Telefoni controllati Si dimette un giudice di Paolo Mastrolilli

Telefoni controllati Si dimette un giudice Telefoni controllati Si dimette un giudice Paolo Mastrolilli NEW YORK Lo scandalo sulle intercettazioni ordinate dal presidente Bush si allarga. Dopo le redazioni dei giornali e le aule del Congresso ha raggiunto lo scranno del tribunale incaricato di autorizzare queste operazioni di intelligence, da cui si è dimesso il giudice James Robertson. I media continuano a scavare e hanno scoperto che le registrazioni riguardavano anche telefonate nazionah, mentre sul piano pohtico si riscalda il dibattito fondamentale sui poteri della presidenza. James Robertson era uno degh undici magistrati della Foreign Intelligence Surveillance Court, ossia la corte che in base al Foreign Intelligence Surveihance Act (Fisa) ha il compito di autorizzare le intercettazioni dei cittadini americani. Era stato nominato da Clinton e ha fama di liberal, infatti in altre occasioni aveva preso posizione contro le scelte dell'amministrazione Bush, ad esempio riguardo i tribunali per i processi a Guantanamo. Nella Court, però, lo aveva voluto William Rehnquist, ex capo conservatore della Corte Suprema. Robertson non ha spiegato i motivi deUe dimissioni, ma il Washington Post ha scritto che sono un atto di protesta. In base al Fisa, il presidente poteva ordinare le intercettazioni in qualunque momento, a patto di informare il tribunale entro 72 ore. Secondo Robertson non c'era motivo di aggirare la sua corte, quindi lui ha deciso di andarsene. Probabilmente la pensa così anche la presidentessa della Foreign Intelligence Surveillance Court, Colleen KoUar-KoteUy. Infatti, dopo essere stata informata dall'amministrazione del programma segreto di spionaggio intemo, aveva chiesto al dipartimento della Giustizia di mettere per iscritto che lei non aveva concesso alcun mandato. Alle dimissioni di Robertson ieri si è aggiunto un altro particolare imbarazzante. Il governo aveva detto che almeno uno dei due capi delle comunicazioni intercettate si trovava sempre all'estero, ma non è così. Per errore sono state monitorate anche telefonate nei confini degh Stati Uniti e questo alimenta il sospetto che il programma fosse più esteso. Gh esperti legali stanno discutendo se il presidente ha violato la legge, autorizzando lo spionaggio intemo. Di sicuro in Congresso cresce il numero dei senatori che vogliono almeno un'inchiesta parlamentare. I repubblicani Chuck Hagel e Olympia Snowe si sono uniti al collega Specter, capo della Commissione Giustizia, che naturalmente ha già l'appoggio dei democratici. Il senatore RockefeUer, infatti, ha reso pubblica una lettera con cui si era lamentato del programma col vice presidente Cheney nel 2003, subito dopo aver ricevuto uno dei rari briefing sull'iniziativa riservato a 14 leader parlamentari. La conclusione a cui arriveranno i giudici riguardo l'eventuale violazione deUe leggi da parte di Bush sono ancora incerte, ma se Specter avvierà un'inchiesta parlamentare all'inizio dell'anno prossimo, lo scandalo si trascinerà fino alle elezioni di medio termine del novembre 2006. L'impatto politico, dunque, si intreccia a quello giudiziario. Secondo i democratici la vicenda delle intercettazioni conferma l'ambizione di Bush a restaurare quella che lo studioso Andrew Rudalevige ha chiamato la «Presidenza imperiale». Grosso modo una replica dell' era Nixon, quando il capo della Casa Bianca pensava di poter agire come voleva. Il vice presidente Cheney, parlando ieri al ritomo dal viaggio in Asia, non ha fatto mistero di puntare proprio a qualcosa del genere: «Io credo in una forte, robusta autorità esecutiva». Quindi ha aggiunto che il Watergate e il Vietnam erano stati «il nadir della presidenza moderna, in termini di autorità e legittimità. Ma credo che noi, in una certa misura, siamo stati capaci di restaurarla». I repubblicani, in sostanza, sanno che la determinazione nel combattere il terrorismo gioca a loro favore e pensano che questo varrà nelle urne anche per lo scandalo intercettazioni. Uscita polemica James Robertson era il magistrato che doveva concedere le autorizzazioni il New York Times Smentito il presidente «Ci furono anche intercettazioni di chiamate interne» Il giudice James Robertson Il presidente George Bush

Luoghi citati: Asia, New York, Stati Uniti, Vietnam