E la «base» della Lega si offende

E la «base» della Lega si offende AL CONGRESSO «NAZIONALE» LOMBARDO IL SIMBOLO E' IL CAPESTRO Dl «FORCOLANDIA» E la «base» della Lega si offende Calderoli: mai cenato con un romano, la mia capitale è Bergamo l'avada polemica inviato a MILANO PADANIA libera a tutti!» esordiscono i segretari provinciali della Lega lombarda dopo essersi presentati per cognome e nome, Fratus Gianbattista, Carioni Leonardo, «Padania sempre!» è la chiusa. Che gli è preso al Guardasigilli Castelli, che per l'apertura dell'anno giudiziario ia scelto Roma, e ha pure detto: «Milano non è il centro del mondo, la capitale d'Italia è da qualche altra parte»? Il segretario uscente Roberto Calderoli, camicia verde, fazzoletto verde, smeraldo all'occhiello, argomenta a latere: «Io sono secessionista. L'ho dimostrato con i processi, e le condanne: la penultima, 135 milioni; l'ultima, 4 mesi; di questo passo finisco in galera. La mia capitale non è Roma, e neanche Milano: è Bergamo». Calderoli conosce bene Roma, ci vive, è vicepresidente del Senato, presiede le sedute di Palazzo Madama quando Pera ha altro da fare, è l'uomo della Lega nelle istituzioni, ma sa prescinderne: «Io bado bene a non fare amicizie a Roma, a non stringere legami. La frequento da anni, ma non sono mai andato a cena con un romano: sempre con i colleghi, o a casa, da solo. E appena wsso, scappo. Via a Bergamo!». Nela capitale, appunto. Ma Castelli? «Non ha parlato da militante, bensì da ministro - teorizza Calderoli -. Una frase diplomatica, gettata lì non certo per attaccare i milanesi, ma la procura di Milano». Preoccupazioni chplomatiche, Calderoli non ne ha. Per il «congresso nazionale della Lega lombarda)), praticamente un ossimoro, ha disegnato il manifesto con la forca di Forcolandia, metafora dello spazio giuridico europeo che minaccia di strangolare la penisola, con la riedizione del celebre cappio stretto all'altezza del Po. La forca è il contributo innovativo della Lega di governo all'iconografia tradizionale della Lega di lotta, rappresentata, nel salone triste di un centro congressi alla periferia Nord (ovviamente) di Milano, da: alberimi da Giussano, anche in versione saga scandinava con chioma al vento, petto nudo e destriero focoso; foto di quel ramo del lago di Como che volge - purtroppo a Mezzogiorno; Miss Padania uscente con fascia (la prossima si elegge il 4 febbraio); i rappresentanti dell'as¬ sociazionismo leghista : Padania bella. Sport Padania, Guardie nazionali padane. Volontari verdi. Alpini padani, gli animalisti del Collare verde, e club che riuniscono escursionisti, vu' tuma' argentini, donatori di sangue, proprietari di auto d'epoca e collezionisti intenti alla creazione del primo Museo padano. La vera icona non c'era; incombeva. Citata in ogni discorso, prima evocata - «il nostro segretario federale e ministro per le Riforme istituzionali» -, poi invocata a fine intervento: «Viva la Lega! Viva Umberto Bossi!». Applausi; non all'oratore; a Bossi. Che si appaleserà oggi, non si sa a che ora, il programma che scandisce al minuto gli interventi degli altri ministri, 14 e 40 Castelli, 15,00 Maroni, assicura solo che prima o poi, a seconda dell'ora della levata o della pennica, Bossi verrà. Unico indizio, un cartello - «le riprese televisive sono vietate oggi e domattina» - che fa pensare al pomeriggio. E' l'Umberto ormai un pezzo dell'identità padana, come il sole delle Alpi e la croce rossa in campo bianco. Un'identità qui mai trionfante, mai spavalda, piuttosto impaurita, non un'uscita xenofoba neanche tra gli oratori più naìves, non un accento antimeridionale (solo legitti¬ me ironie sui due mesi di ferie dei deputati regionali siciliani). Sono altre le parole-chiave, terra, difesa, invasione, radici, pronunciate nell'accento largo del lombardo delle valli, antropologicamente lontano dal lombardo della Brianza o della Bassa, la cui incarnazione è Berlusconi. E infatti di Berlusconi i segretari provinciali della Lega lombarda (che però sono sedici, compresi quelli del Ticino e della Martesana) diffidano. Di Forza Italia si lamentano un po' tutti, «alle prossime amministrative possiamo fare da soli», il più esplicito è 0 capo di Bergamo che si chiama appropriatamente Colleoni: non è che «i rappresentati di Forza Italia siano un esempio di trasparenza, onestà e disinteresse», non è che le promesse elettorali siano state mantenute: ((Aspettavamo la legge sull'immigrazione e la devolution nei primi cento giorni, invece niente. La gente ci ferma per strada e ci chiede conto. Che le dobbiamo dire?». E' qui che in sala scatta l'applauso più forte, che sventola il verde in tutte le sue fogge, sciarpe, gilet, foulard, giacche, cachecol, cravatte, cappelli e soprattutto camicie, nelle varianti verdone, a righe, verdoline, scozzesi; unici in rosso i valletti del ricevimento della sala accanto che vanno e vengono tra le fila dei delegati. Che cosa dire alla gente, lo spiegherà oggi Bossi. «E noi - tira le fila del dibattito Carioni Leonardo segretario di Como - faremo, come sempre, una bella gazebata».