Irrompe nei Territori il «fattore Iran» di Fiamma Nirenstein

Irrompe nei Territori il «fattore Iran» LA NAVE CARICA DI ARMI MOSTRA UN RAPPORTO ORGANICO TRA ANP E AYATOLLAH Irrompe nei Territori il «fattore Iran» Come il caso della «Karine A» muta i rapporti strategici analisi Fiamma Nirenstein GERUSALEMME LA Karin A è un vascello carico di funesti presagi, e non solo di quelle 50 tonnellate di armi che i palestinesi seguitano a negare fossero diretti alle loro spiagge, ma che sembrano invece, anche secondo Colin Powell e George Bush, portare l'indirizzo «Gaza». Il più serio di tutti i presagi riguarda il produttore e il fornitore di quelle armi: le casse portano numerose scritte, etichette, tutte in parsi, l'antichissima lingua dell'Iran. Secondo gli esperti più importanti per esempio Yoram Schweizter, professore esperto in terrore integralista islamico del Centro Interdisciplinare di Herzlya, nonostante le smentite è vero ciò che Sharon ha annunciato ieri anche al nostro giornale, ovvero che c'è ormai una evidente presenza iraniana nel conflitto che pone problemi strategici nuovi. Le armi iraniane sarebbero state caricate sulla nave appena fuori dalla costa della casa madre, includono missili sia di corta che di lunga gittata, mortai, tonnellate del nuovo esplosivo C-24 che si usa negli attacchi suicidi. «Finora quello che si sa sul modo in cui è stato condotto l'affare indica una cooperazione a livello ufficiale ai massimi livelli» afferma Schwaitzer. Fino a qualche tempo fa i rapporti dell'Autorità Palestinese con l'Iran non erano buoni, ma dopo che a seguito dei risultati della Guerra del Golfo nel 91, i palestinesi allentarono i loro rapporti con l'Iraq, e l'Iran si è allargato in Medio Oriente tramite gli Hezbollah, che ricevono le armi dall'Iran via Damasco, i palestinesi sono entrati in buoni rapporti anche con l'Iran. Hashem Rafsanjani da Teheran solo 0 14 dicembre ha detto chiaro che quando il mondo Islamico (ovvero l'Iran) acquisterà l'arma nucleare, in uno scambio di atomiche il mondo islamico potrebbe soffrire dei danni, ma Israele in un solo botto sarà completamente distrutta. «Le armi sulla Karin A sono solo la punta dell'iceberg» conferma il portavoce di Sharon Raanan Gissin «la presenza iraniana qui è molto più larga, e passa soprattutto attraverso gli hezbollah, specie da quando il modello libanese ha fatto breccia nel cuore dei palestinesi: i palestinesi hanno visto l'esercito israeliano ritirarsi dal Libano, l'hanno attribuito erroneamente alla forza degli hezbollah, hanno pensato che un simile modello potesse applicarsi a loro. E così, sono andati sulla via della hezbollizzazione: per esempio nell'uso dei mortai». Gli Hezbollah tramite la Jihad Islamica e Hamas si sono fatti avanti fornendo anche addestramento oltre alle armi iraniane ai palestinesi e il gruppo di Jibril Rajub ha fatto loro da tramite, dice Schwaitzer. La collaborazione si è alzata ai massimi livelli durante l'intifada, superando l'originario rapporto con la Jihad. Già da tempo, spiega Gissin, i rapporti palestinese-iraniani erano noti agli israeliani: «Il caso più famoso è quello dell'ufficiale di Forza 17 Masoud lyad che fu eliminato dagli israeliani con un raid su un elicottero e che era l'uomo tramite con gli Hezbollab, responsabile di attacchi terroristici». Nel quadro delle vecchie alleanze Hezbollah-Hamas e altre organizzazioni del genere nell' ambito dell'Autonomia, avvenne la spedizione dell'altra nave intercettata dagli israeliani, la «Santolini». ((Adesso» dice Schwaitzer «si tratta però di un intervento che scopre un disegno strategico. Il Medio Oriente è una polveriera, già dal 1982 la Guardia rivoluzionaria e l'Intelligence iraniana lo considerano come un naturale luogo di proselitismo degli Ajatollah. Essa va ben oltre il conflitto Israelo-Palestinese o Libanese- Israeliano. Arriva in Egitto, in Algeria, in Turchia, in Azerbajan, in Arabia Saudita». Che può accadere adesso che Israele indica l'Iran come un fomentatore del conflitto mediorientale? Israele sa di essere già alla portata dei missili iraniani, e che la costruzione della bomba atomica è per strada. «L'Amministrazione americana e l'Europa» sostiene Schwaitzer «devono mandare un ultimatum all'Iran perché smetta di sponsorizzare il terrorismo per interposta persona; altrimenti la zona potrebbe essere trascinata persino in una guerra totale». L'altro scopo d'Israele potrebbe anche essere quello di spingere gli Usa a aiutare con più decisione l'opposizione iraniana che da tempo sogna il rovesciamento del regime. Possiamo fare anche un altro scenario: quando il primo ministro d'Israele Yitzhak Rabin dette il via al processo di pace, dichiarò più volte che una delle ragioni della sua fretta era neutralizzare il conflitto con i palestinesi per tenere le mani di Israele libere di fronte a un eventuale confronto con quello che considerava il nemico giurato di Israele, l'Iran. Rabin disse allora, sia pure in conversazioni private che così come Israele era stata costretta a distruggere il reattore nucleare dell'Iraq nel 1981, così prima o poi avrebbe dovuto affrontare il pericolo atomico iraniano. Gli eventi recenti e le minacce palmari e dirette di Rafsanjani a Israele, applaudite come non mai nel contesto di antagonismo antisraeliano creatosi durante l'intifada nel mondo arabo, fanno pensare che Israele stia in questo momento molto sul chi vive. Alla bomba, mancano un paio d'anni, si dice: l'attuale guerra contro il terrorismo dovrebbe cambiare lo scenario. Ma se questo non dovesse avvenire, Israele probabilmente non esiterà a seguire la sua tradizione di intervento diretto. Un esperto di terrorismo «Dopo il ritiro dal Libano i palestinesi seguono il modello Hezbollah» «Un legame inquietante alla luce degli sforzi di Teheran di dotarsi di un arsenale atomico»