Mincato: l'Eni è pronto a uscire dalla chimica Avrà più gas e petrolio

Mincato: l'Eni è pronto a uscire dalla chimica Avrà più gas e petrolio L'AMMINISTRATORE DELEGATO DEL GRUPPO TRACCIA LE STRATEGIE: «FORSE GIÀ' ENTRO GENNAIO LA CESSIONE DEL 5107o DI POLIMERI EUROPA ALLA SABIC» Mincato: l'Eni è pronto a uscire dalla chimica Avrà più gas e petrolio «f riichèm per ora resterà, con altro nome, poi sarà assorbita Crésceremo ancora nell'energia senza però avere l'obiettivodi tentare una grande azienda elettrica: non è il nostro mestiere» intervista ROMA CHIMICA, addio. Dopo la cessione di Ausimont alla Solvay, da parte della Mentedisen, anche l'Epì.nelle prime settimane dell'anno hupvo, ultimata la due dihgénce'Che è m corso, peifezioner^ il.contratto di cessione del 51%'dellà Polimeri Europa - joint ventu^'''cMtituita a suo' tempo ce^jsjèf Union Carbide e tornata tut|à^àott^ il cappello dell'Eni qu^dÓ,il gruppo amefìcano venne :CÒmprato da Dow Chemical agli arabi della Sabic, settima società petrolchimica del mondo e b.y asl; corso, dògli ahnì '90, rolraJ^Bysiflizie' di portafoglio: in, cailfijò le'restano i crackers: con i quajisi.producono le grandi olefir ne ^'Brìndisi, Porto Marghera, Priolp e Gela; gli stirenici di Mantova, Fennara e Ravenna; i tra siti sardi^di Porto Torres, Assemini e Cagliari e stabilimenti in Francia, Belgie, Gran Bretagna, Ungheria e Usa. Nella Polimeri Europa finiranno l'etilene (prodetto a Magherà, Gela .e Priolo) con la produzio-ne a valle di polietilene ( Brindisi, Priólo e iSela), le gemme di Ravenna,-il pplistirolo di Mantova. La gestipnei! della separazione di ciò che è Vècchio e andrà chiuso da ciò che è valido e destinato ad avere un futuro, ha costituito la maggior complessità del negoziate, in corso da mesi. Ora, però, si è alle vfltime battute. Un successo per littorio Mincate che potrà presehtare ai suoi azionisti (e, innanzitutto, al Tesoro che detiene 'ancora il 300Zo del capitale), in occasione della prossima assemblea di bilancio, non solo un rendiconto ricchissimo, ma anche il raggiungimento anticipato del piano quadriennale. In trenta mesi l'amministratore delegate dell'Eni - grazie anche a un organico in qjii laureati e diplomati fanno la parte del leone - ha rivoltate la sedlètà come un guanto: facendole recuperare efficienza ed efficacia^' ripulendone il portafoglio di tuttéJe attività troppo labor intensivi; e! troppe poco redditizie, costruéùdone l'espansione sui mercati intemazionali. Con il risultato ghela gestione Mincate passerà alla Stona come il triennio dei record: sotto tutti i profili. Compréso quello del fiume di denaro indirizzato alla fameliche casse pubbliche: tra dividendi e impeste nel'2001 l'Eni ha versato alle Stato oltre 4 miliardi di euro; il Tesoro ha incassato inoltre 2,7 miliardi di euro dalla cessione di un S'ft del capitale. Logica verreb: he che non venisse cambiato ii cavallo vincente: specie se è alla guida di un gruppo quotato anche a Wall Street. Di questi tempi, purtroppo, più deljfi logica sembrano imporsi gli appetiti di un esercito di questuanti che - accampando affinità elettive (vere e presunte, dantan o fresche di vernice poco importa) con i nuovi padroni del vapore - pretendono di andare all'incasso di poltrone. Si vedrà. La Sabic opera già in Europa? «Solo stdpiano commerciale. Questa che stiamo negoziando sarebbe la prima joint venture produttiva». Le sembra il momento opportuno per farlo? «Sabic ha, da tempo, grosse joint venture con l'americana Exon Mobil e con l'angle olandese Shell: tutte avventure in cui gli occidentali hanno portato soldi in Arabia Saudita. Con noi, per la prima vòlta, i sauditi investirebbero fuori dal loro Paese, inoltre Sabic ha una sua sohdità riconosciuta anche dai competitor: non credo, pertanto, che la società con il gruppo saudita possa presentare criticità». Quali sono, invece, le attività chimiche da smantellare? «Ci sono alcune. lavorazioni da cui noi usciremmo, a prescindere dalla cessione di Póhmeri-Euro-. pa: per esempio gli impianti residuali della chimica del cloro, da cui siamo già usciti. In Sardegna pontinueremo a gestire Portò Torre3,,,dove'produrremo per conto depaPoUmeri Europei. Senzapreooòapaaioni ocoaptìzionah, pf©babiMéht'e aOTÒmmo chiuso:'visto, però, che gli impianti hanno ancora una vita utile li gestiremo ancora, fino ad esaurimento (tra almeno 6/7 anni)». , Le dismissioni imporranno «rossi tagli occupazionali? «Abbiamo esuberi a prescindere dalla cessione di Pohmeri Europa. Ci sono circa 1200 persone addette ai servizi che stiamo estemalizzando. Gli addetti agli stabilimenti sardi troveranno in parte collocazione ne^li impianti che venderemo ad altri operatori: noi assicuriamo, comunque, una gestione non traumatica del problema». E' possibile che, aperte a Sabic le porte dell'Europa, l'Eni possa avere qualche contropartita in Arabia? «In effetti crediamo che un accordo con Sabic potrebbe accreditarci meglio in Arabia Saudita: gU americani hainno largo credito in arabia anche in virtù dello stretto rapporto con Sabic, con l'Aramco e le altre società arabe. Qualche atout ulteriore da giocare potrebbe averlo davvero, ma debbo anche dire che l'operazione non è fatta per prendere due piccioni con una fava». Che fine farà Enichem? «Enichem resterà ora, con un altro nome, per gestire questa transizione e adempiere agli impegni assunti in materia ambientale con le autorità centrali e locali. Poi verrà assorbita dall'Eni (come accadrà in gennaio alla Snam e entro la fine dell'anno ad Agip Petroli) che, a quel punto, sarà un gruppo integrato con le sue attività di upstream, power e gas, e downstream organizzate in divisioni. In Borsa restano Italgas, Snam Rete Gas e la Saipém, di cui abbiamo il 430z6: la scelta del mercato, che significa autonomia dal gruppo, era indispensabile per società che non lavorano solo per neh). Basta la Ber sa per garanti j^-irindjp^ndenza'W ■,:^Re^Gas?;;:,:.,, ' «Se-iì sfetéipa regolatorià na bene, e non vedo percHè hóff^ dìebba funzionare, l'indipenden-1 za dellàréte del gas e la oggettività della gestione sono assicurate daU'Aitóhority». Che giudizio dà dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas? «Cw-24>Molto positivo. Le va dato atto del grande impegno profuso per regolamentare un sistema complesso che oggi conosce davvero in ogni sua parte». Viste la dimensione e la redditività del gruppo, non sono un po' troppo modeste le ambizioni elettriche dell'Eni che vuol disporre di appena 5/ 6 mila megawatt? «Nei siamo partiti ora con i 1000 megawatt di San Nazaro dei Burgundi e stiamo partendo a Ravenna: contiamo di avere nel 2003 una potenza installata di 5 mila megawatt, e non è poco. Non escludiamo di crescere ancora: prima di prendere altre decisioni, però, vorremmo capire come si sistema il mercato, nel frattempo, e cosa accade della Borsa elettrica. Non abbiamo, comunque, in¬ tenzione di diventare una grande azienda elettrica». Perché? «Perché preferiamo accrescere la nostra posizione neh'upstream, nella produzione di petrolio e di gas. Se c'è la possibilità di investire migliaia di miliardi, preferisco farlo sui giacimenti petroliferi piuttosto che sulle centrali elettriche». Perché rendono di più o perché ritenete che il mercato dell'elettricità, come quello del gas, debba essere un oligopolio stretto? «Perché si tratta del mestiere che abbiamo dimostrate di saper fare megho. Quanto al mercato dell'energia elettrica riteniamo che in Italia, da qui a 5/ 6 anni, sarà molto combattuto e molto difficile. Noi vi produrremo a bassi costi perché abbiamo le tecnologie di produzione con i rendimenti migliori e pensia¬ mo anche di avere l'alimentazione privilegiata disponendo di gas: siamo certi, cosi, dì poter vendere bene la nostra elettricità. Siamo peraltro convinti che non tutti saranno nelle nostre condizioni: più in generale crediamo che sarà difficile stare sul mercato, come lo sarà in Germania e sugli altri mercati europei. In Italia ora le tariffe sono buone per i produttori ma nel 2007/ 2008 non sarà più così. Per questo preferiamo aumentare la produzione di oil e di Dica la verità che non vuol disturbare troppo il manovratore in campo elettrico augurandosi che nessuno disturbi troppo voi nel campo del gas. Voglio vederla quando ci dovesse essere una vera apertura del mercato del gas. «L'apertura del mercato del gas c'è già, ma sarà più efficace quando saranno fatte le infrastrutture per consentire l'importazione del gas che serve al Paese: il che significa gasdotti e impianti di rigassificazione. Comunque, dal 2004 arriveranno i primi 8 miliardi di metri cubi di gas dalla Libia che abbiamo ceduto a Edison, Energia e Gaz de Franca: senza quel nostro import, nel 2004, avremmo già una carenza di gas in Italia. Per questo è necessario investire. He apprese con piacere che, al largo di Rovigo, Edison awierà presto i lavori per la costruzione dell'impianto di rigassificazione e che l'Enel sta studiando la fattibilità di un metanodotto dall'Algeria all'Italia, passando dalla Sardegna: questo è importante, ma non basta. Ci vogliono altre licenze perché in Italia giungane quei 30 miliardi di metri cubi di gas di cui c'è bisogno». Insomma lei dice che i vostri concorrenti debbono mettere mano al portafogli e investire. E' così? «Per forza. Bisogna investire e nei lo stiamo facendo con il metanodotto libico». Oggi come oggi non mi pare che il quattrino abbondi, tra i concorrenti. «Ci sono aziende che hanno la capacità tecnica e finanziaria per fare, investimenti importanti». Nel futuro dell'Eni c'è ulteriore crescita nel petrolio e nel gas. Che possibilità ci sono che il gruppo, in Russia, acquisti un ruolo aggiuntivo rispetto a quello commerciale? «Nei quest'anno abbiamo firmato il primo contratte di sfruttamento di un giacimento in Russia, nella depressione uralo caspica. Abbiamo in corso altri negoziati: le prospettive ci sono e ci piace coltivarle. Siamo in Kazakistan e ambiremmo essere anche in Russia con un ruolo industriale». Il cambio al vertice di Gazprom daciso da Putin vi ha creato problemi? «Direi di no. He incontrato Putin e Miller, subito dopo la loro nomina, ed abbiamo avuto colloqui molto cordiali e i progetti che abbiamo in corso seno stati ribaditi». E' possibile che l'Eni cresca ancora per vie esterne, come ha fatto acquisendo la Lasmo che è più grandi di Montedison? «L'Eni ha una posizione finanzia- ria molto buona, quindi non si lascerà scappare le occasioni che si presentino sul mercato: anche di dimensioni maggiori della Lasmo. Purché siano compatibili con la capacità di digerirle, creino valore, e non compromettano la nostra autonomia». Cosa che non sarebbe successa nella eventualità di un matrimonio con Repsol? «Esatto. Repsol è una bella azienda ma non presenta sinergie con l'Eni». Dove vorreste crescere, fuori dalle aree in cui siete? «Non ci dispiace il Sud America. In questo momento non c'è nulla alle viste, però». All'indomani degli attentati alle Twin Tower, si era detto che.'ulteriori tensióni con il mondo arabo avrebbero potuto indurre gli Usa ad investire per sfruttare le sabbia bituminose del Canada, che sono un immenso giacimento di oli, purtroppo pesanti. E' vero che l'Eni ha sviluppato una tecnologia per trasformare quegli oli pesanti in petrolio di buona qualità? «E' vero che nei da tempo lavoriamo attorno a questo progetto. Quest'anno abbiamo deciso di aumentare i nostri investimenti in ricerca da 150 a 225 mihoni di euro, proprio per costruire un impianto pilota che testi questa tecnologia per fame un'applicazione semindustriale. Questo serve non solo per le sabbie del Canada, ma anche per i greggi pesanti del Venezuela». Se quelle realtà dovessero diventare interessanti, come potrebbe cambiare la geografia del petrolio? «Ci potrebbe essere un'offerta aggiuntiva di prodetti pregiati la cui richiesta è in forte crescita. Investire su quelle aree può indubbiamente modificare la geopolitica, perché il Canada attirerebbe certamente enormi investimenti: a scapito di altre aree più frequentate». «ln Russia abbiamo trattative in corso: ho già incontrato Putin e Miller La spagnola Repsol è una bella azienda ma non presenta sinergie con il nostro gruppo Il futuro è nei petroli pregiati: e noi ci siamo» Vittorio Mincato