che credono nelle verità ultime, metafìsiche o scientifiche che siano. Si comprende dunque il ruolo mai^ginae della semiotica nella tradizione culturale occidentale e, potremmo aggiungere, le difficoltà che essa talvolta ancora incontra. Nonostante ciò, nel corso dei secoh molti autori hanno rilevato aspetti fondamentali dei meccanismi semiotici. Basti pensare ad Aristotele, che sviluppava una teoria della significazione all'interno deha logica e deha retorica, RECEGiaM NSIONE ranco rone o agli stoici, che consideravano i segni come procedure mentali necessarie alla conoscenza. E se il Medioevo pone la questione deha significazione entro le proprie riflessioni metafìsiche (decisiva, per esempio, l'idea di «segno efficace» elaborata da Tommaso), è soprattutto la filosofia moderna (Descartes, Hobbes, Locke, Berkeiey, Hume etc.) a pensare la semiotica come un settore a sé stante deha filosofia, con un suo specifico oggetto d'indagine. Non a caso, il pragmatismo semiotico inaugurato da Peirce si porrà come una rivisitazione deha teoria critica di Kant; così come la metodologia strutturale di Saussure, Jakobson e Lévi-Strauss trarrà ispirazione dalla fenomenologia eh Husserl e Merleau-Ponty. La Breve storia della semiotica di Omar Calabrese riprende e ordina tutti questi spunti sparsi nella riflessione filosofica, dai greci a Hegel, non solo in senso storiografico, per rintracciare cioè l'origine e il contesto teorico dehe questioni semiotiche, ma anche per contribuire alla risoluzione di problemi tuttora aperti nel campo deha ricerca: «L'occhio verso il passato è totalmente orientato al presente, q, mi si perdoni la retorica, verso il futuro». La ricca bibliografia in fondo al volume è un'ulteriore testimo¬ nianza di questo intreccio tra storia e teoria. La sintesi su II linguaggio proposta da Lia Formigarì si presenta invece come un vero e proprio trattato, in cui la ricostruzione storiografica deha semiotica antica, medievale e moderna viene inserita nel più ampio panorama deha riflessione sul linguaggio neha tradizione filosofica. Con gh occhi, anche qui, rivolti ai «lavori in corso» di quella che Formigari chiama «filosofia deha linguistica», la ricostruzione storiografica si intreccia con una serie di raggruppamenti tematici: il linguaggio come strumento conoscitivo, come mezzo per l'interazione sociale, come elemento deha filogenesi deha specie umana e così via. -Viene in tal modo ribadita l'idea deha complementarità di semiotica e linguistica, alla luce di un'osservazione teorica generale: la lingua e prima di ogni altra cosa un sistema sociale di segni; ma il segno per antonomasia è la parola, la sua produzione e circolazione all'interno di una specifica comunità. Restituendo al segno il posto che da sempre occupa tra i fatti umani e sociah, i volumi di Calabrese e Formigari rilanciano implicitamente la proposta di una collaborazione tra discipline e settori di ricerca. Collaborazione senza la quale il segno non sarebbe mai riuscito, nel corso deha sua travagliata storia, a resistere ai numerosi tentativi di cancellazione o di obho. Ecco perché la semiotica, la scienza fondata agli inizi del Novecento dal filosofo Peirce e dal linguista De Saussure, ha avuto a lungo un ruolo marginale nella tradizione culturale dell'Occidente Omar Calabrese Breve storia della semiotica Feltrintilli. pp. 169,6 74,46, L 28.000 Lia Formigarì II linguaggio. Storia delle teorie Laterza, pp. 379. e 24. 79 L 48.000 SAGGI