Così le carte geografiche narrano la storia delle Alpi di Enrico Camanni

Così le carte geografiche narrano la storia delle Alpi Così le carte geografiche narrano la storia delle Alpi Enrico Camanni LA storia di questo libro è iniziata nel 1970, quando tre professionisti dediti alle vacanze in Val d'Ayas, una farmacista, un medico e un dirigente d'azienda, intrapresero per diletto lo studio deh antica cartografia della valle, che h portò a pubblicare dopo quattro anni il volume Le Grandi Alpi nella cartografia dei secoli passati 1482-1865 per Friuli S- Verlucca. Il libro ebbe successo, l'edizione fii esaurita in poco tempo ed entrò neha dotazione delle principah biblioteche civiche e private europee, e in queUe deUe Università americane. Attualmente è reperibile solo sul mercato antiquario ed è un'opera molto richiesta. Il riscontro favorevole non ha rappresentato un punto d'arrivo per i tre ricercatori, che, sempre più affascinati dalla cartografia alpina antica, hanno continuato a raccoghere carte e documenti, lavorando nel tempo libero. Purtroppo dopo un solo anno dalla pubblicazione uno degh autori. Massimo Pomella, die era stato l'ideatore del progetto, è mancato prematuramente e i vulcanici coniugi Laura e Giorgio Aliprandi si sono ritrovati soli a coltivare la passione per le carte, nell'intento dì approfondire il lavoro del 1974. Sono passati circa trent'anni e in questo tempo gh Aliprandi, abbastanza isolati rispetto agh altri settori della ricerca alpina, hanno raccolto una mole impressionante di materiale indagando, confrontando, approfondendo, e aspettando il momento giusto per dare alle stampe il lavoro di una vita. La nuova opera Le Grandi.4lpi nella cartografia 1482-2885 è la fine di questa attesa, che gh autori tengono a definire «un'indagine di cartografia storica», cioè una ricostruzione attraverso le carte delle tracce deUe vicende antropologiche, politiche, militari e religiose che raccontano la storia del territorio alpino occidentale. «Lo studio dei toponimi, deUe frontiere e soprattutto dei colli, che rappresentano la parte più "umana" che la cartografia delle Alpi può offrirci, ha orientato la nostra ricerca». Le carte intese come "occhio della storia": questa è la chiave di lettura (e di studio) di questo volume - dedicato aha lenta "scoperta" deUe Grandi (o Somme) Alpi, come ebbe a definirle Giulio Cesare - che avrà un seguito nel 2006 con un secondo lavoro dedicato soprattutto ai valichi, perché, come scrisse lo storico Coohdge, «se una cima è opera della natura, un passo alpino è opera dell'uomo». Gh Aliprandi si muovono tra il 1482eil 1885, inquadrando quattro secoli fondamentah non solo per la nascita e lo sviluppo della cartografia alpina, ma anche per la moderna visione delle Alpi. Per tre secoh, si può affermare con gli autori, la descrizione delle Alpi ((non costituì alcun interesse, né commerciale né culturale, e per tali motivi mancò la spinta da parte dei cartografi e dei commercianti di carte a iniziare uno studio sistematico della topografia deheAlpb). Nell'antichità le Alpi erano una specie di buco nero, un inutile accidente del paesaggio, tutt'al più un intoppo per chi doveva spingersi oltre la catena dei monti. Le carte di sohto non le rappresentavano affatto, oppure le trattavano come terre senza materia e senza storia, assecondando ancora nel Seicento la visione teologica protestante (e non solo) per cui Dio avrebbe ammucchiato sulle montagr.c gh scarti del diluvio. Dunque le iomme Alpi erano inutili e le carte riflettevano il concetto diffuso (concetto urbano, naturalmente), e anche quando riportavano le cime esprimevano l'approssimazione di cartografi che'non avevano alcun interesse a disegnare montagne, a eccezione delle valli e dei colli di maggior transito commerciale e militare. Di fatto, fino al Settecento, la cartografia alpina resta qualcosa di accidentale e secondario, perché i montanari, i pellegrini e i soldati che valicavano le Alpi per vie traverse non avevano bisojgno di mappe, mentre tutti gh altri non avevano alcun bisogno di valicare montagne. La visione cambia nel Settecento, dopo Utrecht e la fondazione degh stati nazione. Paradossalmente, finché le Alpi non diventano linee di frontiera a discapito di se stesse e dei propri abitanti, i cartografi e le carte le trascurano, per riscoprirle prepotentemente nel momento più negativo della loro storia. E altrettanto paradossalmente, quando le Alpi si pongono come divisione artificiosa tra gli stati («a ogni stato le acque che vi discendono»), i viaggiatori romantici cominciano a scoprirvi i semi del bello e del sublime, favorendo un urgente lavoro di mappatura e descrizione dei percorsi a scopo artistico, turistico e alpinistico. In meno di due secoh, tra Sette e Ottocento, le Alpi passano da rifiuto del Continente a terra "conquistata", contesa, desiderata e descritta, come una grande macchia incolore nel cuore dell'Europa industrializzata e civilizzata che d'un tratto prende forma, tinta, valore e sapore. lettuah (14 con fi curatore, per evitare ogni panico numerologico) di cui due sono dichiaratamente e coraggiosamente cattolici (mi riferisco a Piero Scoppola e a Andrea Romano), almeno due hanno una matrice di fondo religiosa, ma senza rapporti confessionali, mentre altri due sono caratterizzati da un'appartenenza a minoranze: Anna Eoa e Khaled Fouad Allam. Il resto è formato da laici nel senso più completo del termine. Un primo dato da considerare è che tutti per una ragione o per un'altra recentemente sono stati coinvolti con ruoli significativi o almeno legati aha loro stessa professione intellettuale al dibattito sulla laicità. Non a caso sono infatti coinvolti Tullio De Mauro, per un breve tratto ministro di un'istruzione che era ancora pubblica nel senso mighore deha parola; o Umberto Veronesi, che non solo ha tenuto il dicastero deha Sanità, ma ha anche fatto pubblica professione di fede di ateo virtuoso, che fa coincidere l'etica laica con la lotta al male anche fisico. Altri non hanno avuto ruoli così immediati, ma presenze costanti nel dibattito pubblico, sia come giornalisti, sia come docenti universitari. Mi riferisco a Remo Bodei, che tratta dell'etica dei laici, a Carlo Galli, che fa coincidere libertà e pluralismo, a Remotti, che porta sul tema non solo la sua esperienza di antropologo, ma il suo stesso significativo rifiuto dell'identità come valore cogente. Claudio Magris non è solo un grande germanista, ma anche uno dei pochi pubblicisti che hanno sempre avuto una critica del giudizio non condizionata da sfere di appartenenza (come prima capitava forse soltanto a Bobbio su La Stampa). Quanto ad Anna Eoa e a Khaled Fouad Allam, sono la testimonianza di come il problema coinvolga minoranze critiche. Ida Domijanni affronta un tema difficile come quello del Una sorta di «buco nero» dall'antichità al 700: solo quando diventarono linee di confine tra Stati nacque il bisogno di mappe Laura e Giorgio Aliprandi Le Grandi Alpi nella cartografia 1482 -1885 voli. La storia della cartografia alpina Friuli Si Verlucca pp. 370, ili. 370, G90 ATLANTE Le Alpi svizzere (part.) in una carta di Jacobus Scheuchzer (1712)

Luoghi citati: Ayas, Europa, Friuli, Utrecht