Scoperte le proteine killer nel diabete di Marco Accossato

Scoperte le proteine killer nel diabete Scoperte le proteine killer nel diabete Normalmente innocue nei malati bloccano il rimodellamento dei vasi e accelerano arteriosclerosi e malattie vascolari. I ricercatori della Università di Torino: ora saranno possibili nuove efficaci terapie Marco Accossato TORINO Due proteine normalmente innocue e utili alla vita delle cellule si coalizzano nei malati di diabete, accelerando in loro l'arteriosclerosi e la mortalità per malattie cardiovascolari. I ricercatori del dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Torino hanno scoperto che, interagendo, le due molecole (denominate «p2I» e «StatS» e già note nella letteratura medica per le loro normali attività) innescano un meccanismo patologico in grado di bloccare il rimodellamento dei vasi, un evento salvavita poiché permette che si formino nuovi vasi negh organi male irrorati dalle arterie colpite da arteriosclerosi. La notizia è pubblicata sul numero di gennaio dell'autorevole rivista medica «The Journal of Clinical Investigation». La scoperta potrebbe consentire agh studiosi di tutto il mondo la messa a punto di nuove ed efficaci armi terapeutiche. Allo studio, durato un anno e mezzo e condotto concretamente dalla dottoressa Maria Febee Brizzi nei laboratori diretti dal professor Luigi Pegoraro, hanno collaborato anche i gruppi di ricerca dei professori Gianfranco Pagano e Giovanni Camussi. Spiegano la dottoressa Brizzi e il professor Pegoraro: «Le malattie cardiovascolari, e in particolare l'arteriosclerosi^ rappresentano la più comune causa di morte nelle società occidentali. Le proteine trasportatrici di colesterolo nel sangue, che sono denominate lipoproteine a bassa densità (Ldl), nelle persone diabetiche sono modificate rispetto a quelle delle persone sane, e sono tra i principali artefici dello sviluppo e della progressione dell'arteriosclerosi. Quello che non si sapeva era il "come" ciò avvenisse, cioè il meccanismo di causaeffetto che porta a questa situazione patologica'. I ricercatori dell'Università di Torino hanno chiarito l'enigma: dopo un anno e mezzo di studi approfonditi, attraverso il microscopio e grazie ad una modificazione genica della proteina «StatS», si è capito come le proteine trasportatrici di colesterolo danneggino la funzione replicativa delle cellule endoteliali non permettendo che si formino dei nuovi vasi. Più precisamente, i ricercatori torinesi hanno scoperto che le lipoproteine alterate dei pazienti diabetici attivano la prima delle due proteine sotto accusa , la «Stat5». Questa, a sua volta, invia una sorta di messaggio-ingannevole in codice dal citoplasma al nucleo della cellula, e stimola alcuni geni, fra cui quello della proteina «p2i», che - nel difficile equilibrio cellulare - cresce a dismisura e blocca la proliferazione delle cellule endoteliali, mantenendole in uno stato di inerzia e ostacolando quindi la rigenerazione dei nuovi vasisalvezza. «Le conclusioni a cui siamo anche giunti - sottolinea il professor Pegoraro - è che le proteine "Ldl" presenti nel sangue dei pazienti diabetici, inibendo la proliferazione delle cellule endoteliaU, , possono non solo condizionare la formazione di vasi collaterali, ma anche peggiorare la fragilità del vaso già malato, favorendo l'insorgenza di occlusioni arteriose acute». Una doppia minaccia, quindi. Il meccanismo sperimentato in vitro ha richiesto prova e controprova, per poter essere annunciato come scoperta. Per cercare una prima conferma sono state prelevate e anaUzzate placche arteriosclerotiche nelle quali la proteina «StatS» era già attivata e la sua complice «p21» accumulata. Per avere la prova definitiva sono state modificate cellule endoteliali in modo che producessero una proteina «StatS» fasulla, cioè incapace di, «innescare» la «p21». «In questo caso non si è realizzato alcun meccanismo patologico». ne del settore. «L'Europa raccomanda che la donazione di sangue resti un fatto pubbhco - osserva Cravero - e, del resto, si è sempre fatto così, per maggior garanzia e sicurezza dei cittadini». Ma le "gole profonde" parlano di possibilità per le case di cura private di raccogliere sangue autonomamente e di servizi trasfusionali messi nelle condizioni di crearsi centri di donatori da gestire direttamente. Addirittura, le stesse industrie potrebbero, grazie a convenzioni ad hoc, costituire centri propri di raccolta del plasma, attività che finora è stata gestita soltanto dagli ospedali pubblici. Gli esperti del settore non vedono di buon occhio questa possibile virata verso il privato. «La gestione del sangue deve rimanere un fatto pubblico - commenta Giuseppe Aprili, direttore del Dipartimento trasfusionale degli Ospedali Riuniti di Verona e presidente del «Simti» -, esattamente come quella dei trapianti: entrambi le attività sono, infatti, basate sulla donazione». L'attuale sistema, sia pure con momenti critici dovuti alle differenze di regolamenti tra le varie parti d'Italia, finora ha funzionato, soprattutto sul piano della sicurezza. «Ma oggi - conclude Aprili - c'è un enorme aumento della richiesta di sangue per la crescita di consumi dpgji ejnpcomponenti, anche grafie alle nuove terapie, messe a pimtp in questi anni. Più che mai è urgente un piano nazionale sangue. E più che mai è importante che rimanga nell'assistenza pubblica». Si teme che case di cura e industrie possano costituire propri centri di raccolta del plasma «C'è un grande aumento della richiesta, la gestione deve restare pubblica» La scoperta dell'università di Torino apre la strada a una nuova generazione di farmaci contro l'arteriosclerosi

Persone citate: Brizzi, Cravero, Gianfranco Pagano, Giovanni Camussi, Giuseppe Aprili, Luigi Pegoraro, Maria Febee Brizzi, Pegoraro

Luoghi citati: Europa, Italia, Torino, Verona