La Bce: l'Italia non scordi i benefici dell'euro

La Bce: l'Italia non scordi i benefici dell'euro PREOCCUPAZIONI PER LE DIMISSIONI DEL MINISTRO RUGGIERO. NEL MIRINO DELLA BANCA CENTRALE ANCHE I SINDACATI TEDESCO E FRANCESE La Bce: l'Italia non scordi i benefici dell'euro Alian Saunderson SE si dovesse tracciare il profilo della persona che potrebbe rivestire il ruolo di Alan Greenspan in Europa, per gli «osservatori» della Banca Centrale europea, questa persona corrisponderebbe al membro del consiglio Otmar Issing piuttosto che a quello del suo presidente, Wim Duisenberg. Mentre Duisenberg si occupa dei negoziati con i politici, della politica interna del consiglio Bce, e della logistica, Issing, alla pari del presidente della Federai Riserve statunitense, è un economista con il compito di esaminare in quale direzione puntino gli indicatori dell'economia europea e quelli relativi all'inflazione segnalando, se necessario, di apportare dei cambiamenti nella linea di condotta europea. Le osservazioni da lui fatte verso la fine della settimana scorsa sulla ripresa economica e sui tassi d'interesse, hanno fatto drizza¬ re le orecchie ai mercati finanziari, svegliandone l'attenzione. Ma, è anche stato l'autore di un avvertimento forte rivolto, anche se indirettamente, all'Italia, esortandola a non uscire dai binari del rigore fiscale. Alla domanda del quotidiano tedesco Sùddeutsche Zeitung se fosse preoccupato dell'allontanamento apparente di Roma dall'euro, Issing ha risposto che «I vantaggi che l'Italia trae dall' unione valutaria sono così numerosi e significativi da non poter essere trascurati da nessun governo». Questo può essere considerato un commento molto pungente: in altre parole, il governo del primo ministro Silvio Berlusconi non dovrebbe scordare che i grandi tagli sui costi degh interessi del debito fatti dall'Italia nel gennaio '99, con l'ingresso nell'euro, sono stati possibili grazie alla caduta improvvisa dei tassi d'interesse. Roma, ha suggerito, deve rispettare il pat¬ to di stabilità e crescita che stabilisce un deficit budgetario massimo non superiore al 30Zo delPil. Ciò è un segnale di quanto profondamente le dimissioni del ministro degli Esteri Renato Ruggiero, dovute alle opinioni antieuro, abbiano turbato il Nordeuropa. Ma l'osservazione è carica di ulteriori significati. Fino all'incarico nella Bce del '98, Issing è stato un membro del consiglio di amministrazione deUa Bundesbank, organo portatore di chiari dubbi sugli impegni a lungo termine dell'Italia per ciò che riguarda i bilanci a pareggio e la riduzione del debito nazionale a livelli gestibili. Il senso di questa osservazio ne è che altri governi europei, in particolare la Germania, sono stati generosi consentendo l'ingresso dell'Italia nell'unione monetaria europea verso la fine degh Anni 90 quando, in realtà, i suoi conti fiscali erano in grande disordine. Solo perché l'euro è diventato realtà, anche a livello di denaro liquido, e i 12 paesi sono legati l'uno all'altro, dice Issing, l'Italia non deve smettere di cercare il pareggio del bilancio. I mercati hanno pensato che le osservazioni economiche di Issing potevano essere interpretate come un'indicazione che la prossima mossa sul tasso d'interesse ufficiale europeo sarà verso il rialzo. Nell'intervista, Issing ha fermamente respinto le critiche fatte da molti «osservatori», noi compresi, ai quali la reazione nei confronti della flessione economica globale dà parte della Bce è sembrata troppo lenta. «Questa accusa è infondata» ha contestato alla Sùddeutsche Zeitung. «Abbiamo ridotto i tassi d'interesse già nel maggio 2001, ma ciò non significa che ci sia voluto così tanto tempo per capire che il mondo era cambiato. Prima di allora, abbiamo scartato l'idea di alzare nuovamente i tassi - e abbiamo fatto tutto questo in una situazione di rialzo dei prezzi dovuta all' esplosione del prezzo del petrolio e alla crisi legata al morbo Bse». Proseguendo, la crisi argentina è già stata ampiamente scontata dai mercati finanziari. I rischi maggiori sono attualmente costituiti dal ritardo della ripresa economica negli Stati Uniti e dall'aumento eccessivo dei prezzi del petrolio, nonché dagh accordi salariali. «Parecchie rivendicazioni salariali nei grandi paesi dell'area dell'euro non fanno più parte di questo mondo» afferma. L'osservazione era chiaramente indirizzata ai lavoratori tedeschi della IG Metall con le loro rivendicazioni salariali di quest'anno pari al 5-70Zo. Ma era anche un avvertimento diretto ai sindacati francesi nell'anno delle elezioni. Il «Greenspan europeo» tiene gli occhi bene aperti.