«Banche popolari, è ora di cambiare»

«Banche popolari, è ora di cambiare» «Banche popolari, è ora di cambiare» Zanetti: ma è indispensabile restare public company intervista Flavia Podestà LE vecchie regole che disciplinano le banche Popolari non sono le Tavole della legge: sia pure con tutte le prudenze del caso, in qualche modo debbono essere riviste». Per carattere e per formazione Emilio Zanetti - presidente del gruppo bancario Popolare di Bergamo-Credito Varesino - non è certo un pericoloso sovversivo. Eppure, la sua è una voce nel deserto. Sebbene il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, da tempo, non perda occasione per sollecitare le banche Popolari ad aggregarsi per aumentare dimensioni ed efficienza, il sistema è restio a porre mano al riassetto dello status giuridico - dalla trasformazione in società per azioni alla eliminazione del voto capitario - che sono le indispensabili premesse jer alleanze e matrimoni. Per nula preoccupato di muoversi in solitaria, Zanetti insiste. E lo fa con l'autorevolezza che gli deriva dall'essere un banchiere di successo. Non solo in sei anni il gruppo Popolare di Bergamo-Credito Varesino ha più che raddoppiato i crediti verso la clientela (55.135 mihardi al 30 settembre scorso) e la raccolta diretta (58.165 mihardi alla stessa data) e indiretta (66.022 miliardi) e oltre che triplicato il risparmio gestito, ma è anche una deUe banche più efficienti del sistema con un rapporto cost/income per la Bergamo di 46,52 (prima degh ammortamenti). Incamerati, nel tempo, il Credito Veresino, la Popolare di Ancona, la Cassa di Fano, la Popolare di Todi, la Banca Brignone, da un anno e mezzo la Popolare di Bergamo è il maggior azionista di Centrobanca dove, a settembre, si è insediato in plancia di comando, con il ruolo di amministratore delegato. Salvatore Bragantini, già collaboratore di Sofipa e di Arca Merchant, prima di diventare commissario della Consob. Che cosa vi ha spinto alla conquista di Centrobanca? «Centrobanca apparteneva a tutte le Popolari e le società consortili, purtroppo, finiscono per essere res nullius: nessuno, non avendone una partecipazione importante (salvo la Popolare di Novara), vi dedicava attenzione. Abbiamo convinto la Novara a cederci la sua partecipazione, le altre hanno seguito a ruota: nel luglio 2000 eravamo al 5 l07o e oggi siamo al 930Zo e con Bragantini contiamo diventi un centro di eccellenza». Restate o uscirete da Arca? «Gradatamente usciremo da Arca Sgr che, peraltro, è stata ben gestita e che - salvo l'anno scorso in cui il risparmio gestito non ha riservato grandi soddisfazioni a nessuno ha sempre dato ottimi risultati. Il fatto è che abbiamo stipulato l'accordo con Prudential e dato vita a una nostra Sgr in cui gli americani si sono impegnati a salire al 600Zo, man mano verranno trasferite le masse gestite. Non abbiamo intenzione, invece, per il momento di uscire da Arca Merchant». Come mai avete pensato di creare una vostra Sgr? «Ma perché anche Arca, come Centrobanca, era di tutte le banche Popolari. La proprietà condivisa, in molti casi, rischia di tradursi in una scarsa assunzione di responsabilità. Così noi abbiamo preferito dotarci di una nostra struttura, con una nostra Sgr, e fatto questo abbiamo cercato un partner adeguato ai nostri obiettivi. E' nata, così, l'alleanza con Prudential, che è la prima compagnia assicuratrice al mondo. La trattativa è stata lunga perché gli americani sono negoziatori molto attenti e puntijhosi: una volta conquistata la oro fiducia, tutto è andato in discesa». Che cosa portano gli americani? «Ci attendiamo che portino l'esperienza accumulata nella veste di prima compagnia vita al mondo. Prudential, però, è anche un formidabile gestore di gestori di portafogli per cui saprà trasferire a noi la propria professionalità e si farà anche carico della formazione di quelli che dovrebbero costituire poi la rete. Pur essendo entrati nella nostra Sgr con una piccola quota, gli americani si sono impegnati a crescere sino al 6007o: noi scenderemo al 300Zo». Come mai intendete restare in Arca Merchant? «Pensiamo di poter creare rapporti di collaborazione con Centrobanca, nel campo degh investimenti». Quale sarà ora la mission di Centrobanca? «Bragantini ci ha illustrato gli elementi fondamentah del piano d'impresa che porta Centrobanca a qualificarsi come banca per le im- prese. Per il credito industriale, che è stato una sua attività tipica, si prevede che la società operi nei segmenti medi e alti, mentre le operazioni di minore entità verrebbero lasciate alla Popolare di Beiamo. Saranno di competenza di Centrobanca, inoltre, tutte le operazioni di finanza straordinaria; tutto il comparto della finanza d'impresa; il project financing che dovrebbe avere un buon sviluppo; e, infine, gli investimenti nel capitale di rischio da cui ci attendiamo un buon contributo al conto economico». Popolare di Bergamo-Credito Varesino si concentra, quindi, nel retali? «Sì. Del resto noi siamo una banca retali, nonostante i rapporti importanti con il sistema produttivo deh'area in cui operiamo. Il punto di forza della banca in sé è dato dai rapporti con il territorio e dalla capillarità della nostra rete. Abbiamo 630 sportelli, siamo forti in Lombardia e nelle Marche, avendo acquisito la Popolare di Ancona e la CariFano. In Piemonte, con la Banca Brignone di cui conserviamo il marchio integrando, però, la banca, abbiamo una presenza interessante anche se non particolarmente consistente. Abbiamo due filiali dirette ah'estero: a Lione e a Monaco di Baviera». Come mai non avete aperto a New York e a Londra? «Perché abbiamo preferito seguire le correnti di export dei nostri imprenditori». I vostri clienti continuano a essere essenzialmente medie imprese? «Sì, si tratta soprattutto di imprese di dimensioni medie. Alcune, però, nel volgere degh anni sono diventate grandi aziende. Un po' come in Veneto, anche nell'area di pertinenza del nostro gruppo si assiste a una crescita costante, quasi senza soluzioni di continuità. Sono, anzi, assolutamente convinto che la banca sia cresciuta e si sia sviluppata, come è riuscita a fare, proprio perché ha accompagnato lo sviluppo di quelle che una volta erano le piccole e medie realtà della sua zona e che oggi, in molti casi, sono diventate vere e proprie multinazionali». Per esempio? «Per esempio i Badici, che hanno saputo creare gruppi eccellenti e che oggi nel meccano-tessile, dove dopo la Savio di Pordenone hanno acquisito la principale azienda tedesca, sono diventati leader mondiali. Ma gli esempi potrebbero continuare con i Bombassei della Brembo, i Bosatelh di Geweiss e tanti altri. La banca ha la fortuna di operare in un'area davvero straordinaria». Che cosa li accomuna? «La ragione del loro successo sta nel fatto che hanno sempre investito in azienda, non hanno sottratto risorse alle imprese per interessi personah. La banca ha sempre cercato di individuare queste capacità imprenditoriah e ha cercato di dare loro assistenza,-al di là deUa semplice erogazione del credito». Che posto avete nella classifica delle Popolari? «Per lungo tempo siamo stati al terzo posto, dietro la Popolare di Novara e quella di Milano. Quando quegli istituti, par vicissitudini diverse hanno decelerato, noi abbiamo guadagnato la guida della classifica, ma il primato dimensionale ci è insidiato oggi dalla Popolare di Verona che va a nozze con la Novara. Francamente, però, gli unici primati che mi interessano sono quelli dell'efficienza e della redditività: e su quei terreni il gruppo Popolare di Bergamo-Credito Varesino sa difendersi bene». Con Verona avete flirtato senza approdare a nulla. Perché? «E' vero: due anni fa ci siamo osservati per un certo tempo, ma poi non si è fatto nulla. Aposteriori posso dire che, spesso, è difficile mettere insieme due realtà che vanno bene, che sono vivaci e efficienti entrambe perché rimane più difficile accordarsi sulla gover- nance, rispetto ad alleanze tra soggetti che non hanno gli stessi tassi di profittabilità. C'è da aggiungere che l'alleanza con la Popolare di Verona era percepita come un'acquisizione da parte dei veronesi, perché la sede sarebbe stata portata là: l'ipotesi, quindi, non entusiasmava. Infine, a complicare le cose, c'era la valutazione delle inevitabili sovrapposizioni che si sarebbero venute a creare con il Credito Bergamasco. Così, non se n'è fatto nulla». Qggi ve ne pentite? «Noi guardiamo sempre avanti. Dovremo ancora essere attenti a tutte le opportunità che si dovessero manifestare: mi rendo conto, tuttavia, che con il passare del tempo e le tante operazioni già archiviate ci sono sempre meno occasioni di trovare l'acquisto giusto, per una banca di tipo regiona le». Vuol dire che le Popolari acquisibili sono troppo piccole? «Più che con la dimen sione, siamo costretti a fare i conti con la volontà di molte Popolari di rimanere assolutamente indipendenti: di rifiutare, pertanto, ipotesi di aggregazioni». Il governatore della Banca d'Italia, però, sembra pensarla diversamente. «Il governatore ha mandato un messaggio molto chiaro e, a quanto pare, le Popolari di Verona e Novara lo hanno accolto prontamente. Anche noi, se si presentasse l'occasione, saremmo pronti a compiere nuove aggregazioni come suggerito da Fazio. Il fatto è che alcune banche Popolari hanno la capacità e la forza per andare da sole sulla loro strada e non possiamo costringerle a fare scelte che non condividono; specie se permangono gli attuah assetti societari». Questo è il vero punto dolente. Gli attuali assetti azionari delle Popolari soprattutto il voto capitario - vengono ritenuti anacronìstici non solo dall'Autorità centrale. «E' vero, eppure la nostra associazione di categoria è restia a rivedere l'assetto attuale. Sono convinto che le regole che ci hanno retto sinora abbiano funzionato egregiamente in passato: lo dimostra il fatto che le Popolari sono cresciute e oggi rappresentano il 200Zo della raccolta complessiva e degh impieghi. Sono altrettanto convinto del fatto che non necessariamente questo assetto possa funzionare in futuro altrettanto bene. Ce lo dice il mercato che penalizza i corsi degh istituti che hanno deciso di quotarsi senza modificare gli attua¬ li assetti societari - e noi siamo stati la prima Popolare ad andare a Piazza Affari, anche per facilitare accordi di capitale - rispetto a quelli di chi ha un diverso status giuridico. Per questo ritengo che, senza compromettere l'indipendenza della banca, sia opportuno mettere in discussione le vecchie regole. E, poi, lo abbiamo visto con la Banca Agricola Mantovana: davanti al profumo del quattrino offerto da un'Opa, le difese di principio vengono messe da parte. Allora, perché non riformarci?». In quale direzione? «L'Arel, qualche tempo fa, ha prospettato un modello interessante. Si tratterebbe di una società per azioni di diritto speciale, perché si prevede un limite al possesso azionario (e agli statuti viene data la possibUità di definire limiti anche inferiori), e una modulazione del diritto di voto che è pur sempre megho deh'attuale voto capitario». Potrebbe non essere legitti- mo. Ma perché tanta paura del mercato? «Non tutti hanno paura : l'Antonveneta, per esempio, ha fatto autonomamente la scelta del mercato aperto. Il sistema, però, è titubante. Io stesso, sebbene auspichi il cambio delle regole del gioco, ho qualche timore di una pura e semplice trasformazione in società per azioni: non vorrei che la Popolare di Bergamo, che è una buona banca, venisse subito scalata da un grande gruppo o espropriata da qualche nocciolo duro di soci. Se si riuscisse a trovare il modo per difendere il modello di public company, sarebbe megho: sarebbe più facile difendere l'indipendenza». L'indipendenza, in genere, si difende con la capitalizzazione e l'efficienza: non con i paletti. Comunque, com'è andato il 2001 ? «Nella semestrale abbiamo avuto ottimi risultati: sia a livello di banche che di gruppo abbiamo avuto un incremento del 250Zo dell'utile netto. Il mese di settembre è stato un po' difficile per tutti, ma in ottobre e novembre abbiamo ripreso i ritmi dei primi mesi per cui chiuderemo il 2001 con un risultato positivo: come banca, mighore di quello del 2000 e come gruppo in linea con quello dell'anno precedente». Perché fate da soli la bancassurance? «Le assicurazioni intermediano risparmio: quindi, fanno un mestiere che una banca può svolgere in proprio, se si dota deUe competenze necessarie. Abbiamo acquisito una giovane compagnia e l'abbiamo sviluppata, inizialmente, con l'aiuto della Reale Mutua. Quando abbiamo visto che, tramite la rete dei nostri sportelli, si riuscivano a vendere bene le polizze, abbiamo deciso di proseguire per conto nostro: così, è nata la nostra avventura in solitaria nella bancassurance». Avete scommesso per tempo sui fondi pensione: soddisfatti? «Indubbiamente: inostri fondi pensione si collocano ai vertici della classifica nazionale, per rendimenti». Quali priorità per il futuro? «Continueremo a costruire sviluppo con la bussola deUa salvaguardia deh'efficienza: il che significa investire con la certezza di buoni ritomi. E continueremo ad esplorare anche i settori più innovativi coniugando, come in passato, tempestività e prudenza. In soldoni, rifiutiamo di fare il passo più lungo della gamba perché crediamo che una banca debba sempre avere la consapevolezza di lavorare con quattrini altrui. La tempestività ci ha permesso di crescere: la prudenza ci ha fatto evitare i guai che turbano i sonni ad altri». «L'Arel ha prospettato una società per azioni a diritto speciale, perché prevede un limite al possesso azionario e una modulazione del diritto di voto, meglio dell'attuale voto capitario» mbiare»c company nce, rispetto ad alleanze tra sogtti che non hanno gli stessi tassi profittabilità. C'è da aggiungere e l'alleanza con la Popolare di rona era percepita come un'acisizione da parte dei veronesi, rché la sede sarebbe stata portalà: l'ipotesi, quindi, non entusiamava. Infine, a complicare le co c'era la valutazione delle inevibili sovrapposizioni che si sarebro venute a creare con il Credito rgamasco. Così, non se n'è fatto ulla». Qggi ve ne pentite? Noi guardiamo sempre avanti. ovremo ancora essere attenti a tte le opportunità che si dovesse manifestare: mi rendo conto, ttavia, che con il passare del mpo e le tante operazioni già chiviate ci sono sempre meno casioni di trovare l'acquisto giuo, per una banca di tipo regiona ». Vuol dire che le Popolari acquisibili sono troppo piccole? Più che con la dimen one, siamo coretti a fare i onti con la volontà di molte Popolari di rimanee assolutamente indipenenti: di rifiutare, pertanto, otesi di aggregazioni». Il governatore della Banca d'Italia, però, sembra pensarla diversamente. l governatore ha mandato un essaggio molto chiaro e, a quan pare, le Popolari di Verona e ovara lo hanno accolto prontaente. Anche noi, se si presentas l'occasione, saremmo pronti a ompiere nuove aggregazioni coe suggerito da Fazio. Il fatto è che cune banche Popolari hanno la apacità e la forza per andare da ole sulla loro strada e non possiao costringerle a fare scelte che on condividono; specie se perangono gli attuah assetti societa\ Emilio Zanetti, presidente della Popolare di Bergamo-Credito Varesino del disegno di Ettore Viola li assetti societari - e noi siamo stati la prima Popolare ad andare a Piazza Affari, anche per facilitare accordi di capitale - rispetto a quelli di chi ha un diverso status giuridico. Per questo ritengo che, senza compromettere l'indipendenza della banca, sia opportuno mettere in discussione le vecchie regole. E, poi, lo abbiamo visto con la Banca Agricola Mantovana: davanti al profumo del quattrino offerto da un'Opa, le difese di principio vengono messe da parte. Allora, perché non riformarci?»mo. Ma perché tanta paurdel mercato? «Non tutti hanno paura : l'Antonveneta, per esempio, ha fatto autonomamente la scelta del mercataperto. Il sistema, però, è titubante. Io stesso, sebbene auspichi cambio delle regole del gioco, hqualche timore di una pura e semplice trasformazione in società peazioni: non vorrei che la Popolardi Bergamo, che è una buona banca, venisse subito scalata da ugrande gruppo o espropriata dqualche nocciolo duro di soci. Se riuscisse a trovare il modo pedifendere il modello di public company, sarebbe megho: sarebbe pifacile difendere l'indipendenza». L'indipendenza, in generesi difende con la capitalizzazione e l'efficienza: nocon i paletti. Comunquecom'è andato il 2001 ? «Nella semestrale abbiamo avutottimi risultati: sia a livello d Emilio Zanetti, presidente della Popolare di Bergamo-Credito Varesino del disegno di Ettore Viola